Quando l’astensione diventa obiezione di coscienza

Franco Monaco, politico e giornalista di valore, in un articolo intitolato “Astensione, il grande male della democrazia italiana”, apparso sul mensile Jesus, scrive: «Merita interrogarsi sulle ragioni dell’astensionismo. Per titoli e con specifico riguardo al caso italiano: le regole elettorali che sottraggono al cittadino elettore la scelta dei propri rappresentanti (eclatante nelle politiche), il tramonto delle grandi narrazioni che generavano senso di appartenenza e mobilitazione, il declino dello strumento principe della partecipazione nelle democrazie rappresentative che è il partito politico, la sensazione che sia più sbrigativo e funzionale affidarsi a soluzioni di stampo tecnocratico o al leader risolutore, la diffusione dei social media  in chiave sostitutiva piuttosto che integrativa della partecipazione ai processi decisionali affidati al voto. Il voto è un’arma, una singolare opportunità. Chi si sottrare acconsente a che altri decidano per lui. Non a torto si osserva che, questa volta, la posta in gioco è singolarmente alta. Anche per il contesto internazionale in cui si inscrive. Al punto che taluni stabiliscono un paragone con il 1948. Qualche consiglio? Informarsi sui programmi e candidature, interrogarsi sulle prevedibili conseguenze del proprio voto, maturare un giudizio personale non indotto da media politicamente asserviti, dare credito infine a chi si mostra più serio e responsabile nel non promettere l’impossibile, un’offesa alla nostra intelligenza».

Mi corre l’obbligo innanzitutto di ringraziare Franco Monaco per la saggezza e l’equilibrio con cui affronta il delicato argomento dell’astensionismo, anche perché confesso di sentirmelo addosso, incerto come sono sul da farsi nella mia qualità di cittadino elettore appassionato di politica. L’analisi delle cause è, oserei dire, perfetta, così come i consigli sono molto concreti e positivi.

Non mi dilungo sulla (in)credibilità dei partiti che è sotto gli occhi di tutti e che mi sta creando un gravissimo imbarazzo: la politica sganciata dai valori e dagli ideali si riduce a bottega dell’impossibile o del “basta che sia” pur di ottenere il consenso. Di qui nasce la mia “disperata rassegnazione” alla motivata e sofferta presa di distanza.

Non sono d’accordo che l’astensione dal voto significhi automaticamente e pericolosamente una qualunquistica fuga dalle proprie responsabilità ed un mero passaggio del cerino acceso nelle mani dei concittadini elettori. Può essere, come nel mio caso, frutto di un’autentica crisi di coscienza, una sorta di desistenza da un’assurda battaglia di cui non si coglie il senso compiuto.

Pur mettendo in atti tutti suggerimenti forniti con perfetto tempismo da Franco Monaco sto arrivando, anche se non è ancora detta l’ultima parola, ad una sempre maggiore spinta verso l’astensione. Più mi informo sui programmi e più ne colgo l’inadeguatezza e la contraddittorietà, più valuto le candidature (è pur vero che la politica cammina sulle gambe degli uomini e delle donne) e più mi convinco di una drammatica carenza di classe dirigente ai vari livelli (salvo pochissime e oserei dire irrilevanti eccezioni). Più leggo ed ascolto, nel modo più oggettivo e imparziale possibile, le proposte elettorali, raffrontandole con la drammaticità dei problemi, e più mi convinco della loro superficialità ed inconsistenza.

Sto provando a ripiegare, persino sentimentalmente, sulla posta in gioco: arrivo persino a ipotizzare un pericolo di ritorno in chiave populista e sovranista ai fantasmi (?) del fascismo. Più di così… Ebbene, anche mettendomi su questo piano inclinato, non riesco a scovare il bandolo della matassa per una seria e credibile diga alle derive antistoriche che stiamo rischiando. La destra ci sguazza dentro, la sinistra ci sguazza fuori.

Anche il discorso del “meno peggio”, che mantiene anche teoricamente una sua ragion d’essere non mi aiuta più di tanto: sono stanco di rincorrere il meno peggio, rimanendo regolarmente deluso ed umiliato. Meglio puntare al meglio magari facendo una pausa di riflessione ed osservazione. In fin dei conti la politica è importantissima, ma non è tutto nella vita individuale e collettiva. Qualcuno ha affermato che la democrazia comincia il giorno dopo delle elezioni. Ebbene si può forse saltare direttamente al dopo.

Sto persino provando a ragionare solo nel mio cervello e a farmi condizionare dalla coscienza maturata nel tempo, a rinverdire gli insegnamenti paterni, a ripercorrere le mie esperienze di impegno e partecipazione, lasciando perdere il frastuono della propaganda e persino quello delle più sofisticate e colte analisi. Può darsi che sia questo il percorso giusto. Me lo auguro. Se arriverò alla probabile decisione di astenermi lo avrò comunque fatto non alla leggera e dopo un pur sempre utile esercizio culturale. Se mi rassegnerò al voto, che Dio mi e ci illumini. Rinnovo comunque un sentito grazie a Franco Monaco!