Lo aspettavo da tempo immemorabile e meno male che Mari Draghi, seppure indirettamente, ha avuto il coraggio di intervenire drasticamente sul carrozzone Rai. Il futuro della tv pubblica secondo il suo nuovo amministratore delegato Carlo Fuortes, viene così sintetizzato: molti tagli, via i partiti e obbligo del “lei”. Infatti il nuovo amministratore delegato sta varando una sforbiciata che tocca tg e reti per azzerare il deficit dell’era Salini. “In tre anni l’azienda ha peggiorato i conti di 300 milioni”. Ha inoltre l’intenzione di mantenere una totale autonomia rispetto ai partiti. Lo lasceranno lavorare? Ho i miei dubbi. Per ora incasso una importante speranza, proponendo di seguito e integralmente quanto scrive al riguardo Giovanna Vitale su La Repubblica. Se Fuortes riuscirà a concretizzare anche solo una parte dei suoi seri programmi, avremo fatto un bel passo avanti e, se tanto mi dà tanto, a parte tutto il resto, sarà valsa la pena si scomodare Draghi.
“In Rai vige, dacché è nata, la “regola delle tre P”, iniziale che sta a indicare le massime cariche civili e religiose del Paese: Presidente della Repubblica, Presidente del Consiglio, Papa. Ebbene su queste tre autorità la copertura del servizio pubblico, specie durante le missioni in terra straniera, è sempre stata totale (da qualche anno attenuata solo per il premier), con tutti i vari Tg incaricati di seguirne le cronache senza badare a spese. L’uso del passato prossimo è però d’obbligo. Perché con l’arrivo al vertice di Carlo Fuortes, il manager della cultura spedito da Mario Draghi a risanare la Tv di Stato, la musica potrebbe cambiare radicalmente.
La prova generale si farà a settembre, in occasione del viaggio apostolico di Francesco in Ungheria e Slovacchia, dove per la prima volta sono state autorizzate a partire soltanto due testate giornalistiche, che poi cederanno le immagini alle altre due, confezionando i servizi da Roma. Con un taglio del personale in trasferta di circa il 40%.
È l’esempio che meglio racconta la cura da cavallo, senza timori reverenziali, che il neo-ad ha intenzione di applicare a Viale Mazzini. Dove, lo ha già detto in Cda e ripetuto in Vigilanza, non saranno più approvati budget in perdita. Tant’è che fra i suoi primi atti c’è stata la revisione del previsionale che, senza andare per il sottile, azzera il deficit di 57 milioni previsto dalla precedente gestione. La premessa del nuovo ad è che “questi interventi non incidono sulla qualità dei prodotti, non avranno alcun effetto sui palinsesti, però servono a riportare in pareggio i conti”, merito anche della ripresa della pubblicità che ha ridotto “le esigenze di taglio sui costi, in media non superiori all’1% dei budget”.
Ma le cifre viaggiano su percentuali più alte. A Rai1 è stato imposto di sforbiciare quasi un milione; altrettanto a Rai2 e Rai3 insieme; alla Comunicazione 150mila euro (intorno al 4%); 50mila all’Ufficio Studi (il 25%). Il taglio più consistente riguarda la Rai per il Sociale, dove la decurtazione sfiora il 30%: 300mila euro su un budget di circa un milione. Una sforbiciata che non dovrà intaccare i propositi contenuti nella lettera ai dipendenti con cui Fuortes e la presidente Soldi si sono presentati: “La Rai svolge un ruolo primario nella costruzione della coesione e inclusione sociale, e ha bisogno di avere il coraggio e le energie positive per innovare e sperimentare”.
Per l’ex sovrintendente all’Opera di Roma l’imperativo è la lotta a incrostazioni e sprechi; l’obbiettivo trasformare in una Ferrari il carrozzone lottizzato dai partiti con cui ha già fatto sapere che non intende interloquire, rompendo una prassi storicamente consolidata soprattutto sulle nomine interne. “La Rai in tre anni ha peggiorato la sua situazione finanziaria di circa 300 milioni, perdite che non possono essere ripianate dallo Stato”, ha ribadito Fuortes in Parlamento. “In tre-quattro anni, se si continuava con questa dinamica, si portavano i libri in tribunale. E credo che né io, né la presidente, né il Cda che all’unanimità ha votato a favore di questi tremendi tagli, vogliamo portare i libri Rai in tribunale”. Parole drammatiche (sulla revisione del budget il rappresentante dei dipendenti Riccardo Laganà si è astenuto, criticando l’intervento sui costi fuori da un piano industriale ed editoriale).”
Ribattezzato in azienda Napoleone per la postura con la quale si aggira nel palazzo affacciato sul cavallo bronzeo che è il simbolo Rai – mano sul petto quando parla, piglio decisionista – Fuortes ha già inviato a tutti i direttori le lettere con l’indicazione dei tagli da fare da qui a dicembre, stabiliti discrezionalmente insieme al capo delle Finanze Giuseppe Pasciucco, senza discuterli prima con i responsabili delle strutture. Ha vietato ai consiglieri di amministrazione di parlare con l’esterno e con le strutture interne. Ha imposto il “lei” a chiunque, dall’ultimo degli uscieri ai top manager. Una rottura di prassi consolidate che la dice lunga sul nuovo corso del servizio pubblico. E sulla mission ricevuta da Draghi.”