Da che podio viene la direzione d’orchestra

La sera del 14 maggio 1931 Arturo Toscanini si trova al Teatro comunale di Bologna per dirigere un concerto in memoria di Giuseppe Martucci, pianista, direttore d’orchestra e compositore, direttore emerito dell’orchestra bolognese alla fine dell’Ottocento. Nonostante le pressioni ricevute rifiuta di eseguire Giovinezza e la Marcia Reale in onore di Leandro Arpinati, ducetto locale, grande amico di Mussolini e di vari altri gerarchi tra cui Costanzo Ciano – padre di Galeazzo – e per questo viene violentemente aggredito. Lo salverà dal linciaggio il suo autista, affrontando gli aggressori e riportandolo in albergo, dove il maestro sarà però raggiunto da un seguito di facinorosi che gli intimerà di lasciare subito la città.  

Toscanini era di idee socialiste e agli albori del fascismo aveva anche accettato la proposta di Mussolini di candidarsi alle elezioni politiche del 1919 nella lista dei Fasci di combattimento, ma di fronte alla torsione a destra del duce ed all’uso spregiudicato della violenza come arma politica, cambierà immediatamente idea, divenendo uno dei suoi più ferrei oppositori fin dai tempi della Marcia su Roma.

Nonostante le ritorsioni, le pressioni e le minacce (subirà anche provvedimenti come lo spionaggio delle telefonate e della sua corrispondenza e il ritiro temporaneo del passaporto allargato alla sua famiglia), il direttore non si piegherà mai al regime, rinunciando a dirigere orchestre in Italia fino a che il fascismo fosse rimasto al potere. Il maestro romperà ogni tipo di relazione anche con la Germania nazista sin dal 1933, abbandonando il festival wagneriano di Bayreuth, e nel 1938, dopo l’Anschluss dell’Austria da parte della Germania, anche il festival di Salisburgo, nonostante gli inviti a restare. Sempre nel 1938, a causa delle ‘leggi razziali’, abbandonerà l’Europa per trasferirsi negli Stati Uniti. (da Collettiva – CGIL)

Questo tuffo nella storia mi consente di approcciare l’attualità con le idee più chiare. L’attualità si chiama Beatrice Venezi, direttrice o direttore, come dir si voglia, d’orchestra attorno alla quale si è scatenata una polemica, a mio modo di vedere, abbastanza significativa.

Era stata invitata a dirigere l’orchestra Filarmonica locale per i tradizionali balletti di Natale e il Concerto di Capodanno, ma la notizia dell’arrivo a Nizza di Beatrice Venezi è stata subito contestata da molte associazioni. “Il Comune di Nizza non deve, sotto la copertura di un evento artistico e sfruttando l’Opéra de Nice, dare un assegno in bianco al neofascismo italiano”, è l’accusa sottoscritta da una decina di associazioni francesi. La direttrice d’orchestra italiana non è gradita per il suo ruolo di consigliera per la musica del governo di Giorgia Meloni. “Ricordiamo – si legge nella petizione – le posizioni politiche e intellettuali assunte da Beatrice Venezi che si è impegnata con Giorgia Meloni, presidente del Consiglio italiano, come consigliere musicale. Molto presente sui media italiani, ha partecipato alla convention del partito di estrema destra Fratelli d’Italia nel maggio 2022 e ci tiene a dare la massima visibilità possibile all’ideologia che difende, sfruttando per questo la sua notorietà di direttrice d’orchestra. In un contesto di banalizzazione dell’estrema destra e del fascismo, l’invito rivolto alla signora Venezi a Nizza costituisce un gesto politico che contestiamo e denunciamo con forza”. Da qui la richiesta al sindaco di Nizza e al direttore generale dell’Opera Nice Côte d’Azur di annullare l’invito all’italiana. (da “Il Fatto Quotidiano”)

Si dirà che l’arte e la politica non si devono mescolare e che quindi un artista è libero di professare le idee politiche in cui crede senza venirne censurato o discriminato. Proprio quello che subì Arturo Toscanini o meglio proprio quello che fece il fascismo pretendendo da Toscanini un appoggio al regime o quanto meno una non palese opposizione ad esso.

Da un artista però è giusto aspettarsi l’adesione non tanto alle idee politiche, ma ai valori fondamentali della cultura democratica e, se un artista dimostra di non aderirvi con precise scelte, può essere tranquillamente messo alla porta e invitato a cercare qualcuno disposto a transigere.

Mi sembra che l’atteggiamento delle associazioni francesi nei confronti di Beatrice Venezi vada in questo senso e mi sento di condividerlo in tutta tranquillità. Non mi scandalizzo affatto, anzi. Nessuna censura, ma una opportuna presa di distanza. Un tempo si usava violenza contro chi osava parlar male del fascismo (un autentico sopruso); oggi ci si limita a considerare persona sgradita chi fa lo gnorri nei confronti del fascismo (un sacrosanto diritto, oserei dire un dovere).  Non mi si dica che le due cose si equivalgono, c’è una bella differenza, ci sono in mezzo la storia e la cultura.

Mio padre mi ha insegnato che l’antifascismo dovrebbe essere parte integrante e fondamentale della vita di una persona, a livello etico, culturale, storico, esperienziale, umano prima che politico. A maggior ragione se questa persona è un artista con tutte le conseguenti responsabilità verso la società civile.

Naturalmente c’è chi non la pensa così. «Beatrice Venezi è una grande artista e una straordinaria professionista. Sono orgoglioso di averla al mio fianco come consigliere per la musica», scrive su twitter il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano intervenendo sulla protesta in Francia di 12 associazioni a Nizza contrarie all’arrivo per il concerto di Capodanno della direttrice d’orchestra italiana definita “neofascista”. «Chi a Nizza vorrebbe impedirle di esercitare la sua arte dimostra tutta la sua ignoranza e va contro quei principi di libertà e democrazia che sostiene di voler difendere. Forza Beatrice!», conclude il ministro. (dal quotidiano “Gazzetta di Parma”)

A Nizza evidentemente sull’antifascismo non si scherza come in Italia, non vogliono saperne di revisionismo, autocritica, pacificazione, colpi di spugna, voltate di pagina e vuoti di memoria. Non si lasciano impressionare dalle scorribande culturali del nostro ministro Sangiuliano e non gradiscono mettere sul podio chi adotta uno spartito storicamente equivoco.

Riccardo Muti ha promosso e diretto un concerto in Giordania anche per i profughi. Ravenna festival porta “Le vie dell’amicizia” al teatro romano di Jerash. Tra il pubblico pure quindici giovani del campo dell’Unhcr di Zaatari, a pochi chilometri dalla Siria. «Un paese e un popolo straordinari che siamo venuti ad onorare perché offrono rifugio e accoglienza a chi scappa dalla guerra» dice Riccardo Muti davanti al muro di pubblico in piedi sui gradoni del teatro romano di Jerash. Nord della Giordania, nazione dove il 30% della popolazione è costituito da rifugiati. Siriani, prevalentemente. Qui il maestro ha voluto portare l’edizione 2023 de “Le vie dell’amicizia” di Ravenna festival, invitato dal governo di questo paese. (dal quotidiano “Avvenire”)

Questi sono i valori che la musica deve sposare ed a cui un artista deve puntare. Provi a fare così anche Beatrice Venezi e vedrà che nessuno oserà chiuderle le porte in faccia. Lasci perdere le nostalgie, non le difenda testardamente e guardi avanti con l’animo libero dalle ombre del passato.