L’Italia manda in Albania sedici migranti che vengono dal Bangladesh e dall’Egitto, dando attuazione concreta, per la prima volta, al costosissimo (ma molto ammirato a Bruxelles) accordo tra Edy Rama e Giorgia Meloni. Esternalizzazione dei disperati, affinché il messaggio arrivi forte e chiaro: se provate a venire da noi finisce male. Deterrenza spiccia. Mezza Europa applaude – stai a vedere che si può fare davvero – l’altra metà osserva indispettita. I giudici italiani applicano una norma europea piuttosto facile da capire. Esiste una lista di Paesi considerati insicuri. Chi arriva da quei confini deve essere protetto. Egitto e Bangladesh sono in quell’elenco. Non esiste alcuna ambiguità, persino in Italia dove ogni parola è ambigua interpretabile e scivolosa. Morale: i sedici disperati tornano da noi con tanto di sentenza di accompagnamento e grandinata di polemiche. Il ministro della Giustizia Carlo Nordio, cresciuto nei tribunali, dice: «Se la magistratura esonda dobbiamo intervenire». Allarme, allarme, allarme. Rilanciato da Salvini, da Meloni («È difficile dare risposte al Paese quando si ha contro anche parte delle istituzioni») e persino dal moderato Tajani. L’intero governo si schiera contro le Toghe. Poteri dello Stato l’un contro l’altro armati. La pubblica opinione – noi – guarda sbadigliando perché allo spettacolino indegno è abituata da quarant’anni. Ma se volessimo prendere sul serio le parole di chi ci guida dovremmo pensare di essere sull’orlo di una guerra civile. (Andrea Malaguti – lastampa.it)
Ho preso a riferimento questa ricostruzione del tira e molla albanese per i migranti: mi è sembrata la più oggettivamente attendibile, che mi induce a porre qualche spietata riflessione.
Possibile che un governo metta in cantiere simili progetti senza verificarne preventivamente applicabilità giuridica, sostenibilità finanziaria ed efficacia programmatica? Persino qualcuno in Europa, per motivi ideologici o di opportunità politica, ha salutato l’accordo italo-albanese come interessante canovaccio su cui costruire un’accettabile gestione del fenomeno migratorio.
Possibile che, dopo l’insuccesso clamoroso, il ravvedimento operoso governativo sia costituito soltanto da una vergognosa caciara istituzionale (la magistratura considerata amica del giaguaro) e da una ridicola sanatoria legislativa (un decretino sui Paesi insicuri)? E pensare che la gente magari ragionerà così: almeno ci hanno provato…
Possibile che l’Europa stia a guardare e tolleri le malefatte italiane compensandole con quelle dei suoi partner? Possibilissimo che il saldo dei cadaveri migratori porti ad un vomitevole pareggio sulla pelle dei disperati.
Possibile che la raffazzonata e improvvisata politica migratoria serva a deviare l’attenzione degli italiani dai problemi impellenti della sanità e dell’istruzione? Un vittimismo oggi e uno domani servono a difendere la propria incapacità politica. Chissà cosa succederà se Matteo Salvini verrà condannato. Per quarant’anni ce lo troveremo al governo: nessuno oserà più toccare il martire di Open arms.