Il ponte dei tormenti

Il Ponte sullo Stretto è seriamente a rischio. Ieri sera la Corte dei Conti ha detto «no» al visto di legittimità e alla registrazione della delibera Cipess numero 41 del 2025, inerente il «collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria» e l’assegnazione delle risorse del Fondo sviluppo e coesione. Il motivo lo si apprenderà tra trenta giorni. Tecnicamente il Governo potrebbe anche andare avanti nell’iter inerente l’opera, ma servirebbe una delibera del Consiglio dei ministri che attesti un «superiore interesse pubblico».

Per il vicepremier e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini è una doccia gelata: «La decisione della Corte dei Conti – reagisce il capo della Lega – è un grave danno per il Paese e appare una scelta politica più che un sereno giudizio tecnico. In attesa delle motivazioni, chiarisco subito che non mi sono fermato quando dovevo difendere i confini e non mi fermerò ora, visto che parliamo di un progetto auspicato perfino dall’Europa che regalerà sviluppo e migliaia di posti di lavoro da Sud a Nord. Siamo determinati a percorrere tutte le strade possibili per far partire i lavori». Pochi minuti e arriva anche la replica, altrettanto dura, della premier Giorgia Meloni, a mostrare che la decisione della Corte dei Conti era attesa: «La mancata registrazione da parte della Corte dei conti della delibera Cipess riguardante il Ponte sullo Stretto è l’ennesimo atto di invasione della giurisdizione sulle scelte del Governo e del Parlamento. Sul piano tecnico, i ministeri interessati e la Presidenza del Consiglio hanno fornito puntuale risposta a tutti i rilievi formulati». Secondo Meloni c’è «capziosità» da parte della Corte dei Conti. «Una delle censure – dice – ha riguardato l’avvenuta trasmissione di atti voluminosi con link, come se i giudici contabili ignorassero l’esistenza dei computer. La riforma costituzionale della giustizia e la riforma della Corte dei Conti, entrambe in discussione al Senato, prossime all’approvazione, rappresentano la risposta più adeguata a una intollerabile invadenza, che non fermerà l’azione di Governo, sostenuta dal Parlamento». (da “Avvenire” – Marco Iasevoli)

Può darsi che la Corte dei Conti si stia formalizzando, ma, dal momento che “contro la forza la ragion non vale”, ben venga anche un po’ di sana burocrazia. Staremo a vedere le motivazioni della decisione dei giudici contabili.

Il Ponte sullo Stretto è un’opera faraonica e inutile, voluta soltanto a scopo propagandistico: serve alla Lega per recuperare consenso ed è il contentino di lusso che gli alleati le concedono, una sorta di sfogatoio demagogico per Salvini e c.

Adesso rischia di diventare addirittura un ulteriore pretesto per le riforme anti-costituzionali. Da bambini, quando il gioco diventava rischioso e si profilava la sconfitta, il più forte, normalmente detentore degli strumenti del gioco, con un colpo di mano, cambiava le regole per incanalare a suo vantaggio l’inerzia del gioco stesso.

Anche dal punto di vista dialettico, quando uno degli interlocutori si accorge di non avere argomenti validi per sostenere il proprio punto di vista, è disonestamente normale il tentativo di cambiare argomento o almeno di aggirare l’ostacolo introducendo nel discorso variabili polemiche e devianti dal nocciolo della questione.

Potrebbe essere una buccia di banana per l’esecutivo, tanto sono evidenti la inconsistenza strategica del progetto e la sua pretenziosa e velleitaria fattibilità. Gli italiani ingoieranno anche questo rospo pur di garantire una squallida continuità all’attuale governo? Sarà la Corte dei Conti a salvarci dalla deriva? Saranno ancora una volta gli autori della Costituzione a far valer i loro diritti? Pensiamo se in questo momento in Italia non ci fosse un Presidente della Repubblica dotato di rappresentanza politica e di relativi poteri: è l’unico baluardo che abbiamo contro un governo assai poco rappresentativo e molto autoreferenziale, che tenta di carpire il consenso più che di conquistarlo.

Lasciamo lavorare in pace i giudici contabili e auguriamoci che anche la Corte dei Conti sappia fare la sua parte in attesa che i cittadini facciano la loro.

Durante i moti insurrezionali del Risorgimento si chiedeva la Costituzione, vale a dire una legittimazione del potere in senso democratico. Oggi la Costituzione fortunatamente ce l’abbiamo, chiediamo, senza stancarci, che venga rispettata e non aggirata e/o stravolta.