Il “santucionismo” vaticano

Il cardinale Joseph Zen, 90 anni, è stato arrestato dalle autorità di Hong Kong, della quale diocesi è stato a lungo vescovo cattolico. Il cardinale è stato fermato ieri sera in relazione al suo ruolo di amministratore del “612 Humanitarian Relief Fund”‘, che ha sostenuto i manifestanti pro-democrazia nel pagamento delle spese legali che dovevano affrontare. Aperto difensore dei diritti democratici a Hong Kong e nella Cina continentale, il cardinale Zen ha spesso assistito alle udienze che vedono imputati politici e attivisti filo-democratici, finiti alla sbarra con l’accusa di aver violato il provvedimento sulla sicurezza nazionale.
Zen è un aperto sostenitore del movimento pro-democrazia.

Salesiano, creato cardinale nel 2006 ha lasciato l’incarico di vescovo di Hong Kong nel 2009, ma ha continuato ad essere nel mirino del governo centrale di Pechino per le sue posizioni in merito al rispetto dei diritti umani e politici in Cina.

A riferire dell’arresto sono stati i media locali, che dopo diverse ore hanno anche fatto sapere che il vescovo è stato rilasciato su cauzione. L’arresto e le accuse restano confermati.

“La Santa Sede ha appreso con preoccupazione la notizia dell’arresto del cardinale Zen e segue con estrema attenzione l’evolversi della situazione”. Lo afferma il direttore della sala stampa vaticana Matteo Bruni. (dal quotidiano Avvenire).

La notizia, mentre la dice lunga sul regime esistente in Cina (una sorta di vomitevole polpettone fra il peggio del sistema comunista e di quello capitalista), suscita grande ammirazione per la Chiesa cattolica capace di testimoniare convintamente la propria fede schierandosi dalla parte della democrazia. Non entro nel delicatissimo discorso della compatibilità fra l’azione della Chiesa cinese sempre al limite del “martirio” e la diplomazia vaticana che tratta col regime cinese per trovare un modus vivendi. Non siamo lontanissimi dalle posizioni di certa Chiesa ortodossa che punta, a tutti i costi, al quieto spadroneggiare con la Russia di Putin. Già questa sarebbe una contraddizione meritevole di parecchia riflessione e revisione, tuttavia per il momento non voglio addentrarmi in questo terreno minato e preferisco virare su un altro fatto.

Sono passati due anni dal decreto emesso dal Vaticano che ha portato all’allontanamento da Bose di Enzo Bianchi e nuovi dettagli svelano come sull’ex priore della Comunità – oggi accasatosi in un nuovo cascinale a pochi chilometri da Bose – la scure della Santa Sede riguardi anche la sua attività di conferenziere in giro per le diocesi italiane. Una lettera del segretario di Stato vaticano Pietro Parolin inviata ai vescovi italiani, datata gennaio 2020 e pubblicata dal Domani, infatti, contiene un invito esplicito a considerare se sia opportuna la presenza di Bianchi nelle iniziative diocesane di formazione e predicazione.

Il decreto con il quale la Santa Sede aveva estromesso Bianchi dalla sua comunità spiegava che “dopo le dimissioni spontanee dalla carica di priore” lo stesso Bianchi “ha mostrato di non aver rinunciato effettivamente al governo, interferendo in diversi modi, continuamente e gravemente sulla conduzione della medesima comunità e determinando una grave divisione nella vita fraterna”. E ancora: “Si è posto al di sopra della regola della comunità e delle esigenze evangeliche da esse richieste, esercitando la propria autorità morale in modo improprio, irrispettoso e sconveniente nei confronti dei fratelli della comunità provocando lo scandalo”. Ma nella sua lettera Parolin va oltre, affermando che “nel tempo intercorso dal Decreto singolare a oggi, sono giunte alla segreteria di Stato ulteriori testimonianze e documentazioni che hanno consentito di avere un quadro complessivo della gestione dell’autorità e dei comportamenti in vari ambiti di Fr. Enzo Bianchi, ancor più grave di quanto già verificato in sede di visita apostolica”. Quali siano esattamente i comportamenti più gravi, tuttavia, non viene specificato.

Di certo la lettera di Parolin non ammette dubbi su cosa pensi il Vaticano sul suo immediato futuro. L’auspicio della Santa Sede sembra essere di un ritiro sostanzialmente eremitico, lontano dall’attività a lungo perseguita di conferenziere stimato dai vescovi e amato da moltissimi fedeli. (così Paolo Rodari su “La Repubblica”).

La Chiesa è bella perché è varia. Da una parte si combatte a favore della democrazia, della giustizia e della pace, dall’altra si tratta col diavolo cinese in nome di una fantomatica “realcatholik”, dall’altra ancora si “scomunica” un autorevole testimone del Vangelo come Enzo Bianchi, emarginandolo dalla comunità e impedendogli di esercitare la sua attività, senza peraltro chiarire le motivazioni di un simile gravissimo provvedimento.

Non capisco questa schizofrenia vaticana e non so fino a qual punto il papa sia coinvolto e responsabile di queste scandalose contraddizioni. Non si può infatti predicare bene all’esterno e razzolare male all’interno della Chiesa. Gesù non ha trattato con Pilato in difesa del suo gruppo di seguaci: se lo avesse fatto avrebbe sicuramente strappato qualche concessione, giocando magari sull’antipatia romana verso l’establishment giudeo. Gesù non ha emarginato e squalificato Pietro e gli altri imbelli apostoli, rei di colpe sicuramente ben più gravi di quelle (presunte) di Enzo Bianchi.

E allora come la mettiamo? È proprio vero che si è portati a fare i bravi ragazzi fuori casa salvo poi sfogarsi malamente all’interno delle mura domestiche. Le persone che si comportano così in dialetto parmigiano vengono definite “santución”, vale a dire falsi devoti, bigotti, ipocriti, baciapile.

Il fatto che la Santa Sede abbia appreso con preoccupazione la notizia dell’arresto del cardinale Zen e segua con estrema attenzione l’evolversi della situazione, non la toglie dall’odore di “santucionismo”. L’accanimento assai poco terapeutico con cui viene trattato Enzo Bianchi è comunque inconcepibile al di là di sue eventuali e mai spiegate manchevolezze e ributta la Chiesa in pieno clima inquisitorio.

So benissimo che l’atteggiamento morbido verso il regime cinese punta al riassetto religioso della Chiesa in quel Paese, a riunificare sostanzialmente le due Chiese cinesi, una fedele a Roma e una che accetta i condizionamenti del regime. C’è sempre un “buon” motivo per scantonare. So benissimo che Enzo Bianchi poteva dare fastidio ed essere un elemento di frizione e di rottura, ma la ricerca e la difesa del quieto vivere non può essere lo stile ecclesiale.

Dice papa Francesco: «Per favore, che nelle vostre comunità mai ci sia indifferenza. Comportatevi da uomini. Se sorgono discussioni o diversità di opinioni, non vi preoccupate, meglio il calore della discussione che la freddezza dell’indifferenza, vero sepolcro della carità fraterna». Sono d’accordo e mi chiedo quindi il perché di tanta preoccupazione verso Enzo Bianchi, il perché di tanta ostinazione nel volerlo zittire.

Quando vedo l’ostracismo delle gerarchie verso cristiani rei di dire e testimoniare la loro opinione mi sovviene il trattamento speciale riservato in quel di Parma a don Luciano Scaccaglia. Riporto al riguardo un episodio come lui stesso me lo ha riferito. Una mattina il vescovo Solmi si precipitò in S. Cristina richiamato dal contenuto di un cartellone esposto davanti alla chiesa. Con toni piuttosto aspri voleva imporre la rimozione della scritta a suo dire sconveniente e scandalosa. Dopo qualche scaramuccia verbale don Luciano chiese al vescovo: «Ma tu conosci l’origine di questa frase? Evidentemente no, altrimenti non me la faresti togliere. Si tratta di un breve stralcio dello storico patto delle catacombe, siglato da alcuni autorevoli padri conciliari a latere del Vaticano II. L’ignoranza è una gran brutta cosa…». «Allora, ripiegò il vescovo in difesa, togli almeno l’incipit di enfatica presentazione…». Don Luciano lo accontentò. Nell’allontanarsi il vescovo, piuttosto innervosito e acido, disse ironicamente a don Luciano: «Ciao…e salutami il tuo amico Ennio Mora…». Questo provocatorio, indiretto ed inopinato saluto mi ha inorgoglito: ero e sono onorato di essere considerato un cristiano trasgressivo.

Se il mio amico don Scaccaglia invitava l’assemblea ad applaudire alla Parola di Dio, apriti o cielo; se si circondava di bambini durante il canone eucaristico, vade retro Satana; se incarnava l’omelia nei fatti della società, della comunità civile e religiosa, faceva propaganda politica; se pubblicava le sue omelie sul settimanale “La voce di Parma”, era roba da scomunica al solo pensiero che questo giornale pubblicasse, all’interno di una gustosa ed intelligente rubrica di gossip, qualche fotografia un po’ osé. Ma il problema consisteva nel fatto che le omelie di don Scaccaglia parlavano troppo dei poveri, degli immigrati, degli ultimi; in esse si denunciavano le ingiustizie, si censuravano certi comportamenti della Chiesa Cattolica, si criticava il regime, non si facevano sconti agli uomini di potere. È sempre la solita storia…che assomiglia molto a quella di Enzo Bianchi.