I diversamente democratici

Si tratta di un problema vecchio come il cucco: come ci si deve porre nei confronti di un Paese a regime autoritario, dittatoriale o comunque che non rispetti i canoni fondamentali della democrazia, almeno quelli ritenuti basilari nella nostra concezione.

Si deve puntare al suo isolamento oppure si devono tenere rapporti di dialogo; è meglio rompere ogni e qualsiasi legame o è più giusto, almeno opportuno, mantenere i collegamenti.

Il problema si ripropone, per la verità da parecchio tempo, per quanto concerne i rapporti dell’Unione Europea con la Turchia.   Questo Paese da una parte si è candidato all’ingresso nella Ue, dall’altra ha imboccato una deriva autoritaria sempre più netta e marcata, di cui il recente referendum – tra l’altro celebrato sul filo del rasoio del rispetto della correttezza elettorale e con il preludio di scaramucce diplomatiche con alcuni Paesi europei – segna un ultimo e deciso, se non decisivo, passo.

Credo che i canoni a cui richiamarsi possano essere sostanzialmente due: coerenza e dialogo senza cedimenti. Sul piano della coerenza non ci siamo proprio. Non si può un giorno prendere “ideologicamente” le distanze ed il giorno dopo stringere “opportunisticamente” alleanze, non è corretto e leale distinguere il piano politico da quello economico e militare.

Con la Turchia esistono paradossalmente tre livelli di rapporti: l’adesione alla Ue viene tenuta in frigo e non si ha il coraggio di dichiarare apertamente che, stante la palese e patente violazione dei principi democratici, essa è improcedibile. Si preferisce tenere la Turchia sulla corda: una bacchettata di qua, una carezza di là. Questo atteggiamento piuttosto debole della Ue è dovuto forse anche al fatto che all’interno dell’Unione esistono Paesi che non sono certo stinchi di santo in materia di principi democratici e che minano dall’interno la credibilità europea: l’Ungheria e, per certi versi anche la Polonia, non sono in ordine riguardo ai principi democratici. Nemmeno l’Europa occidentale è esente da tentazioni populiste ed antieuropeiste, per ora solo a livello di intenzioni ellettoralistiche, ma in futuro…

Poi c’è il discorso delle alleanze militari: la Turchia è membro della Nato, anche se flirta a corrente alternata con la Russia e, nei rapporti con il mondo medio-orientale, adotta strane, sguscianti e zigzaganti tattiche.

Viene di seguito il problema dell’immigrazione: ebbene, l’Europa ha stipulato “pragmatici” patti con la Turchia considerandola un’essenziale barriera (non importa con quali metodi) al flusso dei disperati in fuga dalla guerra, dalla fame, dalla tortura. Così facendo ci si è esposti al ricatto turco che affiora continuamente. Fior di miliardi di euro a condizione che da quel fronte non arrivino migliaia di migranti. Il prezzo oltre tutto potrebbe anche aumentare.

Senza considerare i soliti interessi economici di fronte ai quali si piega ogni e qualsiasi intransigenza a livello di principi. A chi fa affari con la Turchia interessano poco le minoranze curde, il pluralismo, la libertà di stampa, la separazione dei poteri, il rispetto della libertà di voto, etc. Si è disposti a chiudere un occhio, forse anche due, pur di concretizzare commesse di lavoro e interessi commerciali. D’altra parte i recenti colloqui tra Donald Trump e il leader cinese hanno dato una clamorosa dimostrazione (se ce n’era ancora bisogno) che i diritti degli uomini vengono ben dopo gli interessi commerciali.

La coerenza si va a far benedire, la credibilità della critica ne soffre vistosamente, il dialogo procede tra impuntature teoriche e cedimenti pratici, assai lontano da lealtà e chiarezza. Aggiungiamoci pure un quadro internazionale estremamente intricato, delicato, complesso e in continuo cambiamento: la Turchia in questo contesto è un elemento di ulteriore grave incertezza. Erdogan gioca su parecchi tavoli con carte più o meno truccate: prima o dopo pagherà il conto, ma intanto crea solo confusione.

Di fronte a questi scenari la politica perde spessore, si ha la sensazione che tutto si giochi a prescindere da essa e dalla democrazia sottostante o sovrastante ad essa. Con gli Usa nelle mani di un antipolitico, con la Russia e la Cina politicamente capaci di tutto, solo l’Europa, pur con tutte le sue debolezze e contraddizioni, può tenere accesa la luce della politica e della democrazia. Responsabilità enorme!