L’affluenza alle urne in occasione delle elezioni regionali in Veneto, Campania e Puglia ha fatto registrare un ulteriore significativo aumento dell’astensione (in media circa un 14% in meno nei votanti rispetto alle precedenti elezioni): si sta verificando un’autentica valanga di non voti. Questo fenomeno non ha ormai niente di fisiologico, ma tutto di patologico (1,32 elettori su 3 sono andati al voto).
Di fronte a questi dati disastrosi sull’affluenza fanno sinceramente sorridere i dibattiti nei salotti televisivi, condotti da insopportabili pavoni come Enrico Mentana, sulle prospettive politiche italiane e sugli equilibri fra i partiti ormai riservati alle scelte di una ristrettissima e insignificante minoranza di cittadini elettori.
Le forze politiche ne parlano di sfuggita e si ha l’impressione che, tutto sommato ad esse non dispiaccia più di tanto questo generalizzato disinteresse dei cittadini alla politica. I partiti di maggioranza pensano di consolidare il qualunquismo su cui basano il loro consenso, i partiti di opposizione sperano di lucrare percentualmente consensi per il fatto che tradizionalmente l’elettorato di sinistra fino ad ora si era dimostrato più propenso al voto. Tutte meschine scuse per non affrontare un problema enorme per la vita democratica.
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha lanciato un allarme al riguardo affermando che la disaffezione degli italiani al voto preoccupa e non ci si può accontentare di una democrazia a bassa intensità. Ha aggiunto che è inutile risolvere il problema con pannicelli caldi, che potrebbero addirittura peggiorare la salute del malato, facendo riferimento a ventilate alchimie legislative con la riserva mentale della rassegnazione alle urne sempre più vuote.
Un tempo si diceva “piazze piene e urne vuote”, oggi sono purtroppo vuote le une e le altre e probabilmente questo fatto dimostra che i cittadini stanno progressivamente rinunciando a partecipare alla vita politica.
Si parla di una modifica della legge elettorale nazionale, mentre al Senato c’è un disegno di legge della maggioranza che prevede l’abolizione dei ballottaggi nei comuni sopra i 15.000 abitanti se uno dei candidati ha raggiunto il 40% dei voti, con l’abolizione in gran parte dei casi del doppio turno. Mattarella ha ripetuto che «la riduzione dell’affluenza alle urne è una sfida per chi crede nel valore della partecipazione democratica dei cittadini».
“Molti nemici molto onore” si diceva durante il fascismo, non vorrei che il postfascismo portasse a pensare “pochi elettori molto consenso”. Credo si tratti in realtà di una peraltro motivata e generale perdita di credibilità da parte della classe politica, di una sempre più percepita inerzia delle istituzioni democratiche e di una immotivata sfiducia nei meccanismi della democrazia rappresentativa.
La riforma costituzionale varata, che dovrà passare al vaglio referendario, rischia di contribuire in modo clamoroso alla deresponsabilizzazione dei cittadini, concentrando i poteri nelle mani di un premier plenipotenziario, che, pur avendo un consenso limitato, risponda ai pochi suoi elettori e governi il Paese nelle more di un Parlamento imbelle, senza contrappesi significativi e senza controlli istituzionali.
Stiamo attenti a non cadere in trappola: il tutti uguali, tutti incompetenti, tutti fannulloni, magari persino tutti ladri, finisce col premiare il governo di uno/a solo/a al comando.
La tentazione dell’astensionismo ammetto che possa costituire (anche per il sottoscritto) una sorta di alibi, che possa nascondere una silenziosa forma di protesta peraltro molto simile a quella di quel marito che, convinto di fare un dispetto alla moglie, decide di evirarsi. Forse è tempo di darsi una svegliata e di tornare a votare a costo di optare minimalisticamente e “montanellianamente” per il meno peggio.
Pensando ai cosiddetti super-governatori regionali (già la definizione mi mette in ansia democratica), che usciranno dalle urne in Veneto, Campania e Puglia, mi auguro che in fin dei conti non tirino la conclusione che, nonostante tutto, l’importante è vincere anche senza la partecipazione dei cittadini. Chi non vota ha sempre torto! E se, per caso, avesse qualche ragione?
