Il papocchio Prevost-Erdogan

Seyda Canepa, della televisione turca: “Santità, con il presidente Erdogan, al di là delle dichiarazioni ufficiali, avete parlato della situazione a Gaza visto che il Vaticano e la Turchia ha la stessa veduta sulla soluzione dei due popoli, due Stati? E poi sull’Ucraina, il Vaticano più di una volta ha sottolineato il ruolo della Turchia a cominciare dall’apertura del corridoio del grano all’inizio del conflitto. Quindi, vede le speranze per una tregua in Ucraina e per un processo di pace più veloce a Gaza in questo momento? Grazie mille”.

Papa Leone XIV: “Grazie! Certamente abbiamo parlato di tutte e due le situazioni. La Santa Sede già da diversi anni pubblicamente appoggia la proposta di una soluzione dei due Stati. Sappiamo tutti che in questo momento ancora Israele non accetta questa soluzione, ma la vediamo come unica soluzione che potrebbe offrire – diciamo – una soluzione al conflitto che continuamente vivono. Noi siamo anche amici di Israele e cerchiamo con le due parti di essere una voce mediatrice che possa aiutare ad avvicinarci a una soluzione con giustizia per tutti. Abbiamo parlato di questo con il presidente Erdogan, lui certamente è d’accordo con questa proposta. La Turchia ha un ruolo importante che potrebbe giocare in questo. Lo stesso con l’Ucraina. Già qualche mese fa con la possibilità di dialogo tra le parti Ucraina e Russia, il presidente ha aiutato molto a convocare le due parti. Ancora non abbiamo visto purtroppo una soluzione, però oggi di nuovo ci sono proposte concrete per la pace. E speriamo che il presidente Erdogan con il suo rapporto con il presidente di Ucraina, della Russia e degli Stati Uniti, possa aiutare in questo senso a promuovere il dialogo, il cessate il fuoco e vedere come risolvere questo conflitto, questa guerra in Ucraina. Grazie”. (Conferenza stampa di Papa Leone XIV nel volo da Istanbul a Beirut)

 L’allora presidente del consiglio Mario Draghi nel 2001 si espresse in questi termini sul presidente turco Erdogan, scatenando una dura reazione: «Con questi dittatori, chiamiamoli per quello che sono, di cui però si ha bisogno per collaborare, uno deve essere franco nell’esprimere la propria diversità di vedute e di visioni della società e anche pronto a cooperare per assicurare gli interessi del proprio Paese, bisogna trovare l’equilibrio giusto».

E qual è il giusto equilibrio? Papa Leone sembra averlo trovato nel considerare Erdogan una sorta di interlocutore privilegiato del Vaticano per affrontare le gravi crisi belliche in Palestina e in Ucraina. Mi sembra un tantino azzardato. Capisco il bon ton diplomatico, apprezzo la volontà di dialogo, ma tutto ha un limite…

In una recente intervista, rilasciata a Corrado Augias nell’ambito della trasmissione “Torre di Babele” su La7, il cardinale Zuppi ha fatto riferimento all’azione del Vaticano per la pace in Ucraina: un impegno umanitario volto allo scambio dei prigionieri, in primis i bambini. Non sarebbe meglio limitarsi all’ambito umanitario e lasciar perdere la politica internazionale, laddove gli interlocutori sono uno peggio dell’altro. Sarebbe un po’ come se Gesù, anziché predicare le Beatitudini, si fosse messo ad auspicare la mediazione fra gli Israeliani e i Romani facendosi sponda su Erode.

La Santa Sede faccia il suo mestiere usando il linguaggio evangelico del sì-sì no-no, perché il di più viene dal maligno, peraltro incarnato dai loschi personaggi che dominano la scena mondiale.

Se proprio papa Prevost intende imbarcarsi nelle avventure diplomatiche, gli consiglierei un corso accelerato in materia, scegliendo come maestri tre suoi predecessori: papa Roncalli, che costruiva autentici capolavori nell’umanizzazione della diplomazia; papa Montini, che conosceva la politica meglio dei politici a cui era in grado di tenere testa; papa Bergoglio, che non risparmiava dissensi e provocazioni ai potenti della terra. Facendo magari una capatina nella storica eredità di Giorgio La Pira, che sapeva dialogare con tutti ma tenendoli sulla corda evangelica.