I tira e molla del governo sugli aiuti in armi all’Ucraina non fanno certo onore all’Italia e quindi bene fa l’opposizione a chiedere polemicamente di uscire dagli equivoci propagandistici e dalle scaramucce elettorali per capire quale sia la linea di politica estera portata avanti dal governo Meloni.
Non serve a molto far esplodere i contrasti fra Salvini e Crosetto, fra Meloni e Tajani (i ladri di Pisa): sono dilettanti allo sbaraglio, che rincorrono voti italiani facendosi scudo con la pelle degli ucraini. Tutto ciò è arcinoto e fermarsi a questa scopertura degli altari già spogli è obiettivo di ben scarso rilievo e livello.
Credo quindi che per la sinistra questo affondo polemico faccia soltanto gioco tattico, perché non ritengo nel modo più assoluto che sia una posizione idealmente e politicamente valida quella di armare all’infinito l’Ucraina (la paccaterapia).
Bisogna che la sinistra faccia una sorta di mossa del cavallo per spostare il discorso dal sostegno alla guerra a quello alla pace. Innanzitutto sarebbe oltre modo necessario perseguire, quale conditio sine qua non, una posizione unitaria a livello europeo: aiutare Zelensky in ordine sparso non serva all’Ucraina e non serve all’Europa. La gara a chi è più zelenskyano non è seria a prescindere dalla (scarsa) credibilità e coerenza del governo ucraino.
In secondo luogo occorre dare un respiro pacificatore agli aiuti. Come? Non si tratta di alzare bandiera bianca o di porgere l’altra guancia, ma di individuare e perseguire linee di intervento atte a sbloccare una situazione alla quale non servono né gli aiuti ante litteram dell’Europa né le furbizie trumpiane. Se è vero come è vero che dietro i conflitti bellici ci stanno sempre ragioni economiche, l’Europa abbia il coraggio di porsi al centro della scena con proposte economiche valide per entrambi i contendenti. Nessuno deve farsi scrupolo di dialogare con Putin: gli europei lo hanno fatto in modo scriteriato ed opportunistico in passato, quindi… Dall’altra parte bisogna far capire all’Ucraina che non si può continuare questa deriva bellica a tutti i costi: le rinunce territoriali, che appaiono come lo sbocco inevitabile del conflitto, possono trovare qualche garanzia politica di autonomia dalla parte russa e qualche contropartita economica dalla parte europea (non necessariamente l’ingresso nella Ue).
I fondi destinati alle armi vengano messi sul tavolo di una trattativa seria di pace. Discorso che si sarebbe dovuto fare fin dagli inizi se non addirittura prima che avvenisse l’invasione russa, ma per il quale non è mai troppo tardi.
Non credo che gli ucraini trovino molto sollievo dagli aiuti militari, così come i russi non piangano più di tanto per le sanzioni: gli uni e gli altri restano comunque carne da cannoni in una guerra che tende a incallirsi e a diventare sempre più difficile e cruenta per tutti.
Se la discussione in Parlamento avvenisse in questi termini sarebbe utile e costruttiva, diversamente serve solo a fare un po’ di tattica alle spalle dell’Ucraina. Il popolo italiano attende in stragrande maggioranza che il nostro Paese giochi un ruolo positivo e non di mero sostegno bellico.
Mi pare invece che si giochi a fare gli amici di Zelensky, lasciando a Trump il compito di trattare con Putin una via d’uscita, sperando che Putin si indebolisca e venga a miti consigli. Una tattica senza strategia che porta a galleggiare diplomaticamente e a massacrare concretamente. Ne risponderemo tutti davanti a Dio (per chi ci crede) e davanti alla storia (per chi sopravviverà).
