Più passano i giorni è più il comportamento di Vladimir Putin può essere considerato pura follia: non se ne capiscono le motivazioni, gli scopi e i contorni. È vero che la schizofrenia scoppia in conseguenza di certi fatti esterni che in qualche modo la favoriscono: l’Occidente ha offerto su un piatto d’argento tutti i pretesti possibili e immaginabili allo sfogo della pazzia putiniana. È altrettanto vero che tutti i dittatori della storia avevano e hanno un fondo di follia, che purtroppo riesce a coinvolgere la gente trasformandosi in follia collettiva.
Anche le più sofisticate ed approfondite analisi sulla guerra in Ucraina incontrano uno stop al di là del quale c’è solo la impossibile spiegazione della follia di Putin. Persino le prospettive più gettonate fanno i conti con la speranza che nella patria russa qualcuno rinsavisca e tolga il bastone di comando dalle mani di un matto, che sta trascinando tutti in un gorgo disperato senza fine e senza limiti.
Difficilmente i dittatori crollano per iniziativa popolare e quindi anche in Russia non si può contare più di tanto sulla protesta, che rimane oltre tutto un fenomeno di minoranza. Forse conviene sperare negli oligarchi, vale a dire nell’entourage putiniano messo alle strette da una prospettiva di progressivo logoramento interno ed internazionale: sarebbe una sorta di implosione del regime, di cui non c’è da illudersi, ma da considerare forse come l’unica via d’uscita, da favorire subdolamente ma utilmente.
L’Occidente, che, come acutamente afferma Antonio Padellaro, rischia di rimanere prigioniero dell’eroismo di Zelensky e della resistenza del popolo ucraino, non trova fortunatamente in sé la follia di rispondere alla guerra con la guerra: gli Usa non vanno oltre una tremenda ma ininfluente condanna di Putin; la Ue al di là della retorica di appoggio all’Ucraina invia aiuti che non hanno certo la pretesa di spostare gli equilibri militari; la Nato imposta manovre difensive al fine di evitare il peggio. Tutti si comportano in base al famoso detto dialettale: “chi schiva un mat, al fa ‘na bón’na giornäda”.
Al di fuori dell’Occidente, la Cina in teoria potrebbe essere alquanto irritata per il casino scatenato da questo scomodo interlocutore, che viene a romperle le uova nel paniere: di qui a farsi promotrice di un’azione diplomaticamente forte e tale da mettere con le spalle al muro Putin ci passa molta differenza. Probabilmente la Cina si accontenterà di un leggero distinguo, di un alito di neutralità, lasciando agli europei la vera grana.
Non si vede chi e come possa arrestare la follia putiniana. Mio padre forse consiglierebbe di aspettare, perché prima o poi chi piscia contro vento finisce per bagnarsi. Sarebbe saggio, se non ci fosse di mezzo una sempre più drammatica e dilagante situazione umana e sociale.
Occorrerebbe uno scatto di dignità internazionale da parte di tutti gli extra-putiniani, i quali, messe provvisoriamente e parzialmente da parte le loro differenze strategiche, prendessero un’avvolgente e stringente iniziativa diplomatica, davanti alla quale Putin dovrebbe almeno fingere di rinsavire.
L’egoismo diplomatico invece trionfa ed è quello che probabilmente sconforterà e fiaccherà gli ucraini, ben più delle bombe russe e delle privazioni socio-economiche. In compenso in Italia rispondiamo alla follia putiniana con la paradossale pazzia partitica anti-catasto: possibile che con le arie che tirano si abbia il cattivo gusto di creare problemi al governo, combattendo contro il nuovo catasto dei fabbricati, che (forse) aumenterebbe il carico fiscale sul patrimonio immobiliare?
Possibile! Per fortuna al momento non è scoppiata alcuna contrarietà all’accoglienza degli emigranti ucraini: non è ancora detta l’ultima parola, anche perché non abbiamo capito i sacrifici che, volenti o nolenti, ci aspettano e ci spettano. La scaramuccia catastale funziona da sfogatoio politico, clientelare e propagandistico. Follia chiama follia, ognuno, fatte le debite proporzioni, ha i suoi matti da legare, i russi hanno Putin, noi…