Un ministro della guerra e…un papà della pace

“Reintrodurre in Italia un nuovo servizio militare, come in Francia e in Germania? Se lo deciderà il Parlamento sì”. Parola del ministro della Difesa Guido Crosetto secondo il quale “va fatta una riflessione sul numero delle forze armate, sulla riserva che potremmo mettere in campo in caso di situazioni di crisi”. Crosetto pertanto vuole tornare a discutere di servizio militare con una proposta con la reintroduzione della leva su base volontaria e non obbligatoria, specifica. Mentre la Francia annuncia il ripristino di 10 mesi di leva e la Germania mette in campo una serie di novità per potenziare l’esercito (con l’obiettivo di diventare “il più forte in Europa entro il 20229”), in Italia è il ministro della Difesa a “scaldare le truppe” provocando le critiche dei partiti di opposizione.

Da Parigi – dove ieri ha incontrato la sua omologa francese, Catherine Vautrin – Crosetto spiega che “se la visione che noi abbiamo del futuro è una visione nella quale c’è minore sicurezza, una riflessione sul numero delle forze armate va fatta”. Per questo annuncia che proporrà, prima in Consiglio dei ministri e poi in Parlamento, “una bozza di disegno di legge da discutere che garantisca la difesa del Paese nei prossimi anni e che non parlerà soltanto di numero di militari ma proprio di organizzazione e di regole”. Per Crosetto anche l’Italia deve muoversi a causa di un futuro che definisce “meno sicuro”: “Tutte le nazioni europee, mettono in discussione quei modelli che avevamo costruito 10-15 anni fa e tutti stanno pensando di aumentare il numero delle forze armate”. In passato, osserva, “abbiamo costruito negli anni scorsi modelli che riducevano il numero dei militari”. “Anche noi in Italia – ribadisce il ministro – dovremmo porci il tema di una riflessione che in qualche modo archivi le scelte fatte di riduzione dello strumento militare e in qualche modo porti a un suo aumento”.

“Ognuno ha un suo approccio diverso, alcuni hanno addirittura ripristinato la leva”, spiega Crosetto. Per il ministro le scelte andranno prese in Parlamento: “Le regole nel settore della difesa – dice – devono essere il più condivise possibile e nascere proprio nel luogo di rappresentazione del popolo”. Per questa ragione “più che un decreto legge, penso a una traccia che il ministero della Difesa porterà in Parlamento perché venga discussa, aumentata e integrata e in qualche modo costruisca uno strumento di difesa per il futuro”. Anche il governo italiano, pertanto, intende potenziare il suo esercito. (da “Il Fatto Quotidiano”)

Leggendo questa notizia sono rimasto letteralmente sbigottito. Il demenziale “si vis pacem para bellum” non ha limiti. L’Europa, forse per darsi una parvenza di importanza, forse per fare affari, forse per raggiunti limiti di ragionevolezza, gioca a sentirsi sotto attacco e a reagire col riarmo e con il potenziamento degli eserciti nazionali.

Per riprendermi dallo smarrimento cedo la parola a mio padre, riportando uno stralcio del libro che gli ho dedicato.

“Per chiudere con gli …. ismi poche battute sul militarismo. Mio padre aveva fatto il servizio militare con spirito molto utilitaristico ed un po’ goliardico (per mangiare perché a casa sua si faceva fatica), cercando di evitare il più possibile tutto ciò che aveva a che fare con le armi (esercitazioni, guardie, tiri, eccetera) a costo di scegliere la “carriera” da attendente, valorizzando i rapporti umani con i commilitoni e con i superiori, mettendo a frutto le sue doti di comicità e simpatia, rispettando e pretendendo rispetto aldilà del signorsì  o del signornò.

Raccontava molti succosi aneddoti soprattutto relativamente ai rapporti con il tenente cui prestava servizio.

Aveva vissuto quel periodo come una parentesi nella sua vita e come tale l’aveva accettato, seppure con una certa fatica.

Mio padre era estraneo alla mentalità militare, ne rifiutava la rigida disciplina, era allergico a tutte le divise, non sopportava le sfilate, le parate etc., era visceralmente contrario ai conflitti armati.  Quando capitava di ascoltare qualche notizia riguardante provocazioni fra nazioni, incidenti diplomatici, contrasti internazionali era solito commentare: “S’ag fis Mussolini, al faris n’a guera subita. Al cominciaris subit a bombardar”. 

Era una lezione di politica estera (sempre molto valida, più che mai in clima di unilateralismo, di guerra preventiva, etc.) e di antifascismo (bollando il regime per quello che era e non revisionandolo strumentalmente).

Ogni volta che sentiva notizie sullo scoppio di qualche focolaio di guerra reagiva auspicando una obiezione di coscienza totalizzante.

Mo s’ pól där ch’a gh’sia ancòrra quälchidón ch’a pärla äd fär dil guèri?

E con questo interrogativo molto più profondo di quanto possa sembrare avrei terminato il capitolo relativamente agli insegnamenti ed alle testimonianze paterne in materia politica”.

È detto tutto. Era l’altro ieri e sembra oggi, magari addirittura domani!