Daniele Giovanardi, un medico bolognese, fratello dell’ex senatore, in una recente intervista ha dichiarato: “Sono un medico e l’iniezione mi sembra più rischiosa del virus anche se ho fatto fare il vaccino a centinaia di persone a rischio Non sono un no vax. Chi ha fatto una scelta diversa non è un cittadino di serie B”.
Che un medico faccia simili affermazioni in un contesto di comportamento professionalmente ineccepibile è un fatto che merita comunque attenzione e considerazione. È la dimostrazione che esistono valutazioni e pareri diversi, che sul vaccino anti-covid non esiste un pensiero unico politicamente corretto e dominante, che possa silenziare, diffamare e delegittimare chiunque osi pensare diversamente.
Alla vigilia dei provvedimenti governativi, nel mondo scolastico esistono 280mila persone che hanno per ora rifiutato di immunizzarsi. Saranno tutti dei soggetti retrogradi ed oscurantisti? Andiamo adagio: potrebbero sbagliare, ma se sbagliassero quanti fanno cadere dall’alto certezze che tali non sono?
Il dato più preoccupante della pandemia è stato fin dall’inizio la clamorosa contraddittorietà della scienza e degli organismi ad essa riferibili, che hanno sputato sentenze salvo sistematicamente rimangiarsele a distanza di poco tempo. In buona sostanza ed in estrema sintesi il discorso è questo: l’unica arma che abbiamo in mano per combattere il covid è il vaccino anche se non siamo sicuri della sua efficacia, della sua tollerabilità, della sua innocuità. Si può quindi rendere obbligatoria, direttamente o indirettamente, la vaccinazione sulla base di questo pragmatismo, che di scientifico ha poco o niente e che si basa su una sorta di “si salvi chi può”?
L’obbligatorietà mi sembra non abbia fondamento scientifico, giuridico e sociale: è una scelta politica in una materia dove la politica dovrebbe entrare con estrema cautela e grande discrezione e non a gamba tesa. Si dovrebbe semmai limitare a tentare di persuadere, se ne è capace, le persone ad affrontare seriamente il problema e a scegliere in coscienza il migliore atteggiamento possibile.
Il governo è in difficoltà anche perché ha puntato troppo le sue carte sulla vaccinazione, facendola diventare un fatto ideologico di scontro fra progressisti e reazionari, fra scienza e superstizione, fra razionalità e paura. Ora rischia di trovarsi contro la piazza e sembra usare il bastone dell’obbligo e la carota della persuasione, coinvolgendo al riguardo i sindacati.
Posso essere clamorosamente realista? Se consideriamo la credibilità dei sindacati, sarebbe meglio lasciar perdere…un parere sindacale favorevole all’obbligatorietà o comunque indirizzato a convincere i lavoratori a sottoporsi a vaccinazione rischierebbe di causare un autentico boomerang vaccinale. È male impostata una propaganda fondata sul parere dei big dello spettacolo, del sindacato, della politica, della cultura: anche la Rai ha perso un’occasione per stare un po’ zitta, finendo col legare l’asino dove vuole il padrone, ma irritando l’asino che peraltro asino non è.
Persuasione o obbligo: questo sembra il dilemma politico del governo e di Draghi, che mi auguro non passi alla storia come “l’Amleto del vaccino”. Il premier non ha commesso finora gravi errori. Le uniche scivolate, piuttosto scioccanti e imbarazzanti, le ha fatte in materia di vaccinazione. Quando ha dichiarato “assurdo vaccinare uno psicologo di 35 anni”, intendendo dare priorità agli anziani, ma dimenticando che proprio un “suo” decreto obbligava a vaccinare tutti gli operatori sanitari, tra i quali sono compresi a pieno titolo gli psicologi. Quando intervenendo a richiesta sugli appelli no-vax di diversi politici, è stato categorico: «L’appello a non vaccinarsi è un appello a morire, senza vaccinazione si richiude tutto, di nuovo. Ora il vaccino si sta diffondendo e grazie a questo le conseguenze sono meno serie rispetto a quelle che abbiamo visto mesi fa». Dichiarazione azzardata e sbagliata da tutti i punti di vista (Aldo Moro al suo posto non avrebbe mai speso parole così imprudenti e istintive a costo di usare espressioni elusive e sfuggenti).
Sono stati così malamente serviti coloro che giudicano Draghi un personaggio asetticamente chiuso nel suo aplomb professionale e profondamente delusi quanti (come il sottoscritto) hanno grande fiducia nell’equilibrio e nella prudenza di un servitore della Repubblica. Speriamo che, nel prosieguo dell’azione di governo in materia di pandemia, il sano pragmatismo di un tecnico prestato alla politica prevalga sull’anacronistico ideologismo di un politico prestato alla scienza.