L’infinita favola del “ghe pensi mi”

Pensavo ci fosse da ridere, ma quando ho visto le fotografie e ho letto i resoconti giornalistici del colloquio tra Angela Merkel e Silvio Berlusconi, a latere dei lavori del congresso Ppe di Malta, mi ha preso un senso di grande pena per entrambi gli interlocutori, anche se per opposti motivi.

Dopo essersi in passato ripetutamente sbeffeggiati si ritrovano in un ridicolo, artificioso ed ostentato tête a tête. Sul piano personale sembra che lui abbia negato le battute sessiste, mentre lei credo abbia fatto fatica a negare i sorrisetti ironici scambiati su di lui con Sarkozy (li hanno visti in tutto il mondo e sono stati la pietra tombale sull’esperienza di governo berlusconiana).

Lei avrebbe espresso le preoccupazioni per l’instabilità dovuta alla mina vagante M5S, lui avrebbe millantato di essere la diga   contro il pericolo grillino in quanto capace di tenere unito il centro-destra e di portarlo oltre il 40%: « A Grillo ghe pensi mi».

Lei avrà sicuramente esternato i timori verso il populismo e l’anti-europeismo di Matteo Salvini, lui sembra che abbia rassicurato la cancelliera con il solito inattendibile “a Salvini ghe pensi mi”.

Lei avrà probabilmente accennato all’inquietante ruolo putiniano e trumpiano sullo scacchiere mondiale ed europeo, lui avrà sicuramente ribadito: «A chi du lì, ghe pensi mi». Fra le varie rassicurazioni, tutto sommato, la più attendibile, vista la somiglianza impressionante tra i tre bulli del mondo attuale (diciamo meglio, due bulli e un bulletto). Molto bella la vignetta di Altan: “Trump sta esagerando!”, dice uno. E l’altro: “Diciamogli che se non la pianta gli scateniamo contro il cavalier Banana”.

Lo stesso giorno del “balletto Merkel-Berlusconi”, Lucio Caracciolo, noto esperto e studioso di politica internazionale, chiedeva una forte iniziativa dell’Italia a livello europeo per coprire gli inopinati spazi aperti dalla brexit. Anche a lui Silvio Berlusconi avrebbe risposto: «Ghe pensi mi».

Peccato che a livello istituzionale sia il signor nessuno, più bello e sputtanato che pria (lo dico con un supplemento di pena: lo stesso giorno gli è arrivata l’ennesima tegola dalla procura milanese che lo accusa di corruzione per aver versato quasi 400 mila euro a tre ospiti delle sue serate ad Arcore), inibito a ricoprire cariche pubbliche (la Corte   europea si esprimerà presto al riguardo). Peccato che a livello politico, anche in casa sua, conti come il due di coppe: gli scappano amici e nemici. Ma i soldi sono sempre una grande risorsa…ricordiamocelo.

Se qualcuno avesse avuto il cattivo gusto di rammentargli questi piccoli impedimenti, lui avrebbe sicuramente risposto ai maggiori esponenti popolari europei: «Ghe pensi mi».

Ci avranno creduto? Ho seri dubbi al riguardo. I casi sono due: o la Merkel e i popolari sono talmente disperati da non sapere più a che santo votarsi (detto fra parentesi, io, al posto di Angela Merkel, davanti a quel buzzurro di Trump, che ostentatamente si negava alla stretta di mano, me ne sarei venuto via immediatamente: un gesto fuori galateo, che forse avrebbe smosso qualcosa) oppure fanno finta di ascoltarlo, cosa molto più probabile.

A favore della disperazione batte la recente nomina del forzista Tajani a presidente del Parlamento europeo: se i popolari infatti non hanno saputo o potuto trovare di meglio, dimostrano tutta la loro debolezza e/o il loro disprezzo per la massima istituzione.

Penso che Berlusconi creda veramente alle bugie che dice, almeno più di quanto ci credano i suoi interlocutori. Che pena! E pensare che l’Italia per un ventennio si sia prostrata ai suoi piedi e che non se lo sia ancora tolto dai piedi, è cosa incredibile che fa solo il paio con l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca. Almeno noi italiani, parlando del tycoon statunitense, potremo dire: «Noi ne sappiamo qualcosa, fatevi coraggio…prima o poi si guarisce». Ma in verità non siamo ancora guariti.