Il “Pirlamento” alla stanga

“L’invito a tutti a mettersi alla stanga – per usare ancora una volta questa espressione degasperiana – che mi ero permesso di avanzare tempo addietro, è rivolto appunto a tutti: quale che sia il livello istituzionale, quale che sia il ruolo politico, di maggioranza o di opposizione”. 

È il pressante invito formulato dal Presidente della Repubblica durante la tradizionale cerimonia della consegna del ventaglio. L’occasione è stata quella del lavoro inerente il PNRR (piano nazionale di ripresa e resilienza), ma mi permetto di allargare il discorso presidenziale, anche perché era tutto improntato al senso di responsabilità, allo svolgimento dei propri ruoli, al rispetto dei limiti costituzionali e via discorrendo.

Ebbene, la risposta non si è fatta attendere: il Senato si è preso cinque settimane di ferie, la Camera quattro. Mi chiedo se sia possibile in un contesto drammaticamente problematico come quello attuale una simile fuga vacanziera. Stiamo scherzando? Vergogna!

Un Parlamento, dove succedono queste cose e forse anche di peggio, può essere tranquillamente ribattezzato “pirlamento”, come ho sentito dire a margine di una lucida e spietata analisi politica formulata da una simpatica anziana signora.

È qualunquismo? È più qualunquista chi nel bel mezzo dei problemi, tira giù la saracinesca e se ne va in vacanza o chi si permette di bollare questo comportamento come irresponsabile? Come ebbe a dirmi qualche tempo fa un mio acuto interlocutore, è più qualunquista il politico che ruba o il cittadino che protesta con veemenza contro le ruberie dei politici? Non lavorare è come rubare!

Moralismo spicciolo? Sì, perché se non ritroviamo il senso etico della politica, siamo fritti in padella. Il discorso del Capo dello Stato alla suddetta cerimonia era proprio, al di là dei precisi e puntuali riferimenti, un rimprovero per quanti fanno poco o niente e magari si permettono di criticare e censurare chi fa qualcosa. Chi non fa non falla.

Mi sovviene l’aneddoto relativo alle disavventure professionali di un funzionario pubblico, che si dava da fare (non era un assenteista, tutt’altro), ma finiva col combinare disastri, al punto tale che il suo capo, dopo avere registrato lamentele e proteste degli utenti, fu costretto a chiamarlo a rapporto. Gli disse perentoriamente: «Lei non faccia niente, legga il giornale, guardi fuori della finestra, quando proprio non sa come fare a passare il tempo, dorma! Le farò mettere un comodo divano letto nella sua stanza…». Stiamo scivolando verso questa paradossale china? Non vorrei che l’appello presidenziale fosse una specie di ultimo richiamo, un’ammonizione da cartellino giallo prima dell’espulsione da cartellino rosso. Mi si dirà che piuttosto di lavorare male forse è meglio non fare niente per evitare disastri. Siamo arrivati a tale punto?

In questi giorni qualcuno sta accusando Sergio Mattarella di eccessivo interventismo, di parlare troppo, di intromettersi nei gangli istituzionali e politici. Credo che stia correttamente nei limiti delle sue prerogative, ma se esagerasse avrebbe tutta la mia approvazione e penso anche quella dei cittadini. Ha usato l’incisivo termine “stanga” a significare l’assoluta necessità dell’impegno da parte di tutti. Gradirei che tirasse fuori anche lo “staffile” per picchiare duro sui vagabondi e sugli incapaci di Stato a tutti i livelli, cominciando possibilmente dai più alti.