I becchini costituzionali

Don Andrea Gallo, in clima di inquisizione, andò a confronto con un pezzo grosso del Vaticano, che gli chiese conto del suo ardito operato. «Io non faccio altro che applicare il Vangelo!» rispose serenamente il sacerdote. L’inquisitore rimase disarmato e ribatté: «Se la metti su questo piano…». «E su che piano la dovrei mettere?» disse in conclusione don Gallo.

Le prime scelte istituzionali della destra uscita vincente dalle urne vengono giustamente analizzate in modo critico: si sono insediati due presidenti delle Camere a dir poco discutibili. Uno, Ignazio La Russa, ha un conto aperto con l’antifascismo, l’altro, Lorenzo Fontana, è arroccato su principi reazionari in materia di diritti civili, di rapporti internazionali, di europeismo e di laicità dello Stato. Non sono per niente a posto con il dettato costituzionale. Per loro vale a rovescio il suddetto episodio capitato a don Gallo. Non possono purtroppo affermare di richiamarsi alla Costituzione.

Ebbene, la difesa d’ufficio da parte dei loro sostenitori chiede sostanzialmente di sospendere il giudizio in attesa del comportamento futuro nell’ambito delle funzioni assegnate. In fin dei conti – è questo l’altro argomento addotto – i presidenti dei due rami del Parlamento non devono governare, ma solo garantire il corretto svolgimento dei lavori parlamentari. E poi, aggiungono, se la destra ha vinto le elezioni, ha il diritto di esprimere le proprie candidature per gli incarichi istituzionali.

Quando si giudica, a torto o a ragione, un qualsiasi personaggio, lo si fa in base al suo passato, altrimenti, guardando solo al futuro, non si potrebbe giudicare nessuno. Questi signori hanno un passato che di Costituzione non ha neanche l’aria, sono dei trasgressori in pectore della Carta, hanno inanellato una serie di violazioni verbali, e non solo verbali, a dir poco inquietante.

La Russa di essere definito fascista si è detto più volte onorato e di non essere antifascista si è più volte fatto vanto; negli anni settanta a Milano era noto come “il camerata la rissa”; il braccio destro l’ha alzato con arroganza in pubblico più di una volta; esibisce orgogliosamente un’autentica collezione di cimeli mussoliniani e fascisti.  Fontana definisce come schifezza le unioni omosessuali, ammira Putin, salutava come amici i neonazisti greci di Alba Dorata, non credeva nell’euro e vaneggiava di uscite concordate dall’area europea.

Un politico italiano, prima di ricoprire qualsiasi incarico pubblico, dovrebbe essere sottoposto virtualmente alla prova finestra della Costituzione, una specie di inevitabile esame preventivo alla luce del suo passato: La Russa e Fontana ne escono molto male. Non è serio concedere loro il beneficio d’inventario: l’eredità antifascista e costituzionale non si può discutere e tanto meno rifiutare. “Sit a pòst coi sindacät?” è un’espressione dialettale per significare in senso stretto il rigoroso rispetto delle regole nei rapporti di lavoro, ma anche, allargando il discorso, nei rapporti in genere. A quanti sono chiamati a ricoprire incarichi pubblici a livello istituzionale bisognerebbe chiedere: “Sit a pòst con la Costitusión?”.

Quanto ai risultati elettorali che ne legittimerebbero comunque la nomina, ho seri dubbi che la maggioranza degli italiani li veda con piacere o almeno con sguardo attendista. Un conto è parlare di morte (un voto a destra), un conto è morire (dando le Camere in mano a due autentici becchini costituzionali).

Auguro lunga e sana vita a Sergio Mattarella, ma proviamo a pensare se dovesse mai provvisoriamente essere sostituito da Ignazio La Russa: non mi sentirei affatto tranquillo per i suddetti motivi e perché non potrebbe rappresentare l’unità nazionale, ma la divisione nazionale, ancora e sempre valida, tra fascisti e antifascisti (è un discrimine che la storia non potrà mai superare).

Se mai Lorenzo Fontana nella sua qualità di presidente della Camera italiana dovesse incontrare associazioni impegnate nel campo Lgbt o addirittura politici italiani e stranieri in odore di omosessualità, dovrebbe dirsi “schifato” salvo fare buon viso a cattiva sorte. Ci rendiamo conto?

In questi giorni ho provato a scorrere l’elenco dei presidenti di Camera e Senato che si sono succeduti dal 1948 in avanti. Mi sono fermato alla cosiddetta prima repubblica, perché nella seconda, quella in cui stiamo vivendo, certi principi hanno cominciato berlusconianamente a scricchiolare. Riporto di seguito alcuni nomi di diversa estrazione politica. Per il Senato: Cesare Merzagora, Amintore Fanfani, Giovanni Malagodi, Giovanni Spadolini. Per la Camera: Giovanni Gronchi, Giovanni Leone, Sandro Pertini, Pietro Ingrao, Nilde Iotti, Luciano Violante, Oscar Luigi Scalfaro, Giorgio Napolitano.

Mio Dio, come siamo caduti in basso!