Quel cartello la dice e la sa lunga

Mentre tutti fanno un gran parlare e scrivere sull’approccio dei giovani alla politica e viceversa, andando, come spesso mi succede, contro corrente, vorrei fare qualche riflessione sul rapporto tra gli anziani e la politica.

Me ne offre lo spunto il cartello esposto da una persona di 84 anni, iscritto al Pci dal 1948 ed ora militante PD, partecipante alla recente manifestazione del Lingotto, a Torino, la kermesse di presentazione del programma sulla base del quale Matteo Renzi si è ricandidato alla guida del PD.

Il cartello, artigianalmente e simpaticamente confezionato, non ci gira intorno e dice così: “D’Alema cospiratore al telefono con Berlusconi. Il capo dei 101 che affossò Prodi alla presidenza. Odioso, viscido e presuntuoso. Sei diventato ricco, io no. Bersani sei anonimo”.

Per un comunista di lungo corso e alto bordo, come D’Alema, sentirsi dire da un ex-compagno, che oltretutto potrebbe essere per età quasi suo padre, cose del genere non dovrebbe essere piacevole. Col suo impareggiabile sarcasmo saprà dialetticamente far fronte al piccolo (?) incidente di percorso, magari con espressioni del tipo: “Renzi è alla ricerca di compagni, ne ha trovato finalmente uno…”. Sì, perché questo anziano e perseverante iscritto è un sostenitore di Renzi. “È il meglio su piazza” afferma e non so dargli torto.

Penso tuttavia che una qualche riflessione D’Alema sarà costretto a farla. Anche perché non è una novità che la base comunista fosse piuttosto insofferente verso di lui, eticamente, prima e più che politicamente, come del resto esprime in modo assai efficace il testo del cartellone sopra riportato testualmente.

Nei lontani anni ottanta il mio carissimo amico Walter Torelli, comunista tutto d’un pezzo, durante una delle solite chiacchierate, mi chiese, dal momento che mi sapeva piuttosto informato sulla cronaca politica, di riferirgli dell’episodio relativo a Massimo D’Alema, il quale, in occasione di una sua presenza in un salotto romano, rimbrottò vivacemente il cane di casa che gli era montato sulle scarpe. Ammise snobbisticamente che gli erano costate una grossa cifra. L’amico Walter innanzitutto mi confessò tutta la sua indignazione e la sua riprovazione per un comportamento eticamente inaccettabile: «Da un dirigent comunista robi dal gènnor an ja soport miga!». Poi aggiunse con tanta convinzione: «Lé propria ora chi vagon a ca tùtti».

Walter Torelli ha fatto in tempo a morire e D’Alema è ancora lì a pontificare ed a spiegarci come si fa ad essere di sinistra, lui che non lo è mai stato. Sono pertanto sicuro che l’indimenticabile Walter si ripeterebbe di fronte alle più recenti prese di posizione di D’Alema, stizzose, altezzose, insopportabili ed incoerenti. D’altra parte, per restare a Parma, anche il grande Mario Tommasini aveva un pessimo concetto di D’Alema e lo liquidava in poche pesantissime battute: «Al neg crèdda miga…».

Vorrei però riportare il discorso dal piano etico a quello più squisitamente politico. D’altra parte il rudimentale cartellone fotografa anche la patente incoerenza del personaggio. Gli anziani ne hanno viste troppe e quindi hanno una marcia in più nel giudicare i politici.

Mi sono ricordato come D’Alema durante la campagna referendaria abbia irriso al fatto che il Sì risultasse maggioritario e vincente nel voto dei cittadini di una certa età, mentre era minoritario nelle fasce di età giovanile. Continui pure a ironizzare (a parte che anche lui non è più giovanissimo), ma sappia che dagli anziani c’è sempre molto da imparare.

Durante il periodo del berlusconismo imperante mi stupivo spesso come proprio le persone più avanzate negli anni non si lasciassero per niente incantare dalle sirene mediatiche del nano di Arcore: sono dotate infatti di quel sano scetticismo, di quella irrinunciabile capacità critica, che consentono loro di giudicare in modo più oggettivo e “documentato”.

Ho letto e riletto più volte il testo di questo cartello. Senza esagerare, lo giudico la migliore analisi politica che ho visionato sull’attuale sinistra italiana. Dice tutto. Provare per credere.