Mario Draghi, nel corso di una conferenza stampa dai toni morbidi e pacati come non mai, svetta con un acuto che speriamo non diventi una memorabile stecca: preannuncia l’introduzione dell’obbligo vaccinale, smettendo finalmente i panni del musicista che sa comporre solo il preludio e non ha il coraggio di arrivare all’opera vera e propria. Da una parte ho tirato un respiro di sollievo per l’uscita da una insostenibile situazione discriminatoria nei confronti di determinate categorie di persone: saremo almeno tutti ugualmente e non surrettiziamente obbligati. Dall’altra parte sono rimasto sorpreso dalla sbrigativa e, per certi versi presuntuosa, decisione che comporta molte conseguenze sul piano giuridico nei rapporti fra Stato e cittadino e persino sul piano politico nei rapporti fra partiti che sostengono il governo e fra Parlamento e governo stesso.
Sono d’accordo con Massimo Cacciari che sottolinea “Il diritto di avere risposte sui vaccini e la democrazia malata (anche) di Covid” e scrive che “prima di obbligare all’immunizzazione bisognerebbe dare certezze e riflettere sulle libertà individuali”. Secondo Cacciari, “qualsiasi manifestazione di protesta contro il Green Pass che non si esprima attraverso documenti ragionati, raccolta di firme, discussione, e che dia di conseguenza spazio a provocazioni e strumentalizzazioni di ogni genere avrà un solo effetto: alimentare il clima di emergenza perenne che ci sta soffocando e rinvigorire gli scriteriati attacchi che persone come il sottoscritto e Giorgio Agamben hanno subito in questi giorni (accanto a centinaia e centinaia di lettere di stima e comprensione anche da parte di medici e giuristi, che hanno firmato esposti e documenti di cui nessuno dà notizia)”.
Il dibattito sulla vaccinazione infatti non è ragionato, ma ideologizzato e l’introduzione dell’obbligo chiuderebbe il discorso in malo modo. Una sorta di “adesso basta!”, che potrebbe rappresentare un gravissimo colpo di frusta alla democrazia, la quale ha delle regole che trascendono anche l’emergenza pandemica e vaccinale. Purtroppo invece fin dall’inizio abbiamo messo in cantina la democrazia con la scusa della situazione straordinaria da affrontare. Abbiamo pensato che si potessero momentaneamente accantonare i principi democratici e purtroppo ci stiamo prendendo gusto.
Prima dell’obbligo vaccinale esistono delle opinioni con cui fare i conti. Al riguardo Francesco Ognibene su Avvenire si sforza di analizzare obiettivamente le motivazioni dei pro e dei contro: per la verità la tesi favorevole alla vaccinazione viene drasticamente sintetizzata in “c’è chi si vaccina e dice di fare altrettanto perché è il solo modo conosciuto per venirne fuori”. Riguardo ai contrari, scrive Ognibene, “c’è chi non si vaccina ancora, per i motivi più diversi. E c’è poi chi ha costruito attorno alla libera determinazione di non immunizzarsi tutto un sistema di pensiero che non contempla dubbi né compromessi, e intanto avversa frontalmente ogni tesi favorevole alla vaccinazione”.
Proseguo citando ulteriormente e testualmente l’articolo apparso sul quotidiano Avvenire. “È proprio questo aspetto degli anti-vax a impressionare: la loro non è infatti solo una scelta personale (discutibile, ma legittima) su cui confrontarsi ma ormai ha assunto i contorni della dottrina, con dogmi, eresie e nemici pubblici. Una crescente allergia verso chiunque la pensi diversamente che impone di interrogarsi su un così rapido slittamento verso l’ostilità aperta nei confronti dei vaccini, della scienza, delle istituzioni, di chi sostiene la necessità di sottoporsi alla doppia iniezione per farla finita col virus e le sue stragi. L’architrave di questo granitico apparato di idee è la rivendicazione della libertà personale contro l’obbligo di fatto che sarebbe imposto da strumenti come il Green pass, ritenuto discriminatorio. Questa forma di imposizione del vaccino sarebbe espressione di un regime nei fatti totalitario in cui la politica si farebbe strumento di potentati economici usando la scienza come schermo ideologico. Un inno all’autodeterminazione, che in chi contesta aborto ed eutanasia finisce paradossalmente per saldarsi con le tesi della libera scelta sulla vita. La ribellione verso un presunto blocco opaco di poteri che sostengono la campagna di immunizzazione giustifica l’avversione a tutto campo degli argomenti pro-vaccini, con la parallela semina di obiezioni definitive. Le più ricorrenti sono gli esiti negativi a lungo termine di farmaci sui quali la fase sperimentale sarebbe stata frettolosa e approssimativa, le incognite sulla fertilità, le ricadute manipolatorie sul nostro dna, gli effetti avversi sottostimati se non taciuti, fino a parlare di migliaia di morti dopo il vaccino tenuti nascosti dalle autorità ufficiali dentro tabelle manipolate ad arte. Tutte tesi indimostrabili e dunque non smentibili. La suggestione dei sani trasformati in malati dal vaccino lavora sulle paure irrazionali, che diventano le principali alleate degli anti-vax, gli stessi peraltro che accusano le autorità sanitarie di spargere il terrore per indurre a correre al più vicino hub”.
Fin qui la descrizione quasi vignettistica degli argomenti sostenuti dagli anti-vax: forse Ognibene parte col piede giusto, ma arriva scivolando su quello sbagliato. Non fa altro che pagare gli anti-vax (già la definizione è capziosa e faziosa) con la stessa moneta con cui loro pagherebbero i sì-vax. È sempre un modo, come dice Cacciari, per rimanere imprigionati nel perenne clima emergenziale che ci sta soffocando.
Tornando alla bomba innescata da Draghi, mi permetto di porre a lui una serie di domande, distogliendolo per un attimo dalla sua tecnocratica sicurezza. Mi sembra infatti che il nostro premier sia affetto dalla sindrome del Cincinnato: “prendere o lasciare, se vado bene è così, altrimenti non ho alcuna remora a tornarmene a casa”. Attenzione perché la forza dei nervi distesi potrebbe trasformarsi nella debolezza dei nervi scoperti.
Siamo proprio sicuri di muoverci nel solco costituzionale? Siamo certi, come dice Cacciari, di non ammalare di covid la democrazia, pensando di guarire per forza i cittadini? Siamo convinti che l’obbligo sia veramente una strada obbligata e non la scorciatoia per evitare percorsi ben più impegnativi e sostanziosi? Siamo persuasi che i dubbi e le perplessità di chi ragionevolmente discute di vaccinazione siano infondati o comunque tali da venire bypassati con l’introduzione tout court di un obbligo? Siamo indifferenti alla probabile apertura di contenziosi a non finire quanto meno in materia di risarcimento di danni in caso di eventuali effetti deleteri del vaccino sulla salute di parecchie persone? Siamo a posto in coscienza nell’avere correttamente informato i cittadini su tutti gli aspetti quantitativi e qualitativi dell’andamento della pandemia anche in conseguenza della vaccinazione di massa?
Queste sono le domande che i giornalisti nelle conferenze stampa si guardano bene dal porre, preferendo rifugiarsi nei duelli tra Lamorgese e Salvini, nelle incongruenze della Lega, nelle punture di spillo al potere. Un caro amico, che a volte veniva a visitare la mia famiglia, recitava per tutto il tempo un ritornello: “Scusate il disturbo…”. Si impantanava così e non riusciva a dire niente di più. Gli inutili incontri del governo con la stampa hanno sostanzialmente questo stile di compassata e omertosa deferenza.
Mi permetto di andare un attimo anche sulle questioni prettamente politiche. Siamo tranquilli sul fronte partitico e parlamentare? L’introduzione dell’obbligo vaccinale come verrà accolto in coscienza e in strumentalità dai partiti e dai parlamentari? Faremo cadere il governo incespicando nel peggiore dei gradini: quello del vaccino sì-vaccino no? Daremo alla Lega l’occasione per smarcarsi, raccattando consensi all’ombra della Costituzione? Varrà veramente la pena di impostare un tiro alla fune col rischio che la corda si strappi con immaginabili e deleterie conseguenze? Non mi bastano, come già detto, le manifestazioni di tranquillità di un premier, che ostenta sicurezza laddove non vedo niente di sicuro.
Un’ultima stilettata. È assodato che il Presidente Mattarella sia d’accordo con Draghi in questa accelerazione vaccinale? Non ne sarei così sicuro! Non dimentichiamo che Mattarella viene da una esperienza politico-istituzionale ben più profonda e collaudata rispetto a quella di Draghi. Ricordiamo che la cultura di sinistra qualcosa ancora conta: Mattarella ne è portatore, Draghi assolutamente no. La sensibilità politica di Mattarella è altra cosa rispetto alla imperturbabilità draghiana. Anche sul ruolo dell’Europa nell’affrontare la crisi afghana intravedo toni abbastanza diversi tra i due presidenti. C’è una notevole differenza fra gli accorati e valoriali appelli all’impegno europeo espressi da Mattarella e il realismo e il pragmatismo europeisti di Draghi. È proprio vero che quando la politica incalza la tecnica quest’ultima rischia di balbettare le proprie facili ma precarie soluzioni.