Il coraggio di gridare la propria indignazione

La frase “ogni società ha i governanti che merita” suggerisce che il governo di una nazione è il risultato delle caratteristiche e delle azioni dei suoi cittadini. Questo concetto implica che la popolazione, con le sue scelte e la sua passività, finisce per determinare il tipo di leadership che riceve. È un’espressione usata per criticare sia il popolo che l’élite dirigente.

Mai forse come nella situazione attuale società e politica si influenzano negativamente avvitandosi e movendosi verso il basso. Non resta che sperare nei rigurgiti di vitalità di una certa base sociale messa in rivolta da qualche evento socio-economico capace di smuovere le sensibilità residue (non ne mancano, sono persino troppi e non si sa da dove cominciare).

La deriva distruttiva riguarda tutta la società a livello mondiale e ci vuole veramente un cannocchiale potente per intravedere segni di speranza. Papa Francesco parlava di globalizzazione dell’indifferenza; papa Leone parla di globalizzazione dell’impotenza.

Ecco perché insisto nel difendere a spada tratta i coraggiosi protestatari, soprattutto i giovani: pur nella loro farraginosità e talora persino nelle degenerazioni violente, rappresentano l’unica speranza nel futuro. Dai vertici non può venire niente di buono, anzi da destra viene soltanto la demonizzazione della protesta stessa e la sua pregiudiziale e pretestuosa squalifica, da sinistra la sterile ed opportunistica strumentalizzazione.

In occasione dei cori fascisti intonati a Parma da un gruppo di ragazzi appartenenti a Gioventù nazionale, la deputata locale di FdI, Gaetana Russo, ha dichiarato: «Non accettiamo lezioni di moralità da quella sinistra che quando parliamo di ragazzi considera normale che assaltino le forze dell’ordine, che impediscano il regolare svolgimento delle lezioni all’Università, che impediscano di parlare a chi la pensa diversamente da loro». Così viene impacchettata e neutralizzata la protesta, facendo di ogni erba un fascio (sic!). Ecco perché sarebbe opportuno aggiungere alla pur sacrosanta risposta alle sbracate e vomitevoli manifestazioni di neofascismo da trivio l’utile confluenza nelle proteste di base verso il neofascismo fattuale dei governanti.

Sintomatico ed estremamente interessante lo scontro verbale tra Brunella Bolloli (giornalista di “Libero”) e Tomaso Montanari (rettore dell’Università per stranieri di Siena).

Bolloli dissente da Montanari: “Ha tirato fuori la parola ‘odio’ dicendo che questo governo, questo centrodestra alimenta l’odio. Io sinceramente non credo che sia il centrodestra ad alimentare l’odio”. “Blocchi navali, deportazioni… veda lei”, osserva Montanari. La cronista di Libero rilancia: “Basti guardare certe piazze, quelle della sinistra, che sono quelle più numerose e anche dove ci sono frange di violenti che sicuramente non sono di centrodestra e che hanno slogan, che hanno cartelli, che fanno anche azioni, diciamo, non proprio carine”.

“Ma gli ultrà neofascisti li ha visti? – ribatte Montanari – La violenza vera è una violenza di destra in questo Paese”. “Quelli non sono da accostare al governo Meloni – replica Bolloli – perché non fanno parte di questa maggioranza e sono fuori dalla politica. È proprio una famiglia separata da Fratelli d’Italia, la Meloni ne ha preso le distanze ampiamente”. “Ma non è vero”, commenta lo storico dell’arte. “L’estrema sinistra delle piazze invece ha molto dell’opposizione in Parlamento”, insiste Bolloli.

La replica di Montanari è ferma: “Oggi il Procuratore nazionale antimafia, Gianni Melillo, che è una persona molto cauta, ha detto che i tifosi, non solo del calcio, ma di tanti altri sport, sono sequestrati da una militarizzazione in nome di valori di suprematismo ariano per la razza bianca. Ora, che ci sia una sostituzione etnica e che sia in pericolo la razza bianca, l’ha detto il presidente della Regione Lombardia con queste precise parole. Nel libro intervista a Sallusti – continua – Giorgia Meloni ha detto che siamo diversi fisicamente, in quanto razza. Non sa la presidente del Consiglio che le razze non esistono? Allora, non c’è tutta questa separazione. La cultura, purtroppo, è quella”.

E conclude: “Ed è una cultura da cui la presa di distanza non è avvenuta, il che è dimostrato in infinite cose: Meloni continua a parlare di nazione invece che di Repubblica. Meloni ha detto che la nazione è una comunità di destino e una società naturale, cioè per via di sangue. Allora, in questo paese la violenza non sta nelle manifestazioni delle famiglie contro il genocidio di Gaza. Sta storicamente, nelle stragi, nell’assalto alla Cgil, per fare un esempio più vicino a noi, e anche negli ultrà estremisti di destra neofascisti. Il presidente del Senato rivendica di avere in casa il busto di Mussolini. Io tutta sta distanza non la vedo, francamente”. (Da “il Fatto Quotidiano”)

Da una parte si accetta, come un male necessario, la nostalgia fascista, basandosi sull’oblio strategico di un passato impresentabile e irrevocabile, dall’altra parte si respinge sdegnosamente al mittente la protesta nel suo significato forse addirittura più anti-sistema che anti-governo, dimenticando che, se non c’è sacrosanta indignazione, non c’è etica (vedi Dacia Maraini… per non morire d’ignoranza…).

Non condivido affatto la critica politica rivolta ai giovani di essere confusionari e inconcludenti: mi sembra di rientrare nel famoso proverbio del bue che dal del cornuto all’asino.

Ben vengano quindi le proteste dando per scontata una certa quale genericità di denuncia (sono tali e tante le materie su cui protestare…) e una notevole carenza di proposta (forse si pretende troppo…). Dovrebbero essere le forze intermedie a interpretarle, rappresentarle e a dare loro uno stringente e preciso contenuto.

Tanto per cominciare però ben vengano le proteste: a me non fanno paura, mi danno speranza…