Governo, per Draghi la misura è colma. Ora nessuna mossa è esclusa per fermare i blitz dei partiti. L’amarezza del premier, convinto che dopo il suo ultimo sfogo in Cdm le tensioni in maggioranza si sarebbero placate. Il nuovo messaggio: la pazienza sta finendo. La pazienza sta per finire, anzi è finita da un pezzo. Per Mario Draghi l’ennesima giornata parlamentare vissuta con un pezzo della sua maggioranza che vota insieme all’opposizione è la conferma di un timore che aveva espresso giovedì scorso al Capo dello Stato: i partiti sono entrati in campagna elettorale e governare, in queste condizioni, sta diventando impossibile.
Alcuni giorni or sono Francesco Bei su La repubblica, delineava così le difficoltà di Draghi nell’affrontare una situazione politica sempre più ingarbugliata. Quando si cominciò un anno fa a parlare di un governo Draghi ero tra i convinti sostenitori di questa operazione che si stava delineando. Avevo però il dubbio che l’ex presidente della Bce non intendesse correre il rischio di fare i conti con una maggioranza parlamentare, ampia di necessità ma rissosa di virtù. Mi chiedevo: “Ma chi glielo fa fare di mettersi al pianoforte a portata di sparo di Salvini, Grillo e c.?”. Mi sbagliavo, perché Draghi ha accettato la scommessa facendo probabilmente il ragionamento che anch’io sostenevo: “Voglio vedere chi avrà il coraggio di impallinarmi nonostante la corazza mattarelliana, i giubbotti europei e l’esercito dei cittadini plaudenti?”. Per un po’ è andata bene, la politica politicante se ne è stata buona per un breve periodo, è addirittura salita sul carro.
Poi la scadenza della nomina del capo dello Stato ha scoperchiato la pentola: Draghi si è scottato le dita, si è voluto immischiare sbagliando tempi e modi, i partiti non aspettavano altro che stoppare le sue velleità o appoggiarle sguaiatamente, lui si è ritirato in buon ordine, cedendo il passo al suo mentore, ma la situazione non era più quella di prima. La figuraccia della politica lasciava pensare che Draghi uscisse addirittura rafforzato e in grado di controllare la situazione a proprio piacimento. Ma i partiti non hanno ritegno, sono letteralmente impazziti, guardano alle prossime elezioni politiche, non sentono ragione e mettono i bastoni fra le ruote del governo: ogni occasione è buona per distinguersi, astenersi, votare contro, strizzare l’occhio all’opposizione, cavalcare il malcontento e lanciare messaggi strumentali e clientelari. Basterà la guerra in Ucraina a portare a più miti consigli le forze politiche italiane? Sarebbe proprio il caso di dire “tutto il mal non vien per nuocere”, anche se avrei di gran lunga preferito assistere alla “guerretta” tutta nostrana, ammesso e non concesso che basti la follia putiniana a scongiurare quella salviniana. Infatti più la situazione si aggrava, più i limiti draghiani si evidenziano e più i partiti scalpitano per recuperare ruolo, visibilità e potere.
Torno alle piccole (?) beghe domestiche per affermare che prima o poi doveva succedere: Draghi lo poteva e doveva sapere. Mi stupisce che si stupisca e si impressioni. I casi sono due: o fa finta di incazzarsi o ammette di non possedere le capacità per districarsi in mezzo al casino che gli stanno combinando. A volte propendo per la prima ipotesi: li tira a cimento di fronte al Paese, vuole verificare fin dove andranno, intende porli di fronte alle loro responsabilità. A volte mi sorge il dubbio che non abbia le qualità per mediare ai livelli più alti fra i contendenti ai livelli più bassi.
Draghi è un tecnico prestato alla politica: è una frase fatta che non risponde alla realtà. Draghi ha perfetta conoscenza della politica pur non avendo ricoperto incarichi squisitamente politici. Probabilmente però non ha l’umiltà necessaria per districarsi in mezzo al ginepraio partitico e parlamentare: ho l’impressione che anche Mattarella non riesca a consigliarlo e supportarlo come vorrebbe. La politica è una brutta bestia. Intendiamoci bene, non è che la finanza sia una creatura celeste e quindi il premier Draghi non è un angelo caduto dal cielo che non riesce a introdursi nei meccanismi della politica. Però gli manca qualcosa: nonostante il largo consenso popolare, nonostante l’appoggio del Quirinale, nonostante la stima e la considerazione delle istituzioni europee e mondiali, va in difficoltà con le intemperanze salviniane, resta spiazzato di fronte ai giochi di partito. Almeno così sembra.
Non me l’aspettavo, ma devo ammettere che la politica non è il suo pane e anche con la diplomazia a livello internazionale non sembra andare a nozze. E allora? Non so fino a qual punto resisterà. La tentazione di tornarsene a casa si farà sempre più forte, ma non siamo nel cortile di Palazzo Chigi a giocare a pallone e sul più bello Draghi non può portarsi via il pallone, lasciando tutti con un palmo di naso. Deve resistere, sfoderare la necessaria pazienza, soffrire e stringere i denti per arrivare almeno a fine anno. Oggi come oggi dopo di lui ci sarebbe solo il diluvio delle elezioni anticipate. In fin dei conti lo sapeva, anche se forse si era illuso di scapparla. È arrivato il conto dei partiti. Per pietà, non lo faccia pagare ai cittadini. I cittadini hanno pagato, stanno pagando e pagheranno altri conti, non quello della insipienza e litigiosità della politica. Auguri di buon lavoro.