Se allarghiamo lo sguardo sul mondo e i suoi drammi, le nostre polemiche politiche a livello nazionale prendono senza dubbio una bella ridimensionata.È ben piccola cosa la telenovela capitolina di Virginia Raggi rispetto alla telenovela appena cominciata di Donald Trump: cosa volete che siano le cazzate che ha fatto la sindaca di Roma nella scelta di collaboratori ed assessori a confronto con le delinquenziali trattative portate avanti dal presidente statunitense eletto per scegliere i suoi ministri ed i suoi consiglieri. La Raggi ha messo come assessore all’ambiente una indagata per reati ambientali…Trump consegna gli accordi mondiali sulla salvaguardia ambientale e naturale (da cui dipende il futuro del pianeta) ad un grande petroliere…Lo sfogo sacrosanto di Roberto Giachetti, contro i penosi minoritari padreterni dem, scompare a fronte dell’arroganza putiniana (esser puoi sanguinario e feroce nessun nato di donna ti nuoce), che troverà motivo di esplodere appieno dopo l’attentato contro l’ambasciatore russo in Turchia, potendo contare sulla insensata sponda trumpiana e sulla progressiva debolezza europea consacrata dai ripetuti fiaschi dei summit dell’Unione.La mancanza di laurea della ministra dell’istruzione, Valeria Fedeli, assume il carattere di stupido diversivo (lo era già di per sé) di fronte alla laurea in terrorismo islamico honoris causa per gli attentatori che insanguinano l’occidente (attentato al mercatino di Berlino).La presunta gaffe del ministro Poletti sui cervelli in fuga dall’Italia, che strumentalmente viene sbandierata come una stecca che meriterebbe l’uscita di scena di questo ministro preso di mira dalla falsa intellighenzia referendaria e post-referendaria, è un’assurda quisquiglia rispetto alla fuga di milioni di persone dalla guerra, dalla fame, dalla miseria, dalla violenza, alla cui morte in mare abbiamo fatto l’abitudine.Il dibattito sulla legge elettorale italiana, che sembra il problema dei problemi, la madre di tutte le battaglie politiche possibili e immaginabili, una questione di vita o di morte del nostro Paese, diventa un preziosismo parlamentare, se guardiamo al disastro elettorale statunitense dove una legge canaglia consente ad un pazzo, con quasi tre milioni di voti in meno della sua competitor, di insediarsi alla Casa Bianca e di insidiare la storia del mondo intero.Voglio riflettere per un attimo sull’ultimo atto dell’elezione di Trump. I grandi elettori si sono rivelati piccoli e hanno pedissequamente ribaltato sul tycoon i voti dei loro Stati. Perché non è possibile rivedere il voto alla luce delle novità intervenute? Una campagna elettorale falsata da intromissioni straniere, una catena interminabile di contraddizioni rispetto alle promesse elettorali e al senso comune istituzionale, l’insorgenza clamorosa e sfrontata di enormi conflitti di interesse, la chiara evidenziazione di un imbroglio politico-culturale ai danni dell’elettorato: non avrebbero potuto essere motivi sufficienti per rimettere in discussione il voto dei grandi elettori? Ha vinto il notaio. Un grande Paese democratico si sta trasformando nell’anticamera di un manicomio internazionale.Se l’indagine per avere retrodatato la data sull’atto di nomina della commissione aggiudicatrice di un appalto è bastata al sindaco di Milano per fare un passo indietro e rimettersi in discussione, il responso della Cia in merito alle intromissioni russe atte a danneggiare Hillary Clinton nella corsa alla Casa Bianca non avrebbe dovuto comportare un passo indietro di Donald Trump, almeno una sospensione della sua nomina in attesa di ulteriori indagini o almeno un ripensamento provvisorio da parte dei grandi elettori americani? Non ci resta che sperare in una commissione d’inchiesta del senato americano che possa costringere Trump a farsi da parte: c’era ben meno nel famoso scandalo Water gate che mise fuori gioco Richard Nixon.E gli Usa sarebbero una democrazia solida, mentre l’Italia sarebbe una democrazia fragile?Mi tengo strette le nostre istituzioni, le nostre leggi elettorali, i nostri magistrati, i nostri giornalisti, i nostri burocrati. Massimo Severo Giannini, ministro per la riforma burocratica, abbandonò l’incarico dichiarando di voler emigrare negli Usa. Mi dispiace, ma io preferisco rimanere, nonostante tutto, in Italia. Il problema però sta nel fatto che Trump, gli americani ce lo hanno messo sul groppone anche a noi.Grazie!