Putost che nient (Grillo) è mej putost (Berlusconi)

Da qualche tempo mi frullava nella mente un’ipotesi paradossale: se malauguratamente si presentasse l’alternativa politica, complice la sciocca automarginalizzazione della sinistra, tra il centro-destra più o meno riberlusconizzato e il movimento cinque stelle più o meno dimaiozzato, cosa si dovrebbe fare senza rifugiarsi in un pericoloso e snobistico pilatismo.

Ed ecco puntualmente materializzarsi questo sondaggio in capo a Eugenio Scalfari. Da lui in prima battuta mi sarei aspettata una risposta ironica del tipo “me ne andrei in Svizzera”, idea peraltro ironicamente già espressa qualche tempo fa in concomitanza con le scorribande di Daniela Santanché.

Ebbene Scalfari ha risposto in modo tutto sommato condivisibile, con una schiettezza che ha scandalizzato: se ho capito bene, in poche parole tra l’avventuristico vuoto pneumatico antisistema dei pentastellati   e il conformistico rigurgito berlusconiano ha scelto, turandosi il naso, il male minore e dalla torre ha buttato giù Di Maio e compagnia recitando.

C’è un modo di dire dialettale che rende assai bene l’idea delle scelte minimalistiche: “putost che nient è mej putost”. Penso che Eugenio Scalfari abbia ragionato così e tutti a dargli addosso dipingendolo quale subdolo voltagabbana rispetto al viscerale antiberlusconismo del passato.

Innanzitutto bisogna considerare che il tempo rende più disincantati i giudizi: Berlusconi a distanza di tempo resta una sciagurata opzione italiana, ma siccome alle disgrazie non c’è mai limite, anzi una tira l’altra, a volte è meglio stare, come si suol dire, nei primi danni.

Questo ragionamento paradossale, ma pragmatico, segna peraltro il fallimento della mission politica del grillismo: tanto hanno contestato e contestano a vanvera da trasformare gli italiani più avveduti negli ultimi giapponesi del sistema. Non c’è che dire, bel risultato davvero: sono riusciti a sdoganare Berlusconi. La vera riabilitazione del cavaliere probabilmente non verrà dalla Corte europea, ma è già arrivata dal velleitarismo inconcludente e pernicioso dei cinque stelle.

Non mi sono curato di seguire la coda polemica alle dichiarazioni di buon senso di Scalfari, ho la presunzione di averne colto il significato provocatoriamente allusivo e intrigante. Se da una parte, come detto, l’ipotesi di una sorta di ballottaggio fra Berlusconi e Grillo segna la clamorosa sconfitta del secondo, dall’altra comporta la constatazione della drammatica debolezza politica della sinistra.

Qualcuno prevede che le elezioni politiche si terranno in marzo del 2018 in modo da avere il tempo per ripeterle immediatamente, ovviando all’ingovernabilità e proponendo con ogni probabilità la scelta uscita per ora dal laboratorio chiacchierone della politica.

In Francia la scelta del male minore si è già verificata in un passato non troppo lontano: Chirac fece argine all’ondata della destra fascista. Alle ultime elezioni francesi ci ha pensato Macron a dribblare queste strane ipotesi minimaliste. Matteo Renzi sarà in grado di prospettare agli italiani una benefica mossa del cavallo? E se tra i due litiganti, Berlusconi e Grillo, godesse il terzo? Ma il terzo ha purtroppo la lite in casa e quindi…