La religione è…donna

Non voglio assolutamente (s)cadere nella diatriba sciopero sì – sciopero no per celebrare l’08 marzo, mi preme invece ribadire la mia forte fiducia nella donna e nella sua capacità di cambiare il mondo: la violenza su di esse vuole, più o meno consapevolmente, arrestare o frenare questa novità di vita di cui la donna è portatrice a tutti i livelli, personale, famigliare, culturale, sociale, politica, religiosa.

Le donne sono un fondamentale agente di cambiamento, la loro mobilitazione non ha più il pur rispettabile carattere del femminismo anni Settanta, la loro capacità di scendere in campo si allarga a tutte le dimensioni problematiche del mondo odierno, il loro carisma è la garanzia di un sicuro ma diverso avvenire. Quando viene brutalizzata una bambina (con la ferocia bestiale dello stupro o con l’agghiacciante stregoneria della mutilazione genitale), quando una donna viene ridotta a puro strumento di piacere, quando la compagna della vita viene schiavizzata, quando la sua libertà viene calpestata fino alla devastazione fisica e morale, quando il femminicidio diventa una prassi, quando i diritti della donna vengono calpestati, quando la donna viene discriminata o relegata in un ruolo subalterno, in tutti i casi in cui oggetto di violenza è una donna scatta un meccanismo moltiplicatore dell’orrore e della gravità. Il mondo viene depauperato nel suo potenziale di miglioramento e di progresso.

Ma vengo per rapidi cenni al discorso religioso, non perché io sia un patito di questa dimensione esistenziale, ma perché la sua portata è molto grande e tale da influenzare tutto il resto. Se la religione non parte dal rigoroso rispetto della dignità femminile tradisce radicalmente se stessa e riesce a privare il mondo di una ricchezza indispensabile e incalcolabile.   Ecco perché la laicità della politica e la “modernità” delle religioni sono le due facce della stessa medaglia.

Parto da una notizia confinata nell’angolo dai media. Il Ministero per gli Affari religiosi del Cairo ha “ordinato” 144 Imam donne, figure chiamate a interpretare e diffondere il credo tra i fedeli musulmani. Pessima notizia che la nomina sia avvenuta ad opera dell’autorità politica: la laicità non è auspicata dai musulmani, che addirittura cercano nel potere civile una pericolosa e deviante sponda per il loro proselitismo.

Bellissima notizia invece che la nomina abbia riguardato decine di donne ammesse ad un ruolo solitamente riservato agli uomini: potremmo quasi dire che, con questo fatto, l’Islam ha battuto il Cristianesimo due a zero, in questo parziale ma significativo confronto.

Non voglio banalizzare il discorso anche perché vorrei tentare di portare il mio modesto contributo culturale alla festa della donna partendo proprio dal ruolo femminile all’interno delle religioni.

Lo scrittore, poeta e saggista marocchino Tahar Ben Jelloun sostiene schierandosi a favore di un Islam veramente moderato e dialogante: «Non abbiamo bisogno di obbligare le nostre donne a coprirsi come fantasmi neri che per strada spaventano i bambini. Non abbiamo il diritto di impedire a un medico di auscultare una donna musulmana, né di pretendere piscine per sole donne».

Il problema del ruolo della donna nelle religioni è questione indubbiamente centrale e che, nelle prassi secolari, evidenzia una certa analogia di impostazione tra le diverse teologie. La posizione della donna a livello di dottrina dimostra che il cristianesimo parte in quarta con un Vangelo spudoratamente femminista per poi ripiegare sul pazzesco maschilismo paolino, da cui ci sono voluti secoli per tentare di uscire e il cammino è tutt’altro che terminato. Con tutto il rispetto per la predicazione di Paolo, un cristiano dovrebbe comunque sempre rifarsi al dettato evangelico, alle parole e agli esempi di Gesù, ma purtroppo il Vangelo spesso è finito in soffitta coperto da una moltitudine di polverose scartoffie teologiche e dottrinali.

Volendo concedere all’attuale dottrina cristiana un giudizio obiettivo, mi sentirei di ammettere che sulla questione femminile non siamo ancora tornati a Gesù, ma ci siamo significativamente allontanati dal pensiero paolino. Purtroppo non è così per l’Islam che rimane saldamente ancorato ad una impostazione coranica scriteriatamente maschilista e antifemminista da cui non riesce a schiodarsi.

Mentre il cristianesimo è riuscito gradualmente ad affrancarsi da una tradizione pesante e alienante, l’islamismo ne rimane tuttora vittima, anche perché non ha il riferimento evangelico (e non è poca cosa) a fargli da sponda.

Solo superando questa discriminazione verso il mondo femminile si potrà creare un clima nuovo e diverso a livello religioso e financo politico: credo fermamente che siano le donne le potenziali portatrici delle svolte culturali auspicabili. Se i musulmani non superano questo tabù, temo che la loro fede resti compromessa da regole religiose assurde e discriminatorie (è così per tutte le religioni!).

Papa Francesco ha trovato il tragico e deviante denominatore comune fra cattolicesimo e islamismo nella violenza contro le donne. La portata della questione femminile e sessuale è veramente grande e decisiva nella nostra cultura, ma anche e soprattutto in quella islamica, non solo quella dei fanatici fondamentalisti, ma di tutto l’Islam a cominciare dai cosiddetti musulmani moderati: la loro moderazione vuol dire rispetto per la donna, la sua dignità, il suo ruolo, la sua persona, la sua libertà? Se sì, dopo esserci dati anche noi una bella e sana regolata in materia, possiamo ragionare e percorrere un tratto di strada insieme; se no, tutto diventa un ipocrita gioco delle parti.

Cosa vorrà dire il fatto che a Ventimiglia una donna musulmana, entrando in chiesa, si sia tolta il velo in segno di rispetto, pur soffrendo quando cammina per strada e la chiamano terrorista? Da una parte sarà importante per le donne islamiche avere il diritto di nascondersi in tutto o in parte sotto un velo o sotto il burkini quasi a sottrarsi dal manifestare apertamente la loro corporeità femminile? Dall’altra sarà una cosa seria impuntarci laicamente a vietare questi usi che peraltro stanno assumendo persino un pizzico di sana civetteria islamica?

Tornando in conclusione al Vangelo, dobbiamo credere che il maschilismo sembra vincente, ma in realtà è perdente. C’è un epilogo che ci riempie di speranza e ci dà la forza di andare oltre le apparenze. Gesù ce lo ha dimostrato. Ricordiamo tutti, cristiani, ma lo chiedo anche ai musulmani, che la prima persona a capire la novità assoluta della fede fu una donna. Non i membri di qualsiasi sinedrio, non i preti comunque chiamati, non gli zelanti osservanti di tutte le religione, non gli intellettuali di qualsiasi epoca. Una donna! Mi riferisco a Maria di Magdala. E noi? Delle donne sappiamo solo fare scempio: su questo ci troviamo (quasi) tutti d’accordo.