Le tempeste dopo la quiete

“La Commissione è consapevole dei rischi di interferenza politica che incidono sull’indipendenza dei media del servizio pubblico in Italia”. Lo scrive il commissario Ue per il Mercato unico Thierry Breton in risposta a un’interrogazione firmata da 15 eurodeputati, tra i quali dieci del Pd. Breton evidenzia la mancanza di “sviluppi” nel quadro normativo della Rai “malgrado l’esigenza, menzionata nella relazione” Ue “sullo Stato di diritto 2022 e nell’Osservatorio del pluralismo dei media 2023 di una riforma che permetta alla Rai di resistere meglio ai rischi di influenze politiche e dipendenza finanziaria nei confronti del governo” (Ansa).

 

“All’informazione libera e indipendente, che ogni giorno, in ogni luogo e in ogni ambito, illumina le zone d’ombra per consentirci la formazione di un’opinione consapevole, le istituzioni devono riconoscimento e tutela massima. Perché l’informazione libera e indipendente è l’antidoto alle forme più diverse di disinformazione che in modo massiccio si propalano nei sistemi delle comunicazioni digitali. La sua funzione deve essere quindi garantita, con rinnovato impegno, nelle nuove architetture tecnologiche che stanno ridisegnando i nostri modelli di convivenza rifuggendo ogni tentazione di subordinarla a velleitarie, se non confuse, iniziative di controllo. E i giornalisti devono essere al riparo da ogni forma di intimidazione. L’effettiva libertà di stampa ha valore universale e, in questo ultimo anno, le istituzioni dell’Unione Europea hanno riservato diverse azioni a sostegno dell’indipendenza e della libertà dei media e per la tutela dei giornalisti, insieme alla nuova regolamentazione dello spazio digitale europeo. Sono questioni cruciali per il dispiegarsi, nel tempo nuovo, dei contenuti dell’articolo 21 della Costituzione. Questo – per quanto riguarda il nostro Paese – è sostanziato anche dal necessario sostegno della Repubblica alle relative iniziative editoriali, con la garanzia di parità di accesso al mercato per le imprese, e di rispetto delle regole che riguardano la professione giornalistica” (dall’intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla cerimonia della consegna del ventaglio).

 

Non nascondiamoci che il condizionamento governativo sulla Rai sta assumendo proporzioni pesantissime e forse inedite. Lo vede un cieco, lo sente un sordo. Lo ha ricordato in modo molto soft il Capo dello Stato, ce lo fa presente in modo assai meno morbido la Commissione europea. Ho già avuto l’occasione di bollare come inguardabile e inascoltabile l’informazione politica Rai: un autentico bollettino governativo con tanto di enfasi giornalistica a metà tra l’opportunismo e la faziosità. Penso di avere buona memoria per poter affermare, a dispetto dell’è sempre stato così, che il fenomeno della disinformazione sta assumendo una sistematicità e una incidenza mai raggiunte nella vita democratica della nostra Repubblica. Sintomo e premessa di una deriva democratica innescata dalla destra al potere.

Ma vorrei fare anche un altro discorso. Mentre Giorgia Meloni ostenta i suoi ottimi rapporti con Ursula von der Leyen e tramite essa con l’establishment europeo, non passa giorno che da Bruxelles non arrivi qualche bacchettata diretta o indiretta al governo italiano sulle materie più disparate, dai conti pubblici ai diritti civili, dalle carceri all’informazione. Le risposte italiane viaggiano sul filo del rasoio ora dell’orgoglio stizzito, ora dell’imbarazzo malcelato, ora dell’attacco che (non) funziona da miglior difesa, ora del rinvio ai massimi sistemi relazionali. Non vorrei essere nei panni di Paolo Gentiloni, commissario italiano costretto a fare il pesce in barile alle prese con evidenti difficoltà di carattere politico ed istituzionale.

Non so fino a quando le tensioni nei rapporti con la UE potranno essere ovattati dalle fumose e “flirtose” scorribande europee di Giorgia Meloni. C’è una vera e propria zeppa relazionale: le reiterate bacchettate e reprimende, i baci e abbracci tra i vertici femminili, le aggressive strategie elettorali, le incompatibilità coi partner storici, le simpatie per i partner ultimi arrivati. Alla vocazione storica dell’europeismo l’Italia sta sostituendo l’altrettanto storica inaffidabilità nei rapporti e nelle alleanze. Questa impalcatura fatta di furbizia e opportunismo non potrà reggere a lungo. Non so se saranno gli smacchi sanguinosi del PNRR a smantellarla, non so se saranno le pive nel sacco elettorale del prossimo anno a smascherarla, non so se riprenderà corpo l’insofferenza franco-tedesca nei nostri confronti, non so se l’asse con i sovranisti ci porterà fuori strada, non so se l’Europa si sveglierà e vedrà la nostra inconsistente presenza.

Siamo abituati alla meteorologia politica di stampo nazionale, ma, se allarghiamo la visuale sul futuro italiano a livello europeo, si addensano nuvoloni minacciosi. Saranno sane tempeste con successiva quiete o sarà una quiete tempestosa che ci metterà per lungo tempo ai margini dei processi di integrazione europea?