I porte-coton a reti unificate ed allargate

Interrogazione parlamentare per il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti in merito alla lunga intervista di TgPoste alla presidentessa del Consiglio Giorgia Meloni. A presentarla il segretario di Più Europa Riccardo Magi che spiega: “Venti minuti di pura propaganda di Giorgia Meloni trasmessi in ogni ufficio postale d’Italia, dove i poveri utenti non hanno nemmeno la possibilità di cambiare canale. Sembra uno scenario orwelliano invece è la realtà: TgPoste ha realizzato una lunga intervista a Meloni dove la nostra premier sciorina tutta la propaganda del suo governo, arrivando persino a parlare di successo sul fronte dell’immigrazione e dell’economia. Ricordiamo che azionista di maggioranza di Poste è lo Stato italiano con Cassa depositi e prestiti e il Ministero dell’Economia”. TgPoste viene trasmesso oltre che negli uffici postali di tutta Italia, sul sito di poste italiane, sull’app di poste e su tante altre piattaforme legate a Poste e utilizzate da milioni di italiani. “È normale che a Meloni venga messo a disposizione questo servizio di propaganda da parte di una azienda a controllo pubblico? Perché gli altri leader politici, in particolare quelli di opposizione, non hanno la stessa disponibilità?” si chiedono le opposizioni.

“Ho ricevuto parecchie segnalazioni sull’evento creato dal Tg di Poste Italiane nella giornata di venerdì: quasi tutte per esprimere indignazione e senso del ridicolo per l’operazione mediatica messa in campo. Ma era proprio necessario fare un’intervista “esclusiva” alla presidente del Consiglio?”, afferma il segretario nazionale di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni, parlamentare dell’Alleanza Verdi Sinistra. “Già da una parte la Rai – prosegue il leader di SI – si sta confermando come TeleMeloni, venendo meno al suo impegno di servizio pubblico che rispetta equilibrio e pluralismo politico, ci si mettono pure le aziende pubbliche a fare operazioni di propaganda. Ora mancano le immagini della presidente del consiglio mentre fa l’albero di Natale”. “Ma pensano davvero – conclude Fratoianni – che trasformarsi nel nuovo Istituto Luce faccia il bene del Paese?” (da “Il fatto quotidiano”)

Ricordo che mio padre, per sintetizzarmi in poche parole l’aria che tirava durante il fascismo, per delineare con estrema semplicità, ma con altrettanta incisività, il quadro che regnava a livello informativo, mi diceva: «Se si accendeva la radio “Benito Mussolini ha detto che…”, se si andava al cinema con i filmati Luce “il capo del governo ha inaugurato…”, se si leggeva il giornale “il Duce ha dichiarato che…». Tutto più o meno così ed è così, in forme e modi più moderni ma forse ancor più imponenti e subdoli, anche oggi in Italia.

Lo scandalo è soprattutto della Rai, che è diventata il bollettino d’informazione non tanto del governo e dei partiti di maggioranza, ma addirittura della premier Giorgia Meloni. Alcuni relativizzano la questione dicendo che le cose sono sempre andate così. Non è assolutamente vero! I partiti avevano una notevole influenza a livello Rai, ma i diversi canali garantivano una certa pluralità nell’informazione: tutti ricordano come il primo canale (allora i canali si chiamavano primo, secondo, terzo) fosse orientato sulla Democrazia Cristiana (Bruno Vespa, che ne era una delle punte di diamante, si autodefiniva portavoce di questo partito, Gustavo Selva pontificava dalla radio, etc. etc.), il secondo canale era filo-socialista (i socialisti erano maestri e sorse si preparavano al berlusconismo) , il telegiornale del terzo canale veniva addirittura definito ironicamente TeleKabul dai suoi detrattori per sottolinearne la pedissequa e perfino rozza osservanza che, a loro dire e forse non del tutto a torto, lo caratterizzava rispetto alla linea politica del Pci. Non era certo un sistema modello, ma almeno esisteva un po’ di pluralismo e il fiancheggiamento veniva fatto con qualità e professionalità.

Ora di qualità e professionalità meglio non parlarne: c’è rimasto solo uno sfrenato opportunismo. Vincenzo Cerami nel lontano 2008, in un gustosissimo pezzo su l’Unità, scriveva: “Ai tempi di Luigi XIV c’era una classe di persone privilegiate che venivano chiamate “porte-coton”. Di chi si tratta? Di nobili che avevano il privilegio di pulire il culo del re con un batuffolo di bambagia dopo che questi aveva fatto la cacca”. Che oggi ce ne siano parecchi annidati soprattutto a livello mediatico è innegabile: il discorso si sta allargando a macchia d’olio e vede la Rai capofila in una sfrenata corsa al “filomelonismo”. Dove ci sta il più, la Rai appunto, ci sta anche il meno, vale a dire anche e persino le aziende pubbliche che propagandano il prodotto governativo a marchio Meloni.

È uno schifo? Sì! Tutti vedono, a molti conviene così, a tanti fa gioco fingere di non accorgersene, a parecchi viene comodo cavarsela con un’alzata di spalle. Nei miei rapporti interpersonali verifico però come ci sia gente che proprio non se ne rende conto ed è quello che più preoccupa. Magari è gente che soffre socialmente ed economicamente, ma sembra frastornata e paralizzata.

Berlusconi aveva impostato questo sistema scientificamente (chi sa fare i propri affari è capace di fare anche i tuoi…), ma allora il meccanismo era più scoperto e veniva in qualche modo, seppure faticosamente e parzialmente, respinto (avevamo gli anticorpi): c’era chi battagliava contro quell’andazzo. Oggi la situazione è cambiata e la capacità critica sembra non esistere più. Tutto sommato c’è quasi da rimpiangere i tempi del berlusconismo d’autore: a tanto siamo arrivati?!