La iellata fortuna di Elly Schlein

La forza elettorale e sociale di Elly Schlein consiste nel suo forte legame ideale con le battaglie moderne del cosiddetto “movimentismo”, vale a dire ambientalismo, ecologismo, pacifismo e civismo. Lì è proprio a casa sua, lo si nota dal suo linguaggio e dalla sicurezza e convinzione che dimostra nel parlarne. A questo deve la sua elezione a segretaria del Partito Democratico: è riuscita a dare un segnale di grande attenzione e speranza ai movimenti ed ai loro valori.

Ma la politica è un’altra cosa. Può farsi carico di queste battaglie e tradurle sul piano programmatico, ma non può esaurirsi in esse anche perché nel bagaglio culturale della sinistra ci sono anche altri valori, quali l’uguaglianza, la lotta alle povertà, l’equità fiscale, etc. etc. Non esiste contraddizione fra questi due livelli, ma nemmeno automatica compenetrazioni. La più alta sintesi teorica tra difesa dell’ambiente e promozione della persona l’ha operata papa Francesco nella sua enciclica “Fratelli tutti”.

Elly Schlein si sta sforzando in tal senso, ma la vedo in difficoltà: può una movimentista essere segretaria di un partito di sinistra? Da questa combinazione/sfida rischia di uscire parzialmente devitalizzato e deluso il movimentismo e relativamente paralizzata e condizionata la politica. La politica è sintesi, compromesso e mediazione: tutte caratteristiche che superano il più ristretto ambito delle pur sacrosante battaglie dei movimenti.

Col senno di poi sarebbe stato opportuno cercare per il Pd una sorta di ticket dirigenziale, ma purtroppo mentre Elly Schlein è forte e carismatica nel suo ruolo, non esiste un politico altrettanto forte e carismatico a cui consegnare le sorti del partito in tutte le sue articolazioni territoriali e istituzionali. Stefano Bonaccini in stretta collaborazione con Elly Schlein? Poteva essere un’ipotesi, ma forse troppo “sparata” era la Schlein e troppo “presuntuoso” Bonaccini. Così abbiamo un partito sostanzialmente divaricato. Quando la segretaria tenta di svolgere il suo ruolo, scopre immediatamente il suo lato debole e finisce con lo scontentare i movimenti e col non convincere il partito e non soddisfare le sue esigenze (non dico quelle di continuismo, ma anche quelle di cambiamento).

Se avesse dovuto misurarsi con la candidatura di politici di razza non ne sarebbe uscita viva, avrebbe dovuto ripiegare su un ruolo più defilato ma più consono, quello appunto di interprete delle istanze dei giovani, dei “diversi”, dei protestatari vari. Ha vinto perché ha perso la politica. Ha avuto la sfortuna/fortuna di non misurarsi con un personaggio veramente capace di fare politica. E rimane in campo un’evidente e sconfortante incertezza.

Succede ad esempio con il discorso delle armi all’Ucraina. Troppo blanda e accondiscendente la posizione della segretaria nella ricerca di equilibri di pace (c’è chi ha più coraggio e più radicalità…), troppo strumentale il suo filoamericanismo (c’è chi lo sa fare molto meglio…). Succede a rovescio con i diritti Lgbtq: troppo spinta e unilaterale per la gran parte dei cattolici di sinistra, troppo moderata per il mondo Lgbtq.

D’altra parte se, come io stesso desidererei, si spingesse più avanti nella sua azione, il PD ne verrebbe snaturato; se, al contrario continuasse in questa posizione alquanto contraddittoria o, quanto meno, se volesse proseguire nel suo tentativo di portare la croce movimentista e cantare la messa politica, finirebbe col relegare il partito nella confusione ideale e politica.

Movimentista o politica, questo è dunque il problema. Dall’altra parte della barricata, nella destra c’è tutto e il suo contrario, in estrema sintesi la combinazione tra qualunquismo e presidenzialismo. Loro se lo possono permettere, mentre a sinistra niente è perdonabile. È molto più facile conservare o addirittura andare indietro che innovare o addirittura fare “la rivoluzione”. Ironia della sorte il confronto scontro sta avvenendo fra due donne: l’una, Giorgia Meloni, come dice Edith Bruck, “è circondata da uomini di un certo tipo, lavora in una struttura di un certo tipo, è amata da chi le dice cose terribili come ‘hai le palle’, cioè vali perché sei come un uomo”; l’altra, Elly Schlein è una donna fuori dagli schemi, che tribola a farsi valere perché va contro corrente, che vorrebbe cambiare tutto e quindi è vista, soprattutto dagli uomini più o meno machi, con molto scetticismo. Un dualismo improponibile e fuorviante.

In questo momento storico, una fase di brutta transizione, non resta che aspettare tempi politici migliori, preparandoli magari con l’impegno a livello culturale e sociale. A volte si prova a prendere una medicina senza troppa convinzione, facendo il ragionamento del “tanto non farà male, tuttalpiù non farà niente”. Sarà cosi anche per la terapia Schlein? Lasciamola lavorare: può darsi che ne esca qualcosa di meglio rispetto a quanto sembra. Ha sicuramente molte idee in testa, molta onestà intellettuale, molta buona volontà, molta voglia di cambiare le cose. E se ci riuscisse?