La politica per gioco

Ricordo la maliziosa reazione di Indro Montanelli alla liberazione di una donna (di cui non ho presente né il nome né il profilo umano e professionale), vittima di un sequestro di persona su cui aleggiavano seri dubbi di connivenza e/o di complicità tra sequestrata e sequestratori: «Guardatela, non sembra reduce da un sequestro di persona, ma tutt’al più da una vacanza alla Bermude…».Mi viene spontaneo parafrasare il grande giornalista a proposito dei “drammi politici” in cui è coinvolta la sindaca di Roma Virginia Raggi: «Guardatela, non sembra preoccupata e sofferente per il casino pazzesco in cui vive Roma, ma pare che si stia divertendo in mezzo al clamore mediatico in cui può atteggiarsi a diva, a stella dei cinque stelle…».I bambini, nella loro ingenuità ma anche nella loro smania di crescere, sono soliti giocare a fare i grandi: perdono così tutta la loro carica di infantile credibilità e di simpatica spontaneità e possono fare autentici disastri se pretendono di usare gli stessi attrezzi degli adulti.I grillini assomigliano molto ai bambini, sono un po’ i bambini della politica, giocano a fare i politici, perdono così tutta la loro credibilità e simpatia e diventano pericolosi nella loro clamorosa irresponsabilità.Guardateli bene e ve ne convincerete.Cominciamo dall’alto: Beppe Grillo gioca a fare il leader, se ne compiace vanitosamente, cerca l’incidente a tutti i costi, spara le battute con la consumata abilità di un mestierante del palcoscenico, si sente importante, tende a comandare facendo il simpaticone, arringa la folla strappandole la risata con la quale tutti pensano di seppellire il potere.Davide Casaleggio gioca a fare lo stratega finendo con l’accreditarsi come burattinaio da sagra di paese.I Di Maio, i Di Battista, i Fico giocano a fare i candidati premier: si sono scopertamente montati la testa, non si tengono più, vivono il loro momento di gloria senza ritegno.Gli esponenti più in vista del movimento giocano a fare le correnti: scimmiottano gli altri partiti nei loro peggiori difetti, si contendono il proscenio, vivono sui social il loro finto parlamentarismo e pretendono di replicarlo nelle vere Camere di cui dovrebbero far parte.Virginia Raggi gioca a fare la sindaca, si sente al centro dell’attenzione, si diverte con il marchingegno delle porte girevoli, si rassegna a governare per interposta persona, si accontenta di ricoprire il ruolo affidandosi a strutture parallele, prima sottostando agli ordini di personaggi di infima categoria morale ma di indubbia capacità manovriera (quelli che giocano sporco, gli ingombranti suggeritori provenienti dall’ambiente neofascista romano sempre più padroni del gioco), poi lasciandosi commissariare dai maggiorenti del movimento, i quali a loro volta giocano a comandare, con improbabile virata dal gioco sporco a quello legalizzato (eliminando o ridimensionando alcuni bari ancora seduti al tavolo).In mezzo ci sono quelli che non sono stati al gioco, scelti forse solo per arricchire bocconianamente l’immagine piuttosto squallida della compagine o per dare ad essa una certa autorevolezza tecnica: sono stati immediatamente considerati corpi estranei, isolati e messi in condizione di abbandonare il campo di gioco a difesa del loro onore e della loro storia. Non l’hanno però bevuta da botte, creando non piccoli fastidi alla cricca.Gli aderenti al movimento cinque stelle giocano nelle piazze e sui social illudendosi di decidere o quanto meno di sfogarsi. Marco Pannella, a suo modo un profeta, aveva tanti anni fa aperto i microfoni di Radio Radicale a chiunque volesse dare aria ai propri denti: ne uscì una litania di robaccia che, a giudizio del leader radicale, era sempre meglio venisse alla luce del sole piuttosto che covasse odio sotto la cenere. Grillo ha istituzionalizzato e politicizzato questo metodo e tutti si sentono protagonisti del gioco in un crescendo di ingiurie urlate a piena gola o scritte a pieno computer.In questa sarabanda ludico-goliardica trovano spiegazione tutte le contraddizioni e i controsensi grillini. Grillo sa benissimo che la Raggi non vale un accidente, ma non può rimuoverla, perché interromperebbe irrimediabilmente il gioco che si è spinto troppo avanti, cerca di ridimensionarla e di metterla a cuccia, ma rischia di peggiorare la situazione innescando un gioco nuovo, quello del tiro alla fune con la forte probabilità di finire tutti a culo per terra. Le nuove elezioni potrebbero trasferire la commedia dalla sala giochi al salone delle cerimonie.La Raggi non può dimettersi perché, sempre più compresa nella sua parte, perderebbe la faccia e comprometterebbe la recita, almeno fin che non sarà disperatamente scovato uno straccio di sostituto: non è tipo da rassegnarsi facilmente ad abbandonare la roulette del casinò di lusso per tornare alle macchinette mangiasoldi nelle anonime bettole di periferia. Tutti si sostengono a vicenda: se cade qualcuno, rischiano di cadere tutti. Federico Pizzarotti da Parma ha fatto la fine dell’unico vaso di coccio in mezzo a quelli di ferro.È inutile quindi dedicare attenzione politica ai comportamenti dei cinque stelle: sarebbe come voler capire l’aria che tira in una problematica convivenza famigliare partendo dalla stanzetta dei giochi dei bimbi: al massimo capiremmo se ci sono dei figli piccoli e se sono più o meno (mal)educati.Questo gioco potrebbe essere quasi innocuo se riguardasse una scorporabile e marginale parte della società, diventa devastante se sovrapposto alla capitale d’Italia per i cui drammatici problemi rischia di rappresentare un macabro diversivo. Con la conquista di Roma il movimento cinque stelle infatti è passato dalla folcloristica velleità alla triste pantomima: il filo del passaggio è la politica ridotta a gioco, non per sdrammatizzare ma per comicizzare.Infine c’è chi gioca a guardare i giocatori. Molti sono rimasti ammirati se non coinvolti. Dal momento che il gioco si sta facendo duro cominciano però a storcere il naso. Qualcuno non vuole restare spiazzato e rivendica di avere visto e riconosciuto per tempo la rovinosa deriva ludica grillina, aggiungendo una punta di maschilismo e di antifemminismo alle già gravissime carenze di Virginia Raggi. Bisogna riconoscerlo, nella squalifica di questa sindaca c’è un pizzico di cattiveria che guasta ancor più perché, sotto sotto, si gode nel parlar male di una donna impegnata in politica. Non è il mio caso: a volte corro addirittura il rischio contrario.Poi arriva Mario Calabresi, che gioca a fare il direttore de la Repubblica stretto in una poco dignitosa morsa da parte degli ex-direttori e della schiera di editorialisti che gli fanno corona (di spine), vuole fare l’originale, il fenomeno e traccia uno stiracchiato e assurdo parallelo tra Virginia Raggi e Maria Elena Boschi. La ritrosia di entrambe all’autocritica ed al passo indietro sarebbe, a suo giudizio, un segno dei tempi. Marco Damilano, vicedirettore de L’Espresso, altro fenomenale commentatore politico, fa risalire l’inizio della fine di Renzi (per ora solo un suo desiderio) al pretestuoso e inconsistente impeachment della Boschi in merito alle vicende di Banca Etruria. Quanta cattiveria verso questa giovane donna, che viene tirata in ballo a sproposito. Forse è troppo bella e molto brava e finisce col dare fastidio: un tempo avrebbe innervosito le donne, oggi è presa di mira dagli uomini. È proprio vero che gli uomini capiscono poco… Infatti certi commentatori (per la verità tutto è partito dalla crociata del bigotto Adinolfi) se la prendono con un’altra donna, Valeria Fedeli: nuova ministra senza diploma di laurea e di maturità, una semplice maestra d’infanzia con buona esperienza sindacale. Apriti cielo! Uno schiaffo al mondo della scuola e dell’università. Un controsenso: chi non è fornito del titolo minimo per accedere all’insegnamento dovrebbe disciplinarlo e governarlo, definirne regole e prospettive. Un grave danno alla credibilità delle istituzioni. Un affronto ai cervelli italiani e stranieri che dovrebbero essere attratti dal nostro Paese. Una grave contraddizione per l’Italia che vanta un patrimonio artistico e culturale di primissimo ordine. Alla fine di questo lungo articolo di Roberto Esposito mi sono chiesto se si trattasse di ironiche e paradossali considerazioni. Ho riletto con calma. No, si diceva sul serio. Preferisco continuare a credere che si trattasse di uno scherzo, di un gioco…anche se i giocatori cominciano a essere un po’ troppi.Buon divertimento a tutti e…auguri di cuore a Valeria Fedeli che non avrà certo tempo e voglia di giocare.