La civetteria spazzatura

Alla triste vigilia della guerra del Golfo, vale a dire agli inizi del 1991, durante una trasmissione sportiva in televisione, la conduttrice Alba Parietti, bellissima donna e a quel tempo incantatrice di calciodipendenti, a commento di una notizia flash sulle trattative per evitare in extremis la guerra, notizia che riportava la richiesta di aiuto a Dio da parte dell’allora segretario generale dell’Onu, ormai deluso e scoraggiato dalle umane diplomazie incrociate, con atteggiamento a metà tra lo scettico e lo sprezzante, ha sciorinato, in tono aggressivo, questa battuta: “Se Dio c’è, è il momento di dimostrarlo”.

Certamente il Padre Eterno non aveva bisogno di vedere accreditato il proprio ruolo da una pur affascinante donna di successo, la cui presunzione peraltro poteva arrivare fino al punto di lanciare un ultimatum a Dio richiamandolo alle proprie responsabilità. Povera Alba e poveri tutti noi che forse ci meritammo quella guerra, che non tardò purtroppo a scoppiare.

A distanza di oltre 33 anni registro un’altra pariettiana performance spazzatura. Non c’è più di mezzo una guerra, anche se purtroppo non ne mancano in giro per il mondo. Alba Parietti ripiega su se stessa, come deduco da una notizia di cronaca pubblicata su “La Stampa”, che riporto di seguito.

«A me piace piacere e mi piace che il mio culo sia piaciuto a tanti italiani: ma che male faccio? Per di più, senza aver fatto nulla…». A dirlo è Alba Parietti intervistata da Francesca Fagnani per il programma Belve su Rai2. La showgirl racconta la sua parabola professionale, dallo sgabello sexy di Galagoal al suo ruolo di opinionista in diversi programmi: «Il picco Parietti? Non lo dico io, lo dice il fatto che continuo a lavorare dopo quarant’anni», osserva.

Sollecitata, Parietti torna anche sul film cult Il macellaio per affermare: «Lo danno più della ‘Passione di Cristo’!» e quando Fagnani le ricorda che «è stato invece un flop colossale», Parietti risponde: «Ma perché il pubblico si aspettava qualcosa di quasi porno, invece è un film erotico ma d’autore». La conduttrice ricorda «i diciassette minuti di amplesso» e lei replica: «C’era la pelle di daino, la patata non si vede…».

La Parietti ha parlato poi di chirurgia estetica: «Al lato b di chirurgico non ho fatto nulla – ha spiegato Alba a Francesca Fagnani -. Al seno sì, la bocca sì e ancora se ne parla. Lei si è accorta di qualcosa? Abbiamo fatto qualche cambiamento? Se si vede allora l’ho fatto. Un mini mini. Non voglio dare certezze. Dicono che non bisogna mai ammettere niente. È sicura che l’ho detto?».

Ero incerto se abbassarmi, nei miei commenti, a questo livello. Poi ho deciso di procedere un po’ per alleggerire il clima, un po’ per realismo (in)culturale. Quale delle due esternazioni sia la più sconveniente lascio giudicare ai miei lettori. La prima mi aveva innervosito, la seconda mi ha impietosito anche perché collocata in una rete Rai, che, gestendo un servizio pubblico, dovrebbe avere un minimo di rispetto per gli utenti. Non è una questione moralistica, ma di buongusto.

Se la vogliamo mettere sul piano etico-educativo, non posso che rifarmi ad un ricordo più volte citato nei miei scritti. Molti anni fa, monsignor Antonio Riboldi, vescovo di Acerra, uomo di Chiesa dalla mentalità apertissima e autentico profeta, durante una conferenza all’aula magna dell’Università di Parma, raccontò di avere scandalizzato le suore della sua diocesi esprimendo loro una preferenza verso la stampa pornografica rispetto a certe proposte televisive perbeniste nella forma e subdolamente “sporche” nella sostanza. In fin dei conti la pornografia pura si sa cos’è e la si prende per quello che è, mentre è molto più pericoloso, dal punto di vista educativo, il messaggio nascosto che colpisce quando non te l’aspetti. Mi pare un giudizio appropriato e attuale.

Se proprio vuole fare la furbina, Alba Parietti abbia il coraggio di darsi interamente alla pornografia per dimostrare che, nonostante gli anni e gli eventuali ritocchi plastici, rimane una gran bella donna. Per il resto, vale a dire per il cervello e tutto quel che ne dovrebbe conseguire, lasciamo perdere…

Mi sovviene quanto raccontava mio padre relativamente al periodo della seconda guerra mondiale, dopo l’occupazione tedesca del nostro territorio. Per tenere occupata la gente e distoglierla dalla resistenza al nazifascismo, facevano lavorare gli uomini “al canäl”, vale a dire nel greto del torrente per fingere opere utili che alla fine venivano regolarmente eliminate con le ruspe.

Di qui il detto “va’ al canäl” utilizzato per mandare qualcuno a quel paese in cui si fanno appunto cose inutili ed assurde. In quel triste periodo ritornò a cantare al teatro Regio il grande tenore Francesco Merli, che aveva mietuto allori negli anni precedenti a Parma e nel resto del mondo: era piuttosto anziano, non era più in grande forma vocale e non venne trattato con i guanti. In modo pesante ed inaccettabile, dettato più da cattiveria che da inesorabile atteggiamento critico, il loggione nei confronti del grande tenore Francesco Merli, reo di essersi presentato sul palcoscenico del Regio, nei panni di Manrico nel Trovatore di Verdi, con voce ormai piuttosto traballante, usò la suddetta pesantissima espressione: “va’ al canäl”.

Mio padre raccontava questo disgustoso episodio per bollare l’esagerata ed esibizionistica verve loggionista, ma anche per significare come qualsiasi persona, quando si accorge di non essere più in grado di svolgere al meglio il proprio compito, sarebbe opportuno che si ritirasse, prima che qualcuno glielo faccia capire in malo modo.

Visto che ci sono, posso aggiungere anche un ricordo relativo a mia madre. Quando davanti al video commentavamo assieme certe apparizioni femminili molto sbracate e sessualmente provocanti (niente in confronto a quanto si vede di questi tempi), auspicavamo all’unisono un “sano” rigurgito di duro comunismo alla cinese: “Ag dämä la sò béla tutènna e jä mandäma a lavorär in fabbrica, acsí ag va via la vôja äd fär veddor al cul…”.

Nel caso specifico, Alba Parietti (comunismo a parte per lei che peraltro mi sembra si dichiari di sinistra), rifacendosi ai consigli di mio padre, avrebbe un motivo in più per contenersi e non rischiare un “va a…” facilmente intuibile e assai volgare. Forse però la smania esibizionistica le sta giocando un brutto scherzo. Irregolare ma per niente geniale.