La fede tra dicasteri, prefetti, commissioni e…Vangelo

Il compito fondamentale «è custodire l’insegnamento che scaturisce dalla fede per dare ragione della nostra speranza, ma non come nemici che additano e condannano». Nella lettera al neo prefetto Víctor Manuel Fernández, sabato scorso il Papa spiegava qual è il perimetro del Dicastero di cui l’arcivescovo argentino assumerà la guida a metà settembre. E lo stile che deve caratterizzarlo in questa stagione “nuova”.

A sottolinearlo è lo stesso monsignor Fernández in un post su Facebook con cui saluta la diocesi di La Plata di cui era pastore dal giugno 2018.

«Il Dicastero per la dottrina della fede – scrive il presule, 61 anni il prossimo 18 luglio – un tempo si chiamava “Sant’Uffizio” ed era il terrore di molti, perché si dedicava a denunciare errori, a perseguire gli eretici, a controllare tutto, arrivando persino a torturare e uccidere».

Ovviamente non avveniva sempre e «non era tutto così – aggiunge Fernández – ma questa è parte della verità» mentre il Papa evidenzia che «il modo migliore per prendersi cura della dottrina della fede è farne crescere la comprensione» perché «una crescita armoniosa preserverà la dottrina cristiana più efficacemente di qualsiasi meccanismo di controllo. Soprattutto se sappiamo presentare un Dio che ama, che libera, che solleva, che promuove le persone». (dal quotidiano “Avvenire” – Riccardo Maccioni)

Parto da una mia convinzione provocatoriamente elaborata nel tempo: la fede non consiste in una dottrina, sono due concetti che non vanno d’accordo fra di loro. Riporto quindi la definizione di dottrina cristiana presa dal vocabolario: “Complesso di cognizioni o di principi della religione cristiana organicamente elaborati e disposti, considerato come oggetto di studio o come norma sul piano teorico o pratico”.

E la fede cristiana cosa è? Il dono che Dio ci concede di aderire ad una persona, suo Figlio fatto uomo, e al suo messaggio esistenziale. Nel Vangelo non c’è alcuna traccia di dottrina, anzi c’è il superamento della Legge e delle prescrizioni e Gesù non si preoccupa di elaborare un catechismo, né scritto né orale, ma si limita a predicare con la sua vita e nella vita: “Fate come me…”.

Quando si parla di Dicastero per la dottrina della fede mi vengono i brividi per due motivi. Per la contraddizione in termini e per le tragiche (s)torture che tale forzatura ha provocato nella storia. Le dichiarazioni rilasciate a caldo dal neo prefetto (anche questo titolo mi innervosisce) per fortuna chiariscono e indirizzano il discorso in altro senso, vale a dire quello di “un Dio che ama, che libera, che solleva, che promuove le persone”. Siamo perfettamente in linea con la rivoluzionaria impostazione di papa Francesco. Era forse meglio eliminare o ribaltare completamente questo dicastero, ma chi sono io per dare consigli al Papa? Mi accontento. In fin dei conti è tutto grasso che cola dalle novità ecclesiali introdotte da Francesco.

Una seconda riflessione che mi viene spontanea riguarda il discorso degli abusi sessuali del clero.

Nel post di saluto il neo prefetto rivela anche di aver inizialmente detto no all’incarico. Il Dicastero, infatti, «ha una sezione dedicata agli abusi sui minori, tema che ci ferisce e ci fa vergognare, e io non mi sento qualificato né ho avuto una formazione per guidare una cosa del genere».

Giorni fa – aggiunge Fernández –, quando era ricoverato, me l’ha chiesto di nuovo. Come rispondere di no? Ma lui mi ha facilitato le cose perché mi ha detto che non è necessario che io diriga le questioni relative agli abusi di minori, perché c’è un gruppo di specialisti che lo fa molto bene e che può lavorare in modo abbastanza autonomo. E che quello di cui aveva bisogno è un prefetto che potesse dedicare più tempo a quello che dà il nome al Dicastero: “la dottrina della fede”. Ciò significa che si promuova il pensiero cristiano, l’approfondimento delle verità della fede, lo studio dei grandi temi in dialogo con il mondo e con le scienze. Per questo – continua il prefetto – alla fine ho detto di sì».

Circa la lotta agli abusi, Fernández fa riferimento alla Costituzione apostolica “Praedicate evangelium” con cui, all’articolo 78, si stabilisce che presso il Dicastero sia «istituita la Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori il cui compito è fornire al Romano Pontefice consiglio e consulenza ed altresì proporre le più opportune iniziative per la salvaguardia dei minori e delle persone vulnerabili». Un servizio che prevede l’assistenza a vescovi, conferenze episcopali e superiori degli istituti religiosi «nello sviluppare strategie e procedure opportune, mediante Linee guida, per proteggere da abusi sessuali i minori e le persone vulnerabili e fornire una risposta adeguata a tali condotte da parte del clero e di membri degli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, secondo le norme canoniche e tenendo conto delle esigenze del Diritto civile». (sempre dal quotidiano “Avvenire” – Riccardo Maccioni)

Capisco le perplessità del vescovo Fernandez a prendere in mano una simile patata bollente, che però è riservata ad una apposita ed autonoma commissione. Se ho ben compreso, questo gruppo di specialisti dovrebbe elaborare norme di comportamento a livello preventivo, di controllo e di perseguimento sanzionatorio. Basterà? Temo proprio di no. Un passo avanti rispetto alle omertose condotte del passato, ma occorrerebbe molto di più. In poche parole sarebbe necessario che la Chiesa archiviasse definitivamente la “paura del sesso” con cui ha fuorviato la formazione dei preti e anche dei laici. E allora il celibato sacerdotale va rivisto, il sacerdozio femminile va considerato, il ruolo della donna nella Chiesa deve essere più valorizzato, la castità deve partire dal dono del sesso e non dalla sua demonizzazione, etc. etc.

Se non risolviamo a monte il problema, togliendo ogni e qualsiasi scoria di sessuofobia clericale, a valle permarrà sempre il rischio di praticare il sesso in modo nascosto, lascivo e innaturale. Mi auguro che la Commissione parta da queste imprescindibili novità di impostazione, altrimenti finirà col pestare l’acqua nel mortaio, forse meno acqua e più pestello, ma resteremo sempre nella Chiesa relegata a vivere il sesso come pericolo da scongiurare e non come opportunità da cogliere.