Un autorevole esponente parmense del cattolicesimo democratico, diverso tempo fa mi sconvolse facendomi presente come la storia della Chiesa sia piena di personaggi e movimenti caritatevolmente ineccepibili ed evangelicamente fulgidi, ma politicamente conservatori o addirittura reazionari. Non sono in grado di valutare se la suddetta analisi storica sia attendibile, ma una cosa è probabile: Donald Trump rischia di essere vittima (?) della contraddizione ideologica dei cattolici statunitensi che lo hanno sostenuto quale paladino dei principi dogmatici (vedi aborto etc.) alla faccia di quelli sociali (vedi immigrati etc.).
Lo strisciante scandalo dei festini a base di sesso con minorenni organizzati da Epstein, il noto finanziere accusato di aver sfruttato sessualmente decine di ragazze minorenni, che si suicidò in prigione nel 2019, sta mettendo in gravissime difficoltà il presidente americano ed incrinando i rapporti con la sua base elettorale, vale a dire il mondo cattolico e il movimento Maga.
Per i cattolici scoppia la contraddizione tra bigottismo dogmatico e lassismo sessuale, per i Maga quella tra populismo di facciata e tradimento delle promesse elettorali. Fatto sta che Trump sta rischiando di essere tagliato dalla forbice degli scontenti cattolici e Maga, da coloro cioè che ne hanno comportato in modo determinante il successo elettorale.
Prima o poi doveva capitare, i nodi vengono al pettine. Più o meno fu anche la parabola discendente di Silvio Berlusconi: finché garantì privilegi e fondi alla Chiesa cattolica e finché ingannò i poveri con l’illusione di diventare ricchi come lui, finché cioè tenne l’ignobile connubio tra bigottismo religioso e populismo socio-economico il cavaliere rimase in sella, poi lo scandalo dei “bunga-bunga” fece scoppiare le contraddizioni. È sempre così: basta relativamente poco per far traboccare il vaso.
È presto per dire che per Trump si tratti dell’inizio della fine: paradossalmente tanti clamorosi successi (?) internazionali si scontrano con tante porcherie a livello nazionale. Siamo alla glocalizzazione dei vomitevoli vizi sessuali che batte la globalizzazione delle fasulle virtù politiche.
La politica in tutto questo non c’entra nulla, a così poco si è ridotta, mentre il mondo viaggia a ruota libera verso il baratro. Nello scenario internazionale, europeo ed italiano, per il momento, non si vede niente di buono all’orizzonte…come nuova progettualità. Solo a destra c’è un disegno pericolosissimo che coinvolge America, Russia, Germania, Francia, Italia, Ungheria. Stiamo aspettando una progettazione dalla sinistra in crisi di identità: democratici americani, pd in Italia, casino francese, spagnoli ininfluenti come gli inglesi…Anziché riscoprire i valori e i principi storici, si vuol fare la velleitaria e goffa imitazione della destra, copiandone il tratto distintivo più marcato, vale a dire la sicurezza dei cittadini, che significa tutto e niente se non una corsa a chiudere le stalle ben sapendo che i buoi siamo noi. Per questo in attesa di Godot ci teniamo ben stretti i nostri migliori riferimenti politici ed ecclesiali.
Il caro ed indimenticabile amico don Luciano Scaccaglia, durante la celebrazione del Battesimo collocava sull’altare due libri essenziali: la Bibbia e la Costituzione italiana. L’una chiedeva al cristiano la fedeltà alla Parola di Dio, l’altra al cittadino l’attivo rispetto dei principi democratici posti a base del vivere civile. Questo, secondo i detrattori del c…o, anche altolocati, voleva dire fare politica in chiesa… Che ottusità mentale e culturale! Erano stupende e geniali provocazioni esistenziali, che contenevano autentici trattati di teologia coniugata con la laicità dello Stato. Discorsi sempre attuali di fronte al sottosuolo integralistico del cattolicesimo (negli Usa più che mai), da cui emergono contingenti tentazioni allo scontro (di potere) che si camuffano e si sfogano soprattutto sui cosiddetti valori non negoziabili. Se, pertanto, fare politica in chiesa vuol dire affermarne la laicità ed auspicarne l’ancoraggio ai valori di giustizia, uguaglianza e solidarietà, don Scaccaglia faceva politica: egli, tra l’altro alla duplice appartenenza del cittadino credente alla Chiesa e allo Stato rispondeva con la duplice fedeltà al Vangelo e alla Costituzione, conciliando Chiesa e Stato nell’impegno concreto degli uomini e non sui principi astratti e sui compromessi giuridici o, peggio ancora, di potere.
Non resta che ripartire di lì, lasciando al proprio destino le sconfortanti kermesse trumpiane e auspicando il risveglio dei sensi di una sinistra, che, anziché al precario “viagra” dei momenti elettorali punti al recupero sistematico e fisiologico delle proprie potenziali capacità.
