La politica ridotta a ghiacciolo

Il dizionario della lingua italiana così definisce il civismo: “Osservanza delle norme del vivere civile, dettata dal rispetto per i diritti altrui e dalla consapevolezza dei propri doveri”. Applicato alla politica il termine assume un carattere di richiamo della stessa ad avere quale presupposto fondamentale il rispetto delle regole del vivere civile.

La presenza di liste civiche a livello di competizione elettorale dovrebbe suonare come provocazione ai partiti, ritenuti incapaci di assolvere al loro compito di rappresentanza democratica dei cittadini e delle loro istanze.

Le forze politiche hanno trovato il modo di giubilare questo discorso, facendosi promotrici esse stesse di liste civiche fiancheggiatrici, che stanno diventando veri e propri specchietti per le allodole: non c’è candidato sindaco che si rispetti che non abbia una o più liste civiche di appoggio, magari intestate alla propria persona. C’è da perderci la testa in mezzo ad un profluvio di slogan civici prestati alla politica.

Non è una cosa seria. Non si tratta di strumenti di partecipazione, ma di mezzucci per accalappiare consensi per interposta lista. Cosa fa un politico in dissenso con il proprio partito? Promuove una lista civica per rompere i coglioni al partito stesso. Cosa fa un candidato per allargare i suoi consensi al di fuori del partito di sua provenienza? Incoraggia la nascita di liste fiancheggiatrici, che buttino fumo negli occhi agli elettori.

Assistiamo al progressivo fenomeno del personalismo in politica, che nulla ha da spartire col leaderismo, anzi ne è proprio la negazione. Il vero leader trova riconoscimento e investitura all’interno del partito o del movimento, il personaggio è una creatura che viene catapultata nell’agone politico in base a criteri mediatici a prescindere da storia, identità, cultura e coerenza.

L’inflazione porta inevitabilmente alla svalutazione della moneta, l’abuso delle liste civiche porta allo snaturamento della politica ridotta a macchina del consenso. Vengo al caso concreto del comune di Parma e della sua attuale bagarre elettorale. L’esempio più calzante è quello di Dario Costi, candidato civico appoggiato da quattro liste civiche: civiltà parmigiana, un progetto di comunità con Dario Costi sindaco, ora con Dario Costi sindaco, generazione Parma. Si tratta di un’abile manovra che finge di avere solo scopi civili e sociali per essere in realtà una proposta politica bella e buona al di fuori e al di sopra dei partiti. Roba peraltro vecchia come il cucco. Non conosco Dario Costi, non conosco i promotori delle liste che lo hanno sostenuto, ho presente soltanto civiltà parmigiana di ubaldiana memoria.

Ho bisogno di vedere oltre la faccia, di andare oltre le etichette, di capire cosa c’è dietro, non mi può bastare una generica alternativa agli schemi partitici, non posso giudicare chi non si mette in grado di essere giudicato: la politica è un discorso molto serio e complesso che non accetta facili scorciatoie.

A margine dello spoglio elettorale, allorquando si stava configurando una discreta affermazione di questa candidatura che ha ottenuto un 13-14% dei voti, Dario Costi si è presentato ai microfoni di 12 Tv Parma succhiando un ghiacciolo e ostentando tale succhiata per tutto il tempo dell’intervista: forse voleva dare un presuntuoso schiaffo sberleffeggiante alla politica e ha finito per mancare di buona educazione, senza accorgersi che la sua consistenza politica si scioglieva assieme al ghiacciolo. Il civismo che si è morso la coda. Mi pare l’impietosa fotografia della volpe che rinuncia all’uva ripiegando sulla leccata di qualche graspo rosso. Se questo è il civismo, lunga vita ai partiti. Appuntamento alla prossima occasione da (non) perdere.