La quaresima dei Democratici Progressisti

È cominciata la quaresima, quella seria, prevista dal calendario liturgico della Chiesa cattolica, ma è partita anche quella poco seria del PD e del DP (la sua costola rotta).

Mentre il partito democratico ha iniziato la celebrazione del suo incasinato congresso, i democratici e progressisti, diciamo pure, per capirci meglio, gli amici di Bersani e D’Alema, stanno infarcendo di luoghi comuni l’inizio del loro problematico cammino.

Hanno cominciato subito a giocare sull’equivoco del nome (DP contra PD). I segretari del vecchio PCI non si volevano confondere con i loro avversari di sinistra al punto che nelle tribune elettorali si presentavano con un grosso cartello del loro simbolo: volevano chiaramente dire che i veri comunisti erano loro e consigliavano di diffidare dalle imitazioni. I promotori della scissione in casa democratica invece scelgono una sigla fatta apposta per creare ulteriore confusione, probabilmente nella speranza che qualcuno cominci da subito a confondersi.

Anche il nome “democratici e progressisti” non è di grande fantasia. Francesco Rutelli sostiene che l’aggettivo “democratico” era stato messo in campo per significare il coagulo delle forze di varia ispirazione, collocabili in una sinistra non ideologica e liberal (all’americana insomma). Quindi, niente di nuovo si direbbe. L’aggettivo progressisti, in aggiunta, è quasi pleonastico e tende solo a screditare chi si chiama solo democratico e viene pertanto considerato “regressista”, se non addirittura reazionario, molto peggio quindi di riformista o moderato (la storia si ripete: Turati, Saragat, Nenni si rivoltano nella tomba…).

Ai DP sono venuti in immediato soccorso i precipitosi fuorusciti dall’appena nata Sinistra Italiana (Si), una brutta sigla con le arie che tirano dal 04 dicembre scorso in avanti. A livello parlamentare sono quasi il 50% di questo nuovo movimento. Sì, perché l’altro equivoco luogo comune è che si tratterebbe non di un partito, ma di un movimento: quale sia la differenza non mi è dato di capire. Se non fossero presenti nelle Istituzioni potrebbe anche essere un discorso credibile, ma dal momento che stanno contandosi a tutti i livelli istituzionali possibili e immaginabili, non vedo quale possa essere la distinzione, se non quella di buttare ulteriore fumo negli occhi al popolo della sinistra già fin troppo disperso nella nebbia.

Poi c’è il certificato di nascita: figlio di…n.n. A chi tenta di dare una paternità responsabile a questa manovra viene sistematicamente risposto di No. D’Alema: i DP non c’entrano niente con le sue smanie vendicative. Bersani: è uno dei tanti (?), che vogliono solo rispolverare l’orgoglio della vera sinistra di popolo. Rossi e Speranza: lasciamo perdere, sono occasionali protagonisti di una battaglia ben più profonda e articolata. Emiliano si è eclissato. Cuperlo è rimasto dentro il Pd, disallineato e scoperto. Allora insomma, questa scissione chi l’ha voluta? Renzi! Già dimenticavo che Renzi è il responsabile di tutto quello che non va, però in questo caso allora non va nemmeno il Dp…

E cosa faranno nei confronti dell’attuale governo? Lo appoggeranno convintamente seppure cercando di portarlo su posizioni più di sinistra. Ma, quando il governo Gentiloni era appena nato, Bersani e c. non dicevano di concedergli solo una fiducia minuto per minuto, provvedimento per provvedimento? Come si diceva sopra, Bersani non è il pater familias e poi questo governo serve a prendere tempo e quindi va benissimo.

In prospettiva, dal momento che i DP si dichiarano movimento di lotta e di governo, con chi pensano di allearsi per governare, per il semplice fatto che difficilmente avranno da soli la maggioranza in Parlamento? Col Partito democratico, a condizione che il segretario non sia più Renzi e che i programmi cambino in modo sostanziale. Un movimento-partito quindi che fa il tifo contro, roba da anti-renziani convinti, come gli anti-juventini nel calcio: l’importante è che non vinca Renzi, poi, se per caso vincerà il centro-destra, pazienza e, se dovesse prevalere Grillo, tutto il mal non verrebbe per nuocere.

E nelle regioni e nei comuni in cui i DP sono in maggioranza con gli odiati ex compagni cosa succede? Per il momento niente, stanno ad aspettare perché pensano di avere un grosso consenso a livello territoriale e quindi…

E con l’Europa come la mettono? Vogliono recuperare le fasce di popolazione che sono o si sentono emarginate, ma queste votano per i populisti, che a loro volta sono antieuropeisti.

Allora bisogna essere europeisti che vogliono riformare l’Europa. Ma non ha sempre detto e fatto così in primis proprio Renzi. Sì, ma…

Evviva la chiarezza!