I poveri senza cittadinanza

Di fronte al dramma di migliaia di persone, che stanno per perdere il loro pur scarso sostentamento disposto nell’ultimo periodo da una legge dello Stato a sostegno dei soggetti in gravi difficoltà economiche per mancanza di lavoro, mi vengono spontanee due sofferte riflessioni.

La prima di carattere socio-politico: non si può chiudere gli occhi davanti ai soggetti più bisognosi. A nulla valgono le motivazioni inerenti eventuali abusi, ritardi e inadempimenti in ordine all’elargizione del cosiddetto reddito di cittadinanza. Anche se in maggioranza (e non è così) questo aiuto fosse finito in tasca a chi non ne ha diritto, anche se coloro che ne usufruiscono fossero prevalentemente dei fannulloni (e non è così), anche se la legge fosse decisamente demagogica e troppo benevola (e non è così), anche se il bilancio dello Stato fosse in gravi difficoltà a causa di queste elargizioni (e non è così), tutto ciò comunque non giustificherebbe un trattamento così freddo al limite del cinismo.

Con tutti i soldi che si sprecano si pensa di fare le pulci ai poveracci: vergogna! Mi vergogno di essere italiano! Nessun argomento mi potrà mai convincere ad accettare simile cattiveria politica e sociale. Bisognerebbe reagire con durezza, ma purtroppo la sinistra balbetta e il sindacato latita: questi sfigati non li ha in nota nessuno ad esclusione dei grillini, che ne stanno facendo una bandiera più strumentale che politica.

La seconda riflessione del tutto personale è di carattere etico prima che politico. Piuttosto che prendersela con chi non sa come fare a vivere ci starei a pagare una consistente tassa ad hoc. Un tempo esisteva il soccorso invernale: se ben ricordo, una sorta di contributo richiesto a chi spendeva in divertimenti, in beni e servizi voluttuari. Oggi potrebbe chiamarsi soccorso di cittadinanza: lo pagherei molto volentieri e mi sentirei più a posto in coscienza. Sì, perché prima della politica viene l’etica e la mia impone di dare una mano a chi è in difficoltà. Sarebbe una tassa oltre modo “piacevole”, un atto di solidarietà a prescindere dagli assetti sociali, che dovrebbero comunque essere consoni a questi bisogni essenziali di tanti cittadini.

Torno rapidamente in ambito politico. Quanta gente, forse anch’io, ha del superfluo con cui vivere abbastanza bene. Possibile che non scatti un meccanismo di equità fiscale che ristori le persone più in difficoltà? Se la sinistra non riparte di qui non so dove possa andare a parare. Dalla destra non mi aspetto niente, mi fa sorridere chi parla di destra sociale: ma fatemi il piacere… E se provassimo a scendere in piazza? Non cambierà probabilmente nulla, ma almeno daremo un segnale di attenzione, faremo un gesto di buona volontà, dopo di che, come già detto, sarei comunque disposto a mettere mano al mio portafoglio in senso fiscale. Servirebbe a poco? Può darsi. A volte basta poco!

Qualcuno potrà rispondermi che nessuno mi impedisce di essere generoso nella gestione personale della mia economia. Giustissimo! Di questo risponderò davanti a Dio. Ma il mio discorso è anche di valenza politico-sociale. I poveri hanno bisogno dell’aiuto di chi sta meglio di loro, ma anche e soprattutto dello Stato di cui sono cittadini. La migliore elemosina consiste nella giustizia sociale e viceversa.