L’aria politica tira verso destra

I risultati delle elezioni in Austria e in Bassa Sassonia, pur non essendo istituzionalmente omogenei e politicamente analoghi, si prestano a qualche considerazione sugli schieramenti partitici che si vanno delineando in Europa ed anche in Italia.

Il primo dato emergente è lo spessore elettorale piuttosto consistente delle forze di estrema destra, che, sulle ali di assurde nostalgie, riescono a creare l’illusione di risolvere quello che molta parte della gente vive come il problema dei problemi: l’immigrazione.

Il dato preoccupante non è però il forte appeal di queste formazioni politiche estremiste, ma la loro capacità di influenzare tutto lo scenario politico, condizionando gli atteggiamenti e i programmi dei partiti di centro, costretti a rincorrere gli elettori sul terreno semplicistico dell’anti-immigrazione e dell’anti-europeismo ed a valutare eventuali alleanze su tali basi. Fino a qualche tempo fa le destre estreme esistevano, ma erano fuori gioco, confinate in un recinto reazionario, nello sfogatoio dell’anti-storia, nello spurgo delle rabbie etniche; oggi in buona parte conducono le danze.

Se in Francia è stata evitata la caduta nel precipizio lepeniano, se in Germania il centro democratico mantiene una forza tale da consentire alleanze al di fuori della destra neo-nazista, in Austria i popolari, dopo una campagna elettorale sbilanciata a destra, si trovano a valutare con molta plausibilità un’alleanza di governo con la destra estrema. Anche prescindendo dalle combinazioni post-elettorali, resta il forte condizionamento verso i partiti di centro, costretti a sopravvivere sposando politiche di destra. In buona sostanza, se proprio non si vogliono direttamente sdoganare i moderni fascismi, se ne viene comunque influenzati e trascinati: dato di una gravità eccezionale. Per il centro non esistono più i due forni di andreottiana memoria, ne è rimasto solo uno.

Anche in Italia, tutto sommato sta avvenendo questa pericolosa competizione destrorsa: un debole e frazionato centro alla rincorsa dell’avventurismo leghista e del nazionalismo meloniano. Silvio Berlusconi si sta inesorabilmente adeguando a queste derive estremiste anche se a parole dice di voler dettare l’agenda politica del centro-destra.

Se il centro va a destra, la sinistra riformista (i socialdemocratici e simili) resta paralizzata, abbandonata dalle ali estreme totalmente incapaci di mettersi in gioco, abbarbicata in vuote questioni identitarie, inadeguata ad elaborare proposte politiche convincenti e moderne. Succede clamorosamente in Francia, un po’ meno clamorosamente in Germania, ancor meno in Austria, speriamo per niente in Italia, anche se i presupposti si intravedono distintamente.

Le grandi coalizioni non risolvono i problemi, perché finiscono con l’alimentare ulteriormente la presa elettorale estremista, senza risolvere i problemi reali del Paese. In Francia l’esperimento Macron, ancora tutto da valutare, ha consentito di uscire da questo impasse. In Germania tutto dipende da Angela Merkel. In Austria la partita è molto compromessa. La Spagna è in altre faccende affaccendata.

E in Italia? I partitini della sinistra dura e pura giocano col fuoco e mirano ad indebolire il partito democratico, reo di essere guidato da Matteo Renzi e di voler qualificare in senso fortemente riformista la proposta di governo. Si grida allo scandalo dell’inciucio con Berlusconi, ben sapendo che i problemi sono altri e ben più complessi. A rendere ancor più confusa la situazione c’è la variabile impazzita del movimento cinque stelle, sempre più malauguratamente e sostanzialmente vicino alle strategie della destra estrema.

L’Europa sta alla finestra ad osservare quel che succede in Spagna e a mirare l’orizzonte degli altri Stati-membro, a fiutare l’aria che tira. Temporeggiare serve a poco, perché la situazione slitta automaticamente verso destra.

Dal momento che la politica in Europa, e non solo nel nostro continente, è condizionata da due fenomeni epocali, quali la crisi economica e l’immigrazione, bisognerebbe avere la capacità e la lungimiranza di affrontare seriamente queste partite per riportare il quadro politico alla realtà, lontano dalle illusioni e dalle paure. Ma l’Europa è fatta dagli Stati e quindi tutto ritorna da capo.