Siamo alle solite: il sistema attacca se stesso come un soggetto che si guarda allo specchio e si scandalizza delle proprie vergogne. Cosa ha prodotto il nostro sistema in capo alla donna? Un cliché spaventosamente alienante e consumista. Se la donna è considerata una bambola, è consequenziale usarla come un corpo senza vita e senz’anima, per poi buttarla in un angolo o addirittura farla a pezzi. Una sorta di bambola gonfiabile o sgonfiabile a piacimento del sistema e, siccome il sistema è maschilista, la bambola fa una brutta fine. Se non si parte da questa triste realtà, le battaglie a difesa della donna rischiano di essere velleitarie e di facciata.
È perfettamente inutile ed irritante che il mondo televisivo si metta a posto la coscienza dedicando spazio alle storie di donne violentate, abusate, molestate, uccise, quando dai video pubblici e privati esce un’immagine femminile alienante e perfettamente funzionale ad un certo andazzo di sistema.
Vale lo stesso discorso per il mondo del cinema e dello spettacolo: cosa propongono in materia? Sesso associato a violenza. Uomini e donne assetati di piacere, disposti a tutto pur di placare questa sete.
E la politica? Arriva in ritardo di secoli e pensa di recuperare con i soliti discorsi. Siamo tutti contro la violenza alle donne e allora chi le violenta? Si punta a criminalizzare gli immigrati, poi si scopre che la stragrande maggioranza degli episodi contro le donne è racchiusa in famiglie perbene.
La celebrazione della giornata contro la violenza alle donne lascia purtroppo il tempo che trova. Meglio di niente, siamo d’accordo. Parlarne può essere sempre utile. Ma bisogna affondare il bisturi, altrimenti il male, molto profondo e radicato, non viene estirpato.
Ripropongo un piccolo episodio alquanto emblematico, che ho già citato in parecchie occasioni. Ricordo che, molti anni fa, monsignor Riboldi, battagliero vescovo di Acerra, durante una conferenza all’aula dei filosofi dell’Università di Parma, raccontò come avesse scandalizzato le suore della sua diocesi esprimendo loro una preferenza verso la stampa pornografica rispetto a certe proposte televisive perbeniste nella forma e subdolamente “sporche” nella sostanza. In fin dei conti, voleva dire, la pornografia pura si sa cos’è e la si prende per quello che è, mentre è molto più pericoloso il messaggio nascosto, che colpisce quando non te l’aspetti. In definitiva meglio la pornografia conclamata di quella subdola, meglio gli sporcaccioni e le sporcaccione in prima persona, nudi come mamma li fece, piuttosto degli sporcaccioni e delle sporcaccione in giacca e cravatta o in tailleur rosso sgargiante.
Il discorso vale per la pornografia, ma vale per tutta la cultura maschilista, sessista, antifemminista. I maltrattamenti, le sevizie, le mutilazioni, le uccisioni e gli stupri sono l’ultimo atto di una tragedia lunga in cui molti hanno una parte. Pensiamoci seriamente. Le bambole gonfiabili sono un grottesco diversivo in risposta alla patologia sessuale. Le bambole violentabili sono una colpevole responsabilità di un sistema malato, che non si cura coi pannicelli caldi delle giornate, delle partite, delle manifestazioni, delle cerimonie, dei convegni. Tutto serve, ma tutto ha un limite.