La “Mastella”, il bambino e l’acqua sporca

L’ex ministro della giustizia Clemente Mastella è stato assolto dal Tribunale di Napoli, dopo nove anni, da presunti reati commessi nelle nomine alle Asl e in altri settori pubblici. La notizia esige parecchie riflessioni.

La prima concerne la scontata differenza di spazio e attenzione sui media tra le notizie   dell’indagine e dell’incriminazione di allora e dell’assoluzione di oggi. Sul piano giudiziario le sentenze assolutorie hanno effetto ex tunc, vale a dire cancellano tutti i procedimenti avviati e rimettono le cose a posto (in certi casi addirittura con risarcimento del danno arrecato all’imputato), ma sulla stampa hanno sì e no effetto ex nunc, cioè vengono distrattamente annunciate e, mediaticamente parlando, chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato e scordiamoci il passato. Il giustizialismo vale solo per i colpevoli, gli innocenti si arrangino. Il garantismo è scritto sulla carta, ma non esiste effettivamente: l’indagato è già colpevole e nell’opinione pubblica rimane tale anche se successivamente assolto.

La seconda riflessione riguarda il fatto che sono obiettivamente troppe le sentenze che buttano all’aria i castelli indagatori delle procure, tali da giustificare la separazione delle carriere, ma soprattutto tali da imporre maggiore prudenza nei pubblici ministeri: quando un rinviato a giudizio viene assolto, trionfa certamente la giustizia, ma perde di credibilità e autorevolezza la magistratura inquirente.

La terza considerazione è sui tempi della giustizia: nel caso in questione ci sono voluti nove anni per arrivare a sentenza, lungaggini scandalose che dimostrano come le procedure giudiziarie non funzionino. Sarà certamente colpa delle manchevolezze strutturali e funzionali: i poteri legislativo ed esecutivo dovrebbero intervenire a rimuovere i vergognosi macigni dell’inefficienza, una delle principali cause della squalifica del nostro sistema-paese. Credo però che i magistrati non siano esenti da colpe. Sarebbe quindi opportuno che abbassassero la cresta a livello individuale e categoriale, lavorassero di più e meglio. Non si tratta di ledere la loro autonomia o di squalificare il loro operato, si tratta di capire che la professione del magistrato è delicatissima, assimilabile a quella del chirurgo: entrambe incidono sulla carne viva degli individui e gli eventuali errori sono soltanto parzialmente e non sempre sanabili. Si ha l’impressione che medici e giudici siano intoccabili, non paghino mai per i loro errori, sappiano difendersi con le unghie e coi denti.

La quarta delicatissima riflessione è inerente il rapporto tra politica e magistratura. Affermato senza alcun dubbio che per la politica non deve sussistere alcun privilegio o corsia preferenziale, bisogna tuttavia capire che certi interventi della magistratura influiscono o possono impropriamente influire sugli equilibri politici e sul consenso dei cittadini. Tornando al caso concreto di Mastella, ricordiamoci che fu costretto alle dimissioni da ministro e ritirò il suo appoggio (partito dell’Udeur) al governo Prodi, circostanza che contribuì alla   caduta dell’esecutivo e alle elezioni anticipate che videro il successo della coalizione guidata da Berlusconi. La storia, quindi, avrebbe potuto prendere una piega diversa. Cosa voglio dire? Che i magistrati debbano usare due pesi e due misure? No di certo! Che gli inquirenti usino in ogni caso molta prudenza e non cavalchino l’indifferenziata ansia di giustizia della gente: questo sì.

Qualcuno penserà che, tutto sommato, aveva un po’ di ragione Berlusconi ad attaccare la magistratura. Io so soltanto una cosa: è proprio Berlusconi, con i suoi paradossali e sconcertanti comportamenti da uomo e da politico ad avere rovinato il sistema politico portandolo a regime e ad aver quindi legittimato il giustizialismo a cui anche la politica finì col delegare la battaglia contro il berlusconismo dilagante.

Il discorso su giustizia e magistratura vale anche per la ricerca a tutti i costi del capro espiatorio a fronte di eventi tragici riguardanti ambiente e territorio. Siamo proprio sicuri che non esista la fatalità? Siamo certi che l’uomo, come ha recentemente e provocatoriamente affermato papa Francesco, sia piuttosto stupido. Ma è stupido anche pensare che, tutto e sempre, quel che non va sia riconducibile alle omissioni ed agli errori dell’uomo, magari giudizialmente perseguibili. Se è irresponsabile la scappatoia delle cause di forza maggiore, è superba, presuntuosa e fuorviante la pretesa di scovare sempre e comunque uno scandalo da sbattere in prima pagina. L’uomo non è onnipotente, ha dei limiti e non è sempre detto che le sue colpe siano da galera.