La diplomazia dei disperati

Stando ai commenti degli osservatori più attenti ed informati, si profila una situazione internazionale di stallo bellico senza via di sbocco, anche perché, come sostiene Massimo Cacciari, non si riesce a capire dove vogliono parare i belligeranti e probabilmente, cosa ancor più grave, non lo sanno nemmeno loro.

Prescindo dai discorsi etici ed umanitari e mi limito alla valutazione realistica dell’illogico comportamento delle parti in causa: Hamas intende dominare e fagocitare i palestinesi, ma li sta portando al massacro; Israele pensa di difendersi auto-impantanandosi in una vendetta senza capo né coda. Con la differenza che mentre Israele si sta giocando come non mai l’appoggio del mondo occidentale, Hamas può contare su appoggi più o meno subdoli dal mondo arabo, islamico e terzaforzista.

Ebbene l’unico elemento positivo riguarda la tardiva consapevolezza statunitense dell’inutilità di combattere il terrorismo con le armi: l’esperienza lo ha insegnato e Biden sta cercando di spiegarlo a Netanyahu, fino ad ora con scarsi risultati. In realtà gli Usa temono l’escalation del conflitto arabo-israeliano culminante in uno scontro con l’Iran: sarebbe un disastro nel disastro.

Probabilmente sull’altro fronte la Russia appoggia Hamas, ma al contempo teme l’isolamento e l’overdose bellica in un momento storico in cui si è infilata in un tunnel di cui non si vede l’uscita. Se Biden è pieno di timori, Putin sembra addirittura disperato.

C’è sempre il terzo incomodo rappresentato dalla Cina: difficile da interpretare la sua strategia, che sembra tuttavia in linea con il suo revisionismo ideologico ribaltato sull’economia a livello interno ed internazionale. Xi Jinping ha l’ossessione degli affari e vede di malocchio il casino pazzesco che si sta creando nel mondo. Finge amicizie e inimicizie puramente tattiche e finalizzate alla concretizzazione di vantaggi economici. In poche parole la Cina sta comprando il mondo e vorrebbe continuare a farlo e mal sopporta chiunque crea turbativa a questo livello.

Dal momento che le ideologie sono crollate portandosi nella tomba i valori di riferimento (anche la riscossa democratica statunitense ha sostanzialmente deluso le aspettative), tenendo conto che non esiste nemmeno uno straccio di classe dirigente capace di ragionare in termini di coesistenza pacifica (si pensi a Israele schiacciata sulla non leadership di Netanyahu e al mondo palestinese totalmente privo di guida), considerato che nel vuoto valoriale prendono piede i conflitti etnici e religiosi, preso atto a malincuore dell’inconsistenza politica dell’Europa divisa e incapace di svolgere quel ruolo di pace che avevano sognato i suoi ideatori, non resta che sperare in una sorta di diplomazia dei superpotenti disperati (Usa, Russia e Cina).

È paradossale e curioso: un mondo in preda alla disperazione che spera nella non belligeranza dei disperati altolocati. Tutto può succedere. Per prendere una boccata d’ossigeno consiglio a tutti di leggere il recente appello di Barack Obama. Ne riporto di seguito due significativi passaggi.

(…) Ma anche se sosteniamo Israele, dobbiamo essere chiari sul fatto che il modo in cui Israele porta avanti questa lotta contro Hamas è importante. In particolare, è importante – come ha ripetutamente sottolineato il Presidente Biden – che la strategia militare di Israele rispetti il diritto internazionale, comprese quelle leggi che cercano di evitare, per quanto possibile, la morte o la sofferenza delle popolazioni civili. Il rispetto di questi valori è importante di per sé, perché è moralmente giusto e riflette la nostra fede nel valore intrinseco di ogni vita umana. Il rispetto di questi valori è anche fondamentale per costruire alleanze e plasmare l’opinione pubblica internazionale, tutti elementi critici per la sicurezza a lungo termine di Israele. (…)

(…) Forse, soprattutto, significa che dovremmo scegliere di non pensare sempre al peggio di coloro con cui siamo in disaccordo. In un’epoca di costante astio e disinformazione sui social media, in un momento in cui molti politici e persone in cerca di attenzione vedono un vantaggio nello spargere dispute piuttosto che serenità, può essere irrealistico aspettarsi un dialogo rispettoso su qualsiasi questione – tanto meno su una questione con una posta in gioco così alta e dopo che è stato versato così tanto sangue. Ma se ci sta a cuore mantenere aperta la possibilità di pace, sicurezza e dignità per le future generazioni di israeliani e palestinesi – così come per i nostri figli – allora spetta a tutti noi fare almeno lo sforzo di modellare, con le nostre parole e azioni, il tipo di mondo che vogliamo che ereditino.

É mio destino apprezzare gli ex-presidenti; fu così durante la mia vita professionale ed è così oggi in politica dove rischio di essere addirittura un penoso nostalgico di altri tempi e altri personaggi. Sempre meglio fare riferimento a un buono in pensione piuttosto che a un cattivo in servizio.