Ieri è storia, domani è mistero

In tutte le situazioni, prima di guardare al futuro è sempre meglio dare un’occhiata al passato. Gli atleti quando prendono la rincorsa per affrontare un ostacolo, azzardano qualche passettino all’indietro per cercare la giusta concentrazione e la spinta verso l’obiettivo da raggiungere. Negli ultimi tempi è diventata una moda chiedere l’appoggio del pubblico: a mio giudizio non serve a nulla se non a mettere le mani avanti per un eventuale insuccesso. Faccio quindi un passo indietro, torno esattamente a dieci anni fa, vale a dire all’agosto del 2011. Scrivevo quanto segue.

“Il governo italiano, quello di unità nazionale, che ogni tanto viene evocato o invocato di fronte agli innumerevoli guai del Paese, in realtà esiste già ed è presieduto, nonostante le scandalizzate reazioni degli improvvisati e perbenistici costituzionalisti dei miei stivali, da Giorgio Napolitano con l’assistenza in campo economico-finanziario di Mario Draghi. Tutte le questioni fondamentali passano ormai dalle mani del Presidente della Repubblica, il regime è stato commissariato dal flemmatico Capo dello Stato: non si muove foglia che Napolitano non voglia. I rapporti, con gli Usa, la Ue, l’Onu, la Nato, tutto il mondo, passano dal Quirinale. Maggioranza e opposizione, prima di prendere posizione, consultano il Colle. Non parliamo dei singoli cittadini che da tempo hanno scelto l’interlocutore in questo ultraottantenne personaggio, il quale ha deciso di abbattere il regime con picconate soft da fare invidia al miglior Cossiga. Viene da ridere a sentire Berlusconi quando ribadisce la convinzione di restare in sella almeno fino al 2013: se continua così può rimanerci anche fino al 2018 e oltre: è un morto che governa. Non ho voglia di entrare nel merito di questa paradossale situazione italiana, mi limito a coglierne gli aspetti costituzionalmente liberanti senza trascurarne i rischi politici: da una parte ci stiamo forse, lentamente, inopinatamente e surrettiziamente, liberando di un cancerogeno sistema di potere, dall’altra ci sentiamo come scolaretti condotti per mano da un anziano e premuroso  maestro, che prima o poi dovrà abbandonare la stretta, riconsegnandoci alla paura di ripiombare nel buio dei problemi irrisolti”.

Allora si stava aspettando il governo di salute pubblica dopo i disastri berlusconiani, arrivò Mario Monti la cui avventura governativa e poi politica è ancora tutta da interpretare, in compenso tramontò il berlusconismo marciante. Chi dice che la storia si ripeta, chi sostiene che la storia non si ripeta mai, probabilmente i fatti ritornano, ma in modo diverso anche se analogo.

Oggi siamo nelle mani rassicuranti di Sergio Mattarella, il governo di (quasi) unità nazionale è una realtà liberante anche se anomala e dal futuro incerto, gli inutili e irritanti rompipalle sono sempre in agguato, l’Italia non è mai stata tanto rispettata e considerata per merito di Mario Draghi (persino lo sport ci sta aiutando a ritrovare peso e dignità come nazione), ma siamo ancor oggi come scolaretti condotti per mano da due signori che non hanno intenzione di durare a lungo. Da una parte abbiamo Mattarella, che non nasconde la volontà di farsi da parte fra pochi mesi, dall’altra Draghi, che governa speditamente proprio anche perché non ha l’ansia di restare in sella e che, quando sarà il momento, speriamo il più tardi possibile, non si farà certo pregare per farsi da parte.

Il punto critico non sta tanto nelle varie emergenze, quella socio-sanitaria e quella economica, ma nella precarietà culturale dei cittadini senza buon senso e nella precarietà politica di partiti senza senso. Prima o poi dovremo camminare con le nostre gambe e potrebbe essere un disastro. Non sono fra coloro che teorizzano una scuola di nuoto consistente nel buttare sbrigativamente e brutalmente in acqua l’allievo, ma in acqua bisognerà pure buttarsi e non so se avremo imparato a nuotare.

Ho provato, in un assurdo gioco di società, ad ipotizzare il sostituto di Mattarella al Quirinale: sono riuscito a fare persino qualche nome accettabile anche se non entusiasmante. Li butto lì alla rinfusa politica: Walter Veltroni, Paolo Gentiloni, Giuseppe Sala. Non mi piace pensare ad una donna a tutti i costi e nemmeno ad un personaggio al di fuori della politica. Non scorrono fiumi di carisma e quindi la scelta sarà difficilissima.

Non parliamo di chi dovrà rilevare Draghi a Palazzo Chigi. Ci saranno di mezzo elezioni politiche molto imprevedibili ed equilibri successivi abbastanza pericolosi. Le prospettive sono alquanto incerte, ma più che di incertezza si deve parlare di buio totale. Io, patito della politica fin da ragazzino, figlio di un sessantotto in cui tutto era politica, mi trovo a considerare la politica come un male necessario. Non riesco ad andare oltre. Tutto sommato sto per essere “riconsegnato alla paura di ripiombare nel buio dei problemi irrisolti”. Sono passati inutilmente dieci anni?