La grattata in retromarcia

Era la prima messa da cardinale per Cantoni. E Delpini, alla guida della delegazione dei vescovi lombardi, ha preso la parola: «Mi faccio voce della Conferenza episcopale lombarda e di tutte le nostre chiese… Ci sono state delle persone un po’ sfacciate che si sono domandate perché il Papa non abbia scelto il metropolita (Delpini, ndr) per fare il cardinale e abbia scelto invece il vescovo di Como. Ora io credo che ci siano delle buone ragioni per questo. Naturalmente interpretare il pensiero del Santo Padre è sempre un po’ difficile perché forse vi ricordate quell’espressione altissima di una sapienza antica che diceva che tre sono le cose che neanche il Padreterno sa: una è quante siano le congregazioni delle suore, l’altra è quanti soldi abbia non so quale comunità di religiosi e la terza è che cosa pensino i gesuiti. Ma in questa scelta mi pare si riveli chiaramente la sapienza del Santo Padre».

Perché ha optato per il vescovo di Como per essere un suo particolare consigliere? Io ho trovato almeno tre ragioni. La prima è che il Papa deve aver pensato che l’arcivescovo di Milano ha già tanto da fare, è sovraccarico di lavoro, e quindi ha detto: bisogna che lavori un po’ anche il vescovo di Como e quindi ha pensato di dare un po’ di lavoro anche a te (rivolgendosi a Cantoni, ndr). La seconda ragione è che probabilmente il Papa ha pensato: quei bauscia di Milano non sanno neanche dov’è Roma, quindi è meglio che non li coinvolga troppo nel governo della Chiesa universale. E forse c’è anche un terzo motivo. Se mi ricordo bene, il Papa è tifoso del River (in realtà Jorge Mario Bergoglio tifa per il San Lorenzo, ndr) che non ha mai vinto niente, e forse ha pensato che quelli di Como potrebbero essere un po’ in sintonia perché si sa che lo scudetto è a Milano». (Domenico Agasso sul quotidiano “La stampa”)

Questa la notizia che ho già avuto modo di commentare con sorpresa e fastidio. Ho ritenuto opportuno riproporla perché a distanza di qualche giorno è arrivata una sorta di rettifica dall’interessato, che puzza di ravvedimento più o meno spontaneo. Riporto di seguito questa precisazione.

«Non desidero diventare cardinale, non mi sentirei proprio a mio agio». Con naturalezza e semplicità, com’è suo stile – per chi lo conosce –, l’arcivescovo di Milano Mario Delpini ha voluto chiudere il “caso” che alcuni commentatori avevano sollevato sui media dopo il discorso con il quale – con tono chiaramente scherzoso e paradossale – aveva salutato il neo-cardinale Oscar Cantoni durante la prima celebrazione pubblica con la porpora nella sua diocesi di Como, il 31 agosto, al Pontificale per il patrono sant’Abbondio. «Volendo essere un po’ spiritoso nel salutare un caro amico, non sono stato capito nelle mie reali intenzioni – ha spiegato Delpini al termine della celebrazione nel Duomo di Milano per l’apertura dell’anno pastorale diocesano nella festa di Maria Nascente, cui è intitolata la Cattedrale –. Sono contento per la nomina di Oscar; ho molta stima di lui, lo conosco da tempo e penso possa dare buoni consigli al Papa». Quanto alla diocesi ambrosiana, che per gli stessi commentatori sarebbe “declassata” per non avere un cardinale come arcivescovo, Delpini ha detto che «la Chiesa di Milano non deve sentirsi diminuita nel suo prestigio e nella sua bellezza se il vescovo, o almeno questo vescovo, non è cardinale. E l’ultima cosa che voglio dire – ha aggiunto – è che io sono del tutto d’accordo con il Papa che non procede per inerzia nella scelta dei cardinali, ma prende decisioni con criteri che lui ritiene opportuni». (dal quotidiano “Avvenire”)

I casi sono due: o Mario Delpini è dotato di “spirito di patate” nel qual caso farebbe meglio a non utilizzarlo oppure è sincero a costo di apparire invidioso e rancoroso e quindi tra le sue due performance quella giusta mi sembrerebbe la prima in quanto la seconda appare “spintanea” ed enfatizzata – si può capire benissimo – dal giornale della Cei “Avvenire”, che ha inteso così dare una mano al vescovo di Milano infilatosi in una assurda “polemichetta” da quattro soldi con papa Francesco. Incidente aperto e chiuso in stile perfettamente clericale e/o curiale.

Se proprio Delpini moriva dalla voglia di fare dell’ironia sui cardinali poteva ricorrere alla gustosa barzelletta che dicono piacesse molto a papa Giovanni Paolo ll.

“Dio Padre osserva, con attenzione venata da una punta di scetticismo, l’attivismo dei cardinali di Santa Romana Chiesa, ma non riesce a capire fino in fondo lo scopo della loro missione. Con qualche preoccupazione decide di interpellare Dio Figlio in quanto, essendosi recato in terra, dovrebbe avere maggiore dimestichezza con questi importanti personaggi a capo della Chiesa da Lui fondata. Dio Figlio però non fornisce risposte plausibili, sa che sono vestiti con tonache di colore rosso porpora a significare l’impegno alla fedeltà fino a spargere il proprio sangue, constata la loro erudizione teologica, la loro capacità diplomatica, la loro abilità dialettica, ma il tutto non risulta troppo convincente e soprattutto rispondente alle indicazioni date ai discepoli prima di salire al cielo.  Anche Dio Figlio non è convinto e quindi, di comune accordo, decidono di acquisire il parere autorevole di Dio Spirito Santo, Lui che ha proprio il compito di sovrintendere alla Chiesa.  Di fronte alla domanda precisa anche la Terza Persona dimostra di non avere le idee chiare, di stare un po’ troppo sulle sue ed allora il Padre insiste esigendo elementi precisi di valutazione, minacciando un intervento diretto piuttosto brusco e doloroso. A quel punto lo Spirito Santo si vede costretto a dire la verità ed afferma: «Se devo essere sincero, anch’io non ho capito fino in fondo cosa facciano questi signori cardinali, sono in tanti, ostentano studio, predica e preghiera. Pregano soprattutto me affinché vada in loro soccorso quando devono prendere decisioni importanti. Io li ascolto, mi precipito, ma immancabilmente, quando arrivo col mio parere, devo curiosamente constatare che hanno già deciso tutto!»”

Oppure, se desiderava dare un “colpetto” al Vaticano con tutto quel che contiene, poteva richiamare una piccante barzelletta di don Andrea Gallo, che a suo tempo fece incazzare il vescovo di Parma monsignor Enrico Solmi: «Voi sapete che nella nostra Santa Madre Chiesa, uno dei dogmi più importanti è la Santissima Trinità: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. L’amore e la comunione vanno in tutto il mondo, e si espandono. Lo Spirito Santo dice: “Andiamo a farci un giro. Io sono affascinato dall’Africa”.  Il Padre risponde: “Be’, io andrò a vedere il paradiso delle Seychelles. Perché non capisco come mai i miei figli e figlie hanno il paradiso in terra”. Gesù ascolta e non risponde. Allora gli altri due: “Tu non vai?” Gesù: “Io ci son già stato duemila anni fa”. “Non ci farai mica far la figura che noi andiamo e tu rimani”, gli dicono in coro il Padre e lo Spirito Santo. “Va be’, allora vado anch’io”. “Dove vai?” “A Roma”. “Sì, ma a Roma dove vai?” “Vado in Vaticano”. “In Vaticano?”, dicono increduli il Padre e lo Spirito Santo. Gesù risponde: “Eh sì, non ci sono mai stato”».

Morale della vicenda: l’ironia bisogna saperla fare, in caso contrario diventa penosa copertura del proprio velenoso pensiero.  Molto meglio allora esprimere apertamente il proprio giudizio senza infingimenti, senza tirare il sasso per poi nascondere la mano.  E per il vescovo Mario Delpini vita-vita…vita!