La diplomazia Pelosa e il trio lescandol

La presidente della Camera dei rappresentanti Usa, Nancy Pelosi, è atterrata a Taiwan e la sua prima dichiarazione è stata riaffermare che l’impegno degli Stati Uniti per una Taiwan democratica è “oggi più importante che mai” e assicurando che la visita – fermamente condannata da Pechino – “non contraddice” la politica di Washington sulla Cina.

“La visita della nostra delegazione del Congresso a Taiwan onora l’impegno incrollabile dell’America nel sostenere la vibrante democrazia di Taiwan”, ha detto Pelosi in una dichiarazione poco dopo l’atterraggio.

La speaker ha aggiunto che la visita della sua delegazione al Congresso, che dovrebbe concludersi domani pomeriggio, è completamente in linea con la politica statunitense di lunga data su Taiwan. “I colloqui con la leadership taiwanese si concentreranno su interessi condivisi, incluso il progresso di un Indo-Pacifico libero e aperto”, ha spiegato Pelosi.

“La solidarietà dell’America con i 23 milioni di persone di Taiwan è oggi più importante che mai, poiché il mondo deve scegliere tra autocrazia e democrazia”, si legge nella dichiarazione della presidente della Camera.

Il portavoce della Sicurezza nazionale, John Kirby, ha tenuto a precisare che “gli Usa non sostengono l’indipendenza di Taiwan e continuano a supportare la politica dell'”Unica Cina”. “È un suo diritto” visitare Taiwan, ha insistito il funzionario della Casa Bianca ripetendo che nella visita di Nancy Pelosi non c’è nessuna violazione della sovranità della Cina.

Non è dello stesso parere il ministero degli Esteri cinesi, secondo il quale la visita del presidente della Camera costituisce “una grave violazione del principio della Cina unica e delle disposizioni contenute in tre comunicati congiunti Cina-Usa”. Il ministero nella nota dichiara di opporsi “con fermezza” alla visita. Una “condanna severa” alla quale fa seguito un avvertimento: “Queste mosse, come giocare con il fuoco, sono estremamente pericolose. Coloro che giocano con il fuoco andranno in rovina per questo”. (Quotidiano Avvenire del 03 agosto 2022).

Siccome anche l’inadeguatezza diplomatica di chi ha in mano i destini del mondo ha un limite, non mi sento di insistere oltre nel sottolinearla e riprovarla, preferisco trovare un’altra spiegazione plausibile per questo gioco al massacro in cui tutti soffiano sul fuoco sperando di spegnerlo, anzi pensando di allargarlo a tal punto da renderlo innocuo o purificatore.

Quando si butta all’aria l’ordine, di qualsiasi tipo esso sia, si è portati istintivamente ad approfittare dell’occasione per rimettere in discussione tutto in modo da ripartire daccapo e impostare una nuova situazione. La mossa diplomatica (?) di Nancy Pelosi sembra rientrare in questa logica poco razionale e molto istintiva: un avvertimento lanciato alla Cina in un momento in cui più che di avvertimenti ci sarebbe bisogno di ragionamenti.

A cosa e a chi servano queste schermaglie non è facile da capire: gli Usa sentono la necessità di recuperare protagonismo e forza contrattuale, la Cina cerca alibi per continuare un gioco sporco e complicato in cui rischia di rimanere invischiata più economicamente che militarmente. Una cosa è certa: la partita non si gioca solo tra Usa e Russia, ma la Cina aspetta di entrare in campo, anzi è già in campo. E l’Europa sta a guardare.

Ai tempi della pre-globalizzazione si pensava che la partita multilaterale significasse una qualche garanzia in più per la coesistenza pacifica: molti contendenti potevano evitare il prevalere di una parte e costringere tutti a patti di non belligeranza. La globalizzazione ha scombussolato la situazione e ha fatto impazzire le parti in una sorta di guerra di tutti contro tutti. Anziché semplificare i rapporti si tende a complicarli per trarne il maggior profitto possibile.

Non credo che le mosse diplomatiche americane siano “voci del sen fuggite” da cui non si possa tornare indietro. Alle ripetute ed aggressive gaffe di Biden si aggiungono adesso le mosse della presidente della Camera dei rappresentanti. È pur vero che le seconde file diplomatiche intervengono sempre ad ammorbidire i toni ed a smorzare le polemiche, che tuttavia divampano a più non posso. Dove si vuole parare? Sono sempre più d’accordo con Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, il quale non si fida né della diplomazia né della Nato.

E di chi ci si può fidare? Pensate un po’ gli italiani sono tentati di fidarsi o addirittura di affidarsi al “trio lescandol” della politica nostrana in chiara combutta con quella internazionale (Usa, Russia e Cina). Non c’è bisogno di spiegare chi faccia parte del trio lescandol: versione dialettale e triviale del celebre Trio Lescano, che in uno dei periodi più bui della storia dell’umanità, prima e dopo la Seconda Guerra Mondiale, si è imposto come una delle presenze più importanti della musica italiana.