Il populismo alla viva il…sindaco

Il famoso musicologo Rodolfo Celletti, a proposito del pubblico e del loggione del Teatro Regio, diceva: «Quando strigliate qualche grosso cantante dimostrando di non avere timore reverenziale verso i mostri sacri dell’opera lirica, confesso che, sotto-sotto, ci godo; ma forse vi piacciono un po’ troppo gli acuti sparati alla “viva il parroco”…».

Nei giorni scorsi in concomitanza con le colorite, stizzite, orgogliose intemperanze napoletane verso la presenza del comiziante Matteo Salvini, precipitosamente convertito ai problemi meridionali dopo anni di insulti alla gente del sud, ho provato le stesse sensazioni che Celletti riservava al loggione di Parma: sotto sotto, pur capendo che il diritto di parola è sacrosanto e non lo si può certo negare ad un parlamentare della Repubblica, godevo nel vedere fortemente strigliato e sbeffeggiato un personaggio, che non è un mostro sacro della politica, ma che va per la maggiore e, come si suol dire, vuol far credere che Cristo è morto per il freddo ai piedi.

Poi però sono purtroppo arrivati gli acuti sparati alla viva il sindaco: sì, perché Luigi De Magistris si è talmente investito della parte da finire col fomentare, seppure indirettamente e involontariamente, i violenti, gli sfasciacarrozze, i quli hanno colto al volo l’occasione per scatenare la guerriglia urbana, finendo col fare un sommo piacere a Salvini, pronto a sciorinare il suo vittimismo ed a trasformare la meritata e sacrosanta contestazione in discriminazione e in comportamento anti-democratico. Si fa presto a passare dalla ragione al torto e viceversa.

Un populista che fa del sistematico ricorso alla pancia degli Italiani (li invitò a votare al referendum seguendo questi istinti intestinali) il proprio stile politico, non può scandalizzarsi e gridare al lupo quando il lupo si è stufato di essere preso per i fondelli e reagisce da lupo. Quindi non mi commuovo di certo alle lamentazioni strumentali di Salvini: è stato ripagato con la sua moneta. Punto e stop.

Mi sono invece stupito dell’eccesso di zelo dei Napoletani: non sono soliti fare ricorso alla violenza, preferendo generalmente lo sberleffo alla spranga di ferro. Evidentemente le infiltrazioni erano tali e tante da perdere il controllo della situazione. Vale anche per loro un richiamo: se si spinge troppo sull’acceleratore è fatale perdere il controllo della macchina e finire fuori strada. Posso capire l’insofferenza, l’orgoglio, la forte contestazione, ma non capisco e rifiuto categoricamente la violenza.

Un discorso a parte merita il sindaco di Napoli. Va bene che un sindaco debba stare dalla parte dei suoi concittadini, va bene che debba difendere l’onore e la dignità della sua città, va bene che si opponga strenuamente a chi vuole strumentalizzare i problemi del meridione per cavalcarli indegnamente, va bene che sia infastidito dal comizio di un politico che si è sempre dichiarato nemico delle genti del sud, va bene e posso capire. Da qui a cadere nella trappola degli sfascisti, dando la colpa al ministro degli Interni (cosa doveva fare?), c’è un bel pezzo di strada. Un sindaco non può comportarsi così: prima delle convenienze politiche viene la Costituzione Italiana, prima dei Napoletani vengono tutti gli Italiani (Salvini e c. compresi), prima di Napoli e dei suoi problemi viene l’Italia che fra i tanti problemi deve mettere anche quelli di Napoli. De Magistris ha risposto, in buona fede (glielo concedo sinceramente), al populismo leghista con il suo populismo, certo meglio di quello alla Salvini, ma sempre populismo è.

Mi sono ricordato dei tempi in cui a Parma negli anni cinquanta e sessanta non si accettavano i comizi dei missini: una volta aprirono il gas dell’impianto dell’ex Cobianchi in piazza Garibaldi e Giorgio Almirante fu costretto a interrompere il suo discorso ed a fare fagotto. Il missino Romualdi   non si azzardò mai a mettere piede in quel di Parma, dati i suoi trascorsi drammaticamente intersecanti la nostra città e le sue vittime dell’antifascismo. Anche allora si poneva il problema se certi personaggi politici potessero o meno vantare diritti costituzionali essendo nemici della Costituzione. Non è proprio il caso di Salvini, ma quasi. I sindaci parmigiani riuscirono però sempre a restare fuori dalla peggiore mischia, che tuttavia non arrivava ai livelli della guerriglia napoletana di questi giorni.

In conclusione, se è vero che De Magistris ha politicamente esagerato e sbagliato, e che quindi bisogna essere intransigenti verso di lui, bisogna essere molto più attenti e intransigenti verso chi sta portando il nostro Paese su una pericolosa deriva anti-democratica. Come fare? Tolleranza e rispetto sì, ingenuità e buonismo no.

Don Andrea Gallo diceva: «Non mi curo di certe sottigliezze dogmatiche perché mi importa solo una cosa: che Dio sia antifascista! ». E Salvini non è molto lontano dal fascismo. De Magistris non si senta Dio. Noi però non dormiamo da piedi, per favore. Prima che sia troppo tardi.