Un caffè a Sanremo e a Bologna

Da una parte l’apoteosi del Festival di Sanremo dall’altra la rivolta studentesca bolognese. Rivendico totale estraneità rispetto alla kermesse sanremese, non faccio parte dei dodici milioni di italiani che, poco o tanto, l’hanno seguito. Non per questo mi sento solo ed emarginato, anzi. Mi dà molto fastidio però l’autoreferenzialità della Rai che fino a prova contraria non appartiene solo a quei dodici milioni di telespettatori, ma a tutti i cittadini che pagano il canone.Rai news 24 ha trasmesso in diretta la conferenza stampa finale tenuta dai responsabili e conduttori di questa manifestazione (a proposito, che differenza di classe fra l’insopportabile Carlo Conti e l’inossidabile Pippo Baudo!): uno spazio eccessivo se paragonato a quello riservato col contagocce alle conferenze stampa del Presidente del Consiglio o di importanti esponenti politici (non c’è mai tempo, bisogna andare in pubblicità, c’è il rischio di scontentare qualcuno, etc. ). Mi sono ricordato di quanto mi disse al teatro Regio un mio carissimo amico impegnato in politica durante una serata inaugurale negli anni settanta, caratterizzata da proteste sociali fuori dal teatro: c’era un enorme schieramento di polizia a difesa del pubblico elegantissimo che entrava e verso il quale volavano uova marce, ortaggi vari, escrementi e rifiuti solidi e liquidi. Mi prese da parte e mi confidò: «Tanta polizia mobilitata in difesa e a protezione di “quattro cagone” che vengono qui a sfoggiare le loro toilette, mentre ai politici vogliono negare la scorta…sarà giusto?». Era infatti un periodo in cui andava di moda contestare l’impegno di uomini e mezzi a copertura degli esponenti di governo nel mirino della contestazione violenta.Tanto spazio, tanta considerazione, tanta reverenza ai cagoni esibitisi sul palcoscenico di Sanremo e tanto scetticismo verso la politica.Mio padre, che era un dissacratore nato, prevedeva, ai suoi tempi, che il popolino avrebbe facilmente osannato un divo dello spettacolo e probabilmente snobbato, se non pernacchiato, uno scienziato: il classico evento capace di distrarre l’opinione pubblica dai problemi reali, creando lo spazio per far passare sotto silenzio anche le più brutte situazioni. Diceva testualmente: «Se a Pärma a ven Sofia Loren, i fan i pugn pr’andärla a veddor; se ven Alexander Fleming ig scorezon adrè’…».Poi leggo in questi giorni di un revival della contestazione studentesca in quel di Bologna: disordini, manganellate, casini vari. Cerco di capire la motivazione: tutto contro i tondelli installati per i controlli all’ingresso alla biblioteca universitaria. Tutto lì? Sembrerebbe di sì. Se è così non mi ritrovo, nel modo più assoluto, nemmeno dalla parte di quegli scalmanati che giocano a fare i rivoluzionari. Non scomodiamo, per cortesia, il sessantotto, il settantasette: rischiamo di dare i numeri del lotto. Altra storia, altro clima, altri movimenti. E allora io alla fine dove mi colloco? Nella elite snobistica dei “né con Sanremo né con le proteste giovanili”? Nel salotto buono di mezzo? Nella vedovanza politica? Nel ricovero dei vecchi barbogi? Tra i nostalgici dell’ “andava meglio quando andava peggio”?Una mia carissima amica, quando parla di me dice: «Ennio? Scrive, scrive…». Lascia intendere che forse mi rifugio troppo in me stesso.Il grande Ermanno Olmi sostiene paradossalmente che vale più un caffè con gli amici della lettura di centinaia di libri. Sarà il caso che io legga e scriva un po’ meno e che stia più in compagnia con gli altri. Se non per condividere, almeno per capire e non solo per criticare.