Il democratico pensiero unico bellicista

Giorno dopo giorno ci si accorge sempre più di quanto sia divisivo il discorso della guerra in generale e di quella in Ucraina in particolare. Le diverse opinioni si pongono a tutti i livelli e in tutti i campi. Ragion per cui, secondo l’andazzo pseudo-culturale, bisogna difendersi dal pericoloso confronto, mettendo in campo il cosiddetto pensiero unico bellicista.

Partiamo dalla politica, intendo riferirmi soprattutto ai partiti e ai loro esponenti. Nei giorni scorsi ho salutato con grande favore le dichiarazioni pacifiste di Graziano Delrio, il quale per la verità non ha nascosto onestamente che nel suo partito, il Pd, ci siano tante sensibilità anche sul discorso guerra/pace. Infatti, a poche ore di distanza dall’intervista di Delrio, è intervenuto il ministro piddino della difesa, Lorenzo Guerini, per ribadire, più o meno, che nel rispetto dell’obiettivo del raggiungimento delle spese militari pari al 2% del Pil l’Italia si gioca la propria credibilità internazionale. Anch’io ho il sacrosanto diritto di vergognarmi e lo faccio immediatamente. È possibile vomitare una tale sciocchezza da parte di un ministro, che oltretutto proviene da una forza politica di sinistra come dovrebbe essere il Pd? L’Italia se vuole dimostrare di essere un grande Paese non lo deve fare spendendo e spandendo in armi, ma perseguendo obiettivi di sviluppo a livello interno ed internazionale e contribuendo ad instaurare un clima di dialogo e di pace. Non mi scandalizzo delle diversità esistenti nel Pd, ma dovrò pur tenerne conto se e quando deciderò di recarmi alle urne per esprimere un voto.

Discorso analogo, anche se molto più scopertamente strumentale, si può applicare al M5S: le posizioni di Giuseppe Conte e Luigi Di Maio sono divergenti sull’atteggiamento dell’Italia al riguardo delle spese militari e di tutta la tattica, se non addirittura la strategia, da adottare negli equilibri internazionali. Conte sembra essere “pacifista”, mentre Di Maio è governista (un mero e poco dignitoso ventriloquo di Draghi).

Non so fino a che punto il governo Draghi soffrirà a causa di queste divisioni, resta il fatto che esistono e vanno obiettivamente considerate, valutate e discusse. Il pensiero unico non lo consente e chi non si schiera pedissequamente dalla parte del “se vuoi la pace prepara la guerra” è considerato un ingenuo o ancor peggio un cretino o peggio ancora un amico del giaguaro Putin.

Cosa si intende per pensiero unico? La rischiosissima assenza di differenziazione nell’ambito delle concezioni e delle idee politiche, economiche e sociali. Il pensiero unico non concede dubbi, non lascia spazio e arriva addirittura ad un vero e proprio ostracismo nei confronti dei dissenzienti. Sta succedendo ad esempio nei confronti dello storico Alessandro Orsini a cui sono state chiuse le porte della Rai, perché osa teorizzare che non bisogna criminalizzare, delegittimare e sputtanare il nemico in quanto così facendo si chiude ogni e qualsiasi spazio di dialogo. Il docente di Sociologia del terrorismo ha collaborato anche con il governo. Oggi attribuisce alla Nato le responsabilità dell’invasione russa. E la Rai gli ha cancellato il contratto da duemila euro a puntata per “Cartabianca”: proprio il Pd avrebbe una sorta di particolare antipatia verso questo esperto e si sarebbe fatto promotore di questa censura.

Come leggo sul sito di Nicola Porro, fa specie che un Partito come quello Democratico, che si presenta continuamente (ipocritamente?) come campione di atlantismo e occidentalismo, disponga un’interrogazione parlamentare in Commissione di Vigilanza (e che la Rai prontamente ubbidisca) in cui si contesta un contratto stipulato dal sociologo Alessandro Orsini, definendo “assolutamente inaccettabile che le risorse del servizio pubblico radiotelevisivo vengano utilizzate per finanziare i pifferai della propaganda di Putin”. Forse improvvisamente sono diventati tutti “risparmiosi” in una Rai che spreca a tutta canna? Ci puzza di pensiero unico lontano mille miglia.

Qualcuno ritiene che anche nei confronti di papa Francesco ci sia in atto un morbido ostracismo, fatto di scarsissima attenzione ai suoi messaggi di pace, che sconvolgono le menti degli strateghi, non solo russi, ma anche occidentali. Quando ho letto il commento papale alla prospettiva di investire quote aggiuntive di fondi pubblici in spese militari, mi sono detto che un simile missile avrebbe scombussolato il mondo. Mi sono sbagliato: i media gli hanno messo la sordina e i politici hanno ridotto le parole del papa a mera timbratura del cartellino da parte della Chiesa Cattolica.

Si pensi – così annota con grande correttezza ed obiettività Marco Tarquinio, direttore di “Avvenire”, dialogando col direttore del Tg2 Gennaro Sangiuliano – ad “un commento eccessivo ed avventato, come quello incredibilmente offerto ai telespettatori da una conduttrice della pur ottima e sempre puntuale Rainews24: «Il Papa potrebbe anche tacere, in questo momento…», ha protestato con gran cipiglio in dialogo con una collega direttrice di giornale. Per qualcuno e qualcuna oggi, mentre si fa guerra aperta in Europa, è disdicevole “disturbare i manovratori”, parlando di pace e della follia di riempire l’Europa e il mondo di armi… Perciò il Papa dovrebbe star zitto. Un’enormità? Sì. O se si vuole una stridente opinione “censoria” in un altro bel tg Rai – anzi, come si dice, in un canale all-news – che come e più del tuo Tg ha correttamente dato subito conto di tutto”.

Quindi anche sul piano etico-culturale esistono le divisioni, ma non si vuole ammetterle. E questa sarebbe libertà d’informazione, democrazia a livello culturale e politico? Solo il quotidiano “Avvenire” ha il coraggio di reagire ad “un impressionante conformismo bellico e ad una sfrontata propaganda per la produzione e il commercio delle armi”, di ospitare opinioni in contro-tendenza e di occuparsi dei risvolti più impegnativi e imbarazzanti della fuga dall’Ucraina: i bambini rischiano di cadere dalla padella dell’aggressione russa alla brace dello sfruttamento sessuale, del traffico di organi e finanche delle adozioni purchessia; i rom provenienti dall’Ucraina non li vuole nessuno alla faccia del buonismo occidentale. Cosa succederà in prospettiva di fronte a flussi migratori pazzeschi ed incontenibili, senza considerare il problema delle differenze di atteggiamento a seconda della provenienza dei migranti stessi? Non se ne deve parlare.

Il problema è armi sì, armi no, anzi armi sì e armi sì. Il di più, venisse anche dal papa, viene dal maligno.