Come ho già ripetutamente detto e scritto, sono molto perplesso di fronte alla cosiddetta riforma della giustizia, approvata dal Parlamento e rimessa al vaglio referendario dei cittadini italiani: non riesco a coglierne i sostanziali aspetti positivi e negativi così come emergenti dal dibattito in corso.
Il clima politico che fa da substrato a questa revisione costituzionale non è certo dei migliori e si differenzia faziosamente e strumentalmente da quello che caratterizzò tutta la fase costituente: si misero da parte gli interessi di parte per discutere e deliberare su principi e valori democratici. Siamo molto, troppo lontani da quelle virtuose condizioni preliminari. I reiterati tentativi di riforma costituzionale che si sono avvicendati nel tempo sono tutti naufragati proprio a causa del mare politico tempestoso in cui sono stati discussi, effettuati, valutati e votati.
Il Parlamento ha terminato, molto male, il suo iter radicalizzando politicamente il discorso: una destra fegatosa all’attacco dei magistrati invadenti, inconcludenti e rompicoglioni; una sinistra lumacosa in difesa dei magistrati intoccabili e perfetti; da una parte la trionfalistica rivincita del berlusconismo ed il riscatto dagli enormi guai etico-giudiziari di cui fu costellato il suo cammino; dall’altra parte la magistratura vista come insormontabile baluardo contro la corruzione nella e della politica; da una parte la semplicistica illusione di evitare gli errori giudiziari, di efficientare e spoliticizzare il sistema; dall’altra parte l’autonomia del potere giudiziario visto come una sorta di permanente e garantistica autoreferenzialità pseudo-costituzionale.
Mi permetto una piccola digressione un po’ macabra ma ironicamente significativa. L’affermazione che Silvio Berlusconi volesse fare la parte del morto ai funerali non trova riscontri oggettivi. Potrebbe però essere finalmente la sua occasione: il morto che parla nella mano agli italiani. Nelle urne referendarie Berlusconi ti vede i magistrati no.
Il governo spaccia il tutto come battaglia di civiltà e come ricerca di corretti rapporti fra potere esecutivo e potere giudiziario; l’opposizione giudica il tutto come un tentativo antidemocratico di squilibrare le istituzioni attaccando il principio fondamentale e costituzionale della separazione dei poteri.
Mi sono chiesto: potrà la separazione delle carriere evitare o almeno alleviare gli errori giudiziari? potrà lo sdoppiamento del CSM comportare un controllo più efficace dell’attività della magistratura? potrà la nomina a sorteggio dei componenti degli organi di autogoverno mettere la magistratura al riparo da esagerazioni e degenerazioni correntizie? potrà la riveduta macchina giudiziaria viaggiare più speditamente abbreviando tempi e semplificando procedure?
Ho pochissime certezze e molti seri dubbi! Le certezze dovrebbero costituire le premesse indispensabili per una seria fase ricostituente, invece…
Il referendum si prospetta in modo inquietante: diventerà un voto sul governo Meloni? sarà un processo piazzaiolo ai magistrati? sarà una sorta di “arridateci er puzzone” riferito agli eredi più o meno legittimi di Silvio Berlusconi; sarà un più o meno convinto e sterile arroccamento costituzionale?
Si potrebbero scontrare due tendenze: da una parte il qualunquistico “tanto peggio tanto meglio”, dall’altra parte “stiamo ai primi danni”.
Mi spaventa l’astensionismo che potrebbe farla da padrone. La Costituzione simbolo e canovaccio di un’Italia frutto di una storia che migliore non si può, ridotta a Carta stiracchiata da una politica che peggio non si può.
