Le salite al Colle

Tutti gli osservatori politici hanno bollato come paradossale la interminabile sfilata dei numerosi gruppuscoli parlamentari per le consultazioni al Quirinale in vista della formazione del governo post-referendario (che al limite potrebbe anche essere quello pre-referendario). Una inutile e massacrante maratona per il Capo dello Stato, che deve tuttavia rispettare l’istituzione parlamentare e queste Camere le quali oltretutto lo hanno eletto. Ebbene anche questa manfrina è, indirettamente e in prospettiva, un frutto paradossale del No alla riforma costituzionale ed elettorale. Si parla di bipartitismo, di bipolarismo, di tripolarismo e siamo arrivati a 23 gruppi parlamentari: troppa gente, troppi partiti, così da anni dice il popolo. Poi, quando si arriva al dunque, si vota per lasciare tutto com’è, magari solo perché chi propone di semplificare il sistema è antipatico, logorroico, fanfarone, toscanaccio.Come sostiene acutamente la giornalista, attenta analista e narratrice della politica italiana Marcelle Padovani, siamo di fronte ad “un paradosso totale, anche all’interno del Pd: come può la minoranza fare una battaglia contro Renzi pur chiedendogli di rimanere presidente del Consiglio e senza proporre un leader che possa gestire il partito? C’è qualcosa di imbarazzante in questo ragionamento. Vedo un povero Renzi accerchiato da un mucchio di irrazionalità contraddittorie, ma con una nota sicura e ricorrente che è: ‘Matteo non ti vogliamo, però tu devi fare quello che noi diciamo’ ” .D’altra parte basta le candidature emergenti in alternativa a Renzi per la segreteria del Pd sono molto modeste dal punto di vista qualitativo, improvvisate dal punto di vista storico, estremamente deboli sul piano politico. La minoranza dem è alla fase dei convegni per ricostruire il centro-sinistra. La maggioranza dem ha, come scrive Giovanna Casadio a cui bisogna fare un po’ di sconto, iniziato la gara tra “renziani” e “renzisti”, tra “ragionevoli e “tifosi”: può darsi che la giornalista lavori un po’ troppo di fantasia tra simpatie berlusconiane di Franceschini e velleità consultive del comitato del No, resta comunque un quadro paradossale, che purtroppo non finirà con la lunga processione al Quirinale. In un clima di tutti contro tutti venutosi a creare, sarà ben difficile varare una riforma elettorale razionale: probabilmente torneremo ad un sistema proporzionale quasi puro, in cui tutti, piccoli, grandi, destra, sinistra, centro, si sentono garantiti e sperano di essere rappresentati. E poi, l’inevitabile grande ammucchiata di governo con tanti saluti alla governabilità e alla stabilità. Se in primavera non si terranno le elezioni politiche, ci sono dietro l’angolo ben tre referendum promossi dalla Cgil : per tornare al vecchio articolo 18 dello statuto dei lavoratori, per abrogare i voucher e una norma sugli appalti che alleggerisce le responsabilità degli appaltanti in caso di violazioni nei confronti dei lavoratori da parte degli appaltatori. Si fa politica con lo stile di Penelope in attesa di un Ulisse che non arriverà mai.Benito Mussolini diceva che era impossibile governare l’Italia e conseguentemente fece quel che fece. Sul fatto che l’Italia sia ingovernabile sono d’accordo: la vicenda referendaria ne è una dimostrazione lampante. Negli Usa Trump ha risolto il problema: sta facendo esattamente l’opposto di quanto ha promesso in campagna elettorale. «La sua vittoria, scrive Michele Serra, è stata salutata come la presa del potere della classe lavoratrice bianca contro l’establishment politico finanziario. Fra un paio d’anni sarà chiaro che non ha vinto il popolo in rivolta, ma i ricconi con gli stivali, gli affaristi con il sigaro, i marines rapati a zero che vogliono spezzare le reni all’Iran e infine pochissime donne, però tutte rigorosamente maschiliste».Stiamo dunque attenti che anche in Italia non arrivi qualcuno che renda governabile il Paese con scorciatoie molto pericolose. Comportava rischi di autoritarismo la riforma Renzi-Boschi? Ma fatemi il piacere…“Se il Monte non va da Renzi, Renzi deve andare al Monte”Il difficile futuro del Monte dei Paschi di Siena turba mercati, risparmiatori, banchieri, politici, Italia, Europa. L’Europa da una parte ci tranquillizza relativamente con la perseveranza di mari Draghi, dall’altra ci sventola un cartellino giallo in materia di bilancio, dall’altra ancora ci sventola un cartellino rosso in materia di banche. Non voglio esagerare, ma anche questo prevedibile sviluppo non è estraneo al referendum. In un ritrovato clima di instabilità, senza continuità di riferimenti politici, è probabile che gli organismi europei competenti non se la siano sentita di concedere proroghe al tentativo di capitalizzazione che l’Istituto bancario ha avviato sul mercato. Anche perché i privati che avessero voluto investire avranno sicuramente e precipitosamente cambiato idea davanti al fantasma di un Paese ingovernabile e inaffidabile. Altro capolavoro del No. Se il monte Paschi è in questa situazione, molti fautori del No hanno in passato contribuito a portarglielo: mi riferisco agli ex-pci poi diventati Pd, di cui questa banca era il riferimento finanziario ed in cui hanno maneggiato assai; mi riferisco ai governi precedenti che non hanno voluto o potuto salvare questa banca quando le regole comunitarie lo consentivano e gli altri Paesi lo fecero; mi riferisco ai liberisti del cavolo che oggi addebitano a Renzi il tentativo fallito di attingere al capitale privato scommettendo sul futuro dell’Italia.È a dir poco curioso come improvvisamente sia diventato compatibile o addirittura vantaggioso impiegare soldi pubblici per ricapitalizzare una banca in difficoltà: ma non era operazione di finanza allegra intervenire a coprire i buchi di gestioni clientelari (erogazioni creditizie agli amici e agli amici degli amici), manager incompetenti (difesa della senesità a tutti i costi, gestioni fuori controllo), di operazioni spericolate (acquisizioni pressappochiste)? Non era quasi doveroso provare prima a verificare la disponibilità di capitale privato? La risposta è che si è tergiversato cercando interlocutori privati per evitare la brutta figura di stanziare fondi pubblici durante la campagna referendaria. Ma allora è buona cosa o no che il governo intervenga in Monte Paschi? Mi sembra, e vorrei sbagliarmi, che in un contesto di problemi difficilissimi il dibattito politico, ma anche il clamore mediatico, siano stati improntati al tifo da stadio.Si voleva un politica espansiva, salvo considerare tutto quel che faceva Renzi come manovre elettoralistiche e mance clientelari coi soldi pubblici. Dice l’autorevole sindaca di Parigi Anne Hidalgo: «Penso che il nostro governo socialista avrebbe dovuto chiedere più flessibilità, in particolare per rilanciare gli investimenti. Matteo Renzi ha tentato di farlo. Purtroppo è stato lasciato solo, non è stato sostenuto dalla Francia». Vorrei comunicare alla Hidalgo che purtroppo non è stato sostenuto neanche dall’Italia: non andava bene puntare i piedi a Bruxelles perché si rischiava di farci buttare fuori dall’Europa, almeno da quella che conta. Per impuntarsi bisogna avere i conti in ordine…, così dicevano gli autorevoli sfondatori di bilancio, gli euroscettici, gli economisti del piffero.Sul Monte Paschi Renzi ha deciso di non intervenire coi soldi pubblici tentando il ricorso al capitale privato. Sbagliato perché doveva utilizzare i fondi pubblici.Morale della favola Renzi ha sbagliato sempre e tutto. Staremo a vedere chi verrà dopo di lui…se non sarà ancora lui. Alternative serie non ne vedo, né prima né dopo le elezioni che tutti vogliono, assegnando ad esse un effetto taumaturgico, mentre in realtà una consultazione elettorale ravvicinata non farà che fotografare la penosa situazione politica esistente.