I segreti di Pulcinella

Ormai non c’è scampo. Siamo tutti intercettati dall’intelligence e l’intelligence è intercettata dagli hacker. Tutti sanno di tutti, ma in realtà non sappiamo niente di niente. I capi di Stato sono regolarmente spiati e persino i segreti militari vengono violati, i sistemi protettivi dei dati più riservati si rivelano autentici colabrodo.

C’è da preoccuparsi? Sembrerebbe di sì. Io invece dico di no. Dietro le cortine fumogene dei segreti di Stato si sono da sempre combinati disastri. Dietro i paraventi degli affari riservati ne sono state combinate di tutti i colori. Basti pensare al recente affare Regeni, la misteriosa morte del giovane avvenuta in Egitto. Fanno solo scena i tentativi, più formali che sostanziali, di ottenere una verità che non verrà mai a galla, proprio perché coperta dai segreti spionistici e dalla rete in cui questa persona era caduta suo malgrado. Gli Stati, i regimi in particolare, si difendono così, nell’ombra della menzogna e non alla luce della verità. «Cos’è la verita?» chiese Pilato a Gesù. Gesù non gli rispose, tempo perso.

Quindi, tutto sommato, che la coltre menzognera venga squarciata e tornino a galla i segreti fangosi, in teoria non è male; potrebbe essere addirittura un deterrente alla montagna di bugie sotto cui rischiamo di asfissiare. L’era informatica ci ha globalizzato e forse ci sta mettendo a nudo. Può darsi che con gli hacker tutto il mal non venga per nuocere. Probabilmente si stanno scoperchiando le prime pentole. Il mondo si regge su equilibri menzogneri e precari, c’è quindi il rischio che il castello di carte possa crollare con un semplice alito di vento hackeristico. Insisto a dire che non sarebbe un gran male, anche se ho un timore. Rimarremo delusi: la triste realtà sarà di portata inferiore rispetto a quanto pensiamo, tutto molto più semplice rispetto alla nostra complicata immaginazione. Quando arrestarono Totò Riina, mi venne spontanea un’amara considerazione: tutto lì il gran capo mafioso? Me lo aspettavo diverso e più sofisticato. Un semplice macellaio. Credo possa essere così anche nei rapporti internazionali: ignobili connubi tra semplici macellai.

Gli anni bui della nostra Repubblica sono ancora avvolti nel mistero, non ci resta in prospettiva che sperare nei cyber-bulli delle reti informatiche. Se e quando dovessimo conoscere i segreti di Stato, forse rimarremmo assai delusi. Sì, perché, tutto sommato, non troveremmo niente di nuovo e niente di più rispetto a quanto abbiamo immaginato e soprattutto non riusciremmo a cambiare niente. Chi non ricorda il marciume emerso dagli atti della commissione d’indagine sulla loggia massonica P2: cosa è cambiato? D’altra parte, quando non si vuole risolvere un problema, non si fa una commissione? Magari d’ora in poi, quando si vorrà (non) capire una situazione, faremo ricorso agli hacker. Si alzerà un polveroso casino e poi…

Se pensiamo ai potenti che hanno rovinato il mondo ci accorgiamo che non si è mai riusciti a farli fuori, l’hanno sempre fatta franca rispetto ad eventuali attentati. Al contrario non appena si presenta sulla scena mondiale un personaggio che, bene o male, prova a cambiare certe cose in senso pacifico ed equo, viene subito fatto fuori, direttamente o indirettamente. Gli hacker, in fin dei conti, ci potranno spiegare i dettagli di quel che sappiamo già.

Prendiamo l’uccisione di Aldo Moro: la verità non è venuta a galla, se non in minima parte. Quando ci penso, mi prende una rabbia notevole. Però poi ragiono e mi dico: nella peggiore delle ipotesi scopriremmo che dietro c’erano gli Usa con la loro finta paura del comunismo o l’Urss con la sua falsa integrità comunista. Quindi cose stranote. Gli hacker possono risparmiarsi la fatica, sappiamo già tutto. Il problema è un altro.