Rasmussen, ex segretario generale Nato: “La pace è lontana, Putin vuole vincere sul campo”. L’ex numero uno dell’Alleanza atlantica: “Serve più pressione su Mosca con gli aiuti militari a Kiev”. (dal quotidiano “La Stampa”)
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Intanto, sul versante politico statunitense, Donald Trump sostiene che la loro impressione sia quella di un Vladimir Putin “desideroso di porre fine alla guerra”, una lettura che contrasta con la chiusura mostrata da Mosca nei colloqui. L’Unione Europea ha reagito alle ultime minacce dello “zar” bloccando completamente l’import di gas russo, anche se resta l’incognita del veto di Viktor Orban. La Nato, che si prepara a uno scenario di mancato accordo, alza il livello di allerta: “Mosca appare sempre più sconsiderata. Si va avanti con armi e sanzioni”. (fanpage.it)
Sono un grande ammiratore di Luigi Pirandello: il suo “così è (se vi pare)” si attaglia perfettamente alla situazione pseudo-diplomatica in essere riguardo alla guerra tra Russia e Ucraina.
I diplomatici in pensione, che forse vedono le cose con maggior distacco, danno una versione drammatica della situazione vocata alla guerra senza soluzione di continuità, fino all’ultimo respiro.
Donald Trump tende invece ad incantare il mondo, basandosi “sull’ogni simile ama il suo simile” e spargendo fiducia in una Russia sotto-sotto orientata a chiudere la guerra.
L’Unione Europea, per convinzione o per convenienza, si attesta sul “si vis pacem para bellum”, continuando a fornire aiuti militari all’Ucraina, ma soprattutto rimpinguando i propri arsenali e allertando i propri eserciti.
La Nato resta fedele alla sua missione di “abbaiare”. Papa Francesco aveva usato la metafora dell'”abbaiare della Nato” per esprimere la sua preoccupazione che l’espansione della Nato verso la Russia potesse aver contribuito a scatenare il conflitto in Ucraina. In un’intervista al Corriere della sera, aveva affermato che “forse l’ira facilitata dall’abbaiare della Nato alla porta della Russia ha indotto Putin a reagire male”. Non aveva giustificato l’aggressione russa, ma aveva cercato di interpretare il conflitto in una chiave storica e geopolitica, parlando di “imperialismi in conflitto”. Questa interpretazione ha un fondo di verità anche oggi!?
E la Cina? L’oggetto misterioso nel quale mi riduco a sperare (sperànsa di mälvestì ca fâga un bón invèron). I cinesi forse interpretano attualmente la realpolitik nel modo più razionale ed attendibile.
La guerra in Ucraina fa felice la Cina: perché ora Mosca dipende da Pechino. Ruoli ribaltati rispetto al passato: ora è Mosca a dipendere da Pechino e ad acquistare armi e mezzi militari. (dal quotidiano “La Stampa)
Non è più da escludere che nel dialogo tra Donald Trump e Vladimir Putin si inserisca anche la Cina. Rimandate le tariffe, i rapporti con Washington sono più distesi, e “l’amicizia senza limiti” con la Russia rende Pechino un interlocutore privilegiato nel difficile raggiungimento di una tregua con l’Ucraina. (da “Il Fatto Quotidiano)
Fare sintesi è un problema improbo: ognuno ha una sua verità e la pace se ne va. Paradossalmente le residue speranze sarebbero affidate alle reciproche fanfaronate di Trump e Putin. L’unica entità in grado di elaborare una strategia di pace dovrebbe essere l’Europa, che invece oscilla tra l’appiattimento sulla schizofrenia trumpiana, le strizzate d’occhio all’invadenza putiniana e lo sfruttamento delle convenienze economiche che la guerra propone. Non resta che guardare col fiato sospeso alle empatiche intenzioni di Xí Jìnpíng…
La guerra russo-ucraina, come del resto tutte le guerre, dimostra la propria insensatezza etica, ma tende ad autoalimentarsi per forza d’inerzia diplomatica e politica: una guerra che poteva essere prevenuta e scongiurata per tempo e che via via è diventata imprescindibile e infinita.
L’ex-segretario di Stato statunitense Kissinger, pur nella sua lucida e perfida realpolitik, dimostrava che si poteva evitare questo conflitto; l’ex segretario generale della Nato Rasmussen sostiene che, una volta iniziata, questa guerra chi l’ha iniziata la vuole consumare fino in fondo.
La diplomazia rischia di essere la sistematica elaborazione dell’ovvio politico; la politica rischia di perpetuare il sistematico mantenimento degli assetti di potere; le genti rischiano di essere sacrificate sugli altari politico-diplomatici. Io, nonostante tutto, rischio di logorarmi nel mio testardo e irrinunciabile pacifismo.
Per rimanere laicamente con Luigi Pirandello, indosso il berretto a sonagli e resto fedele alla frase chiave: “Io me la voglio portare sana, libera – sgombra”. Questo si riferisce all’ intenzione di preservare la mia reputazione e il mio onore di fronte alle conseguenze di una strisciante guerra mondiale.
Volendo guardare in alto e facendomi forza col pensiero di Giorgio La Pira, non mi resta che togliermi il berretto di cui sopra e, a capo scoperto, pregare. La politica è la più grande espressione di carità cristiana. La preghiera è il più forte baluardo contro la violenza umana.
