Il poker di piccoli assi

Stefano Bonaccini: «Noi dobbiamo batterci per ridurre le disuguaglianze e le distanze sociali e territoriali. Questa è la missione della sinistra e il Pd deve tornare ad essere un baluardo del diritto al lavoro buono, di quello alla salute e all’istruzione, della lotta al cambiamento climatico, tenendo insieme lavoro e ambiente».

Gianni Cuperlo: «Io ho assistito a quella bellissima giornata promossa dall’associazione dei Popolari, presieduta da Castagnetti, e mi aveva molto colpito la qualità della discussione. La tesi di fondo era che la natura del Pd va preservata perché altrimenti viene a mancare la base, il piedistallo su cui si è fondato quel progetto, nato dall’ambizione più coraggiosa dell’ultimo mezzo secolo, che ha messo insieme diverse culture di questo Paese (comunista, socialista, azionista, laica, il cattolicesimo democratico, l’ambientalismo, femminismo, diritti…). Il ritorno di Art.1 oggi è stato senz’altro positivo. Dobbiamo trovare la ragione di una sintesi, non dobbiamo esprimere un nuovo programma di governo anche perché non si voterà a breve. Nessuno può più bastare a se stesso».

Paola De Micheli: «Ora dobbiamo rimettere in campo le nostre politiche in maniera più radicali, risposte concrete ai bisogni delle persone, per un’Italia più giusta. Politiche per il lavoro, un nuovo statuto dei lavori, perché il mondo è cambiato. C’è stata una compressione dei salari e dei diritti. Malattia, maternità, salario minimo sono i nuovi diritti universali da riconoscere. La legge sulla rappresentanza sindacale, la transizione ambientale nella visione dell’ecologia integrale di papa Francesco per nuove politiche industriali, la sanità pubblica e la “scuola totale”».

Elly Schlein: «Quando mi sono candidata ho detto che avrei voluto ridare al Pd una identità chiara e coerente su una visione di futuro che tenga insieme il contrasto a ogni forma di disuguaglianza, la giustizia sociale, il tema del clima e di come affrontiamo la conversione ecologica, e il tema del lavoro di qualità. Perché nell’intrecciarsi di queste tre grandi sfide, la politica è rimasta indietro e non vede quanto siano connesse. Sono andati avanti il pensiero di elaborazione culturale, accademica e anche religiosa (quando l’enciclica Laudato si tiene insieme il grido di dolore della terra e il grido di dolore dei poveri centra una nuova frontiera dove la politica non si è ancora fatta trovare). Il Pd deve dire la sua. Questo è l’obiettivo. Dobbiamo riuscire a investire nelle energie rinnovabili, che sono le uniche energie di pace, perché non è cambiando la nostra dipendenza dalle fonti fossili di Putin a quelle di qualcun altro che riusciamo a fare un salto di qualità, anche a salvaguardia della democrazia e della tutela dei diritti umani. Questi sono i temi fondanti del Pd, non ci vuole una resa dei conti identitaria, ma bisogna sfidare tutte le culture di provenienza su un terreno su cui società civile, le nuove generazioni e l’associazionismo cattolico stanno già facendo cose».

Ho preso, non a caso, alcune dichiarazioni rilasciate al quotidiano Avvenire da parte dei candidati alla segreteria del Partito Democratico. Di questo partito mi preme la rifondazione culturale: solo così ritengo possa riprendere respiro, strategia e consenso popolare.

Credo francamente che nessuno dei candidati abbia il carisma del capo. Se non c’è il leader, non lo si può inventare o improvvisare. Bisogna prenderne atto e agire di conseguenza, ripiegando (?) su un gruppo dirigente sufficientemente compatto, storicamente in linea, socialmente motivato e soprattutto culturalmente aperto. Solo così si può tentare una improba risalita politica.

Ho apprezzato nei candidati lo sforzo collaborativo: la forza la può fare più l’unione degli intenti che la spinta leaderistica. Chiunque vinca la battaglia interna, si mettano a lavorare seriamente insieme, partendo dalla base culturale a cui fa bene riferimento Gianni Cuperlo. Forse Stefano Bonaccini provenendo dall’esperienza governista del PD è portato a sottovalutare il retroterra culturale di riferimento. Forse Paola De Micheli non riesce a captare la portata storica dell’incontro fra cultura comunista e cattolica. Forse Elly Schlein vola fin troppo alto rischiando di bruciarsi le ali.

Voglio concedere attenzione critica a questi personaggi per valutarne la capacità di trascinare il PD fuori dalle secche tattiche per tornare ad una sinistra valoriale e coraggiosa. Rimango piuttosto scettico, ma questo non deve impedirmi di emozionarmi, sperare e sognare ad occhi ben aperti, mentre sembra che tutto spinga tutti a “credere, obbedire e combattere”.