Quel treno per Kiev

Il viaggio di Draghi, Macron e Scholz in Ucraina ha avuto più il sapore di un pellegrinaggio che di una missione politico-diplomatica. Probabilmente è servito a ricompattare la linea dei Paesi a più forte impatto europeo anche se ha finito con lo scavalcare le istituzioni della Ue ridotte a colabrodo. Speravo che comunque potesse servire a sbloccare la rigida posizione di Zelensky, ma sembra che il presidente ucraino abbia risposto picche rinviando l’apertura di negoziati con la Russia ad un futuro piuttosto lontano.

Possibile, mi sono chiesto, che, a fronte di aiuti umanitari notevoli, di ulteriori forniture di armi, di offerta dello status di Paese richiedente l’entrata in Europa (una sorta di anticamera lunga ma comunque promettente), di sostegno nella impegnativa opera di ricostruzione del Paese distrutto, non siano riusciti ad ammorbidire l’atteggiamento ucraino rigidamente attestato sul fronte di una pur eroica resistenza?

Può darsi che l’ufficialità non corrisponda in tutto alla realtà: me lo auguro. Finita questa mission impossible, la Nato si è affrettata a ribadire che si tratterà di una lunga guerra in cui guai a defilarsi e a non appoggiare fino in fondo l’Ucraina. Potrebbe essere il contentino politico per un rallentamento diplomatico dello scontro. Zelensky ha ribadito che occorre attendere l’esito della controffensiva ai reiterati attacchi russi. Potrebbe essere l’incoraggiamento a resistere ulteriormente per l’esercito e il popolo ucraini probabilmente stremati.

Le trattative vere e proprie si svolgono sotto traccia al punto che la storia insegna come in certi casi gli eserciti abbiano continuato a combattere nonostante il quasi raggiungimento di accordi di cessate il fuoco. Si tratta dei misteri della guerra, facile da far scoppiare, difficilissima da fermare.

Io non condivido la deriva bellicista spacciata per inevitabile difesa di un popolo aggredito. Ascolto e condivido pienamente il pensiero di papa Bergoglio, che, in una intervista rilasciata ai direttori delle riviste della Compagnia di Gesù, si è così espresso in merito alla necessità di comunicare correttamente la situazione bellica che si sta vivendo in Ucraina: «Dobbiamo allontanarci dal normale schema di “Cappuccetto rosso”: Cappuccetto rosso era buona e il lupo era cattivo. Qui non ci sono buoni e cattivi metafisici, in modo astratto. Sta emergendo qualcosa di globale, con elementi che sono molto intrecciati tra di loro. Un paio di mesi prima dell’inizio della guerra ho incontrato un capo di Stato, un uomo saggio, che parla poco, davvero molto saggio. E dopo aver parlato delle cose di cui voleva parlare, mi ha detto che era molto preoccupato per come si sta muovendo la Nato. Gli ho chiesto perché e mi ha risposto: “Stanno abbaiando alle porte della Russia. E non capiscono che i russi sono imperiali e non permettono a nessuna potenza straniera di avvicinarsi a loro”. Ha concluso: “La situazione potrebbe portare alla guerra”. Questa era la sua opinione. Il 24 febbraio è iniziata la guerra. Quel capo di Stato ha saputo leggere i segni di quel che stava avvenendo. Quello che stiamo vedendo è la brutalità e la ferocia con cui questa guerra viene portata avanti dalle truppe, generalmente mercenarie, utilizzate dai russi. E i russi, in realtà, preferiscono mandare avanti ceceni, siriani, mercenari. Ma il pericolo è che vediamo solo questo, che è mostruoso, e non vediamo l’intero dramma che si sta svolgendo dietro questa guerra, che è stata forse in qualche modo o provocata o non impedita. E registro l’interesse di testare e vendere armi. È molto triste, ma in fondo è proprio questo a essere in gioco».

Qualcuno sostiene che papa Francesco non abbia senso politico a differenza di parecchi suoi predecessori. Cosa si intende per senso politico? Lasciare l’Ucraina al proprio martirio in nome del famigerato discorso dell’armiamoci e partite? Dare per scontate le guerre facendole risalire all’istinto di Caino? Ritenere che a volte siano il male minore, un prezzo da pagare per tenere in equilibrio il mondo?

Non ho sentito in questo periodo nessun governante fare discorsi di pace e visto nessuna mossa effettiva verso la ricerca della pace. Forse solo Sergio Mattarella ha espresso qualche timida avance di questo tipo: ha l’innegabile sensibilità che lo rende veramente credibile e la consapevolezza di rappresentare un popolo, che, pur con tanti difetti, non ne vuol più sapere di guerre. Sarà lui il capo di Stato a cui fa riferimento il papa? Troppo bello per essere vero! Io quasi quasi prendo il treno e vado da Bergoglio e Mattarella. Infatti il treno dei desideri nei miei pensieri all’incontrario va…rispetto a quello di Draghi, Macron e Scholz.