Tra opportunistico revisionismo e sfigato idealismo

É il momento, forse, di cominciare a rivedere alcuni pregiudizi sulla politica estera di Trump. (“Corriere della sera” – Federico Rampini)

Non ho alcuna intenzione di procedere a questa revisione consigliata dall’illustre giornalista e politologo. Non trovo in Trump alcun valore degno di tale nome e quindi non posso onestamente concedergli alcun beneficio di inventario.

C’è un detto dialettale parmigiano piuttosto scurrile, ma molto efficace: “Co’ vôt preténdor da ‘n cul ‘na romanza?”. Da Trump non posso aspettarmi niente di buono. Lascio agli americani il compito di cavar sangue da una rapa.

A proposito è passata alla recente storia la frase shock di Trump: “Tutti in fila per baciarmi il culo”. Io mi smarco categoricamente e radicalmente da tale fila.

Ci sono personaggi completamente al di fuori della mia mentalità e della mia coscienza, che per me non esistono e che quindi non posso prendere in considerazione indipendentemente dai risultati della loro azione.

Al riguardo c’è un altro modo di dire parmigiano che recita: “Tutt i mat i gan la sò virtù”. Io preferisco quello che dice: “Chi schiva ‘n mat fa ‘na bón’na giornäda”.

Stiamo bene attenti a non concedere credito a chi non lo merita. Lascio alla storia il giudizio. Per parte mia temo che Donald Trump non possa che vendere illusioni: la sua pace presto o tardi si rivelerà tale e ci ritroveremo daccapo. Mi auguro di sbagliarmi, ma la pace costruita sulla sabbia è destinata a crollare.

La Veglia di preghiera in piazza san Pietro si tiene a pochi giorni dall’accordo fra Israele e Hamas sul cessate il fuoco a Gaza. Leone XIV elogia gli «operatori di pace». E dice: «Coraggio, avanti, in cammino, voi che costruite le condizioni per un futuro di pace, nella giustizia e nel perdono; siate miti e determinati, non lasciatevi cadere le braccia. La pace è un cammino e Dio cammina con voi. Il Signore crea e diffonde la pace attraverso i suoi amici pacificati nel cuore, che diventano a loro volta pacificatori, strumenti della sua pace». (dal quotidiano “Avvenire”)

Lungi da me fare le pulci al Papa, ma spero che Leone XIV, nel suo meraviglioso intervento sul tema della pace, non abbia inteso fare riferimento a Trump, considerandolo un operatore di pace ed elogiandolo come tale. Diversamente mi cadrebbero le braccia… Attenzione ai tranelli…

Così quella pace che il Maestro ha dato «non come la dà il mondo» (Gv 14,27) va a contrastare e contestare quella di Ottaviano il quale veniva chiamato anch’egli il “Salvatore”. Ma che agiva una pace guerriera, non certo «disarmata e disarmante». La stessa che va di moda oggi, quel tacitiano “fare deserto e chiamarlo pace” che molti Paesi europei – tra cui il nostro – hanno sinora appoggiato e continuano a preparare con una neo-corsa agli armamenti per la neo “guerra giusta”. Sulla quale, però, issare la bandiera del Vangelo sarebbe un atto blasfemo. (“Rosanna Virgili – “Avvenire”)

Chiedo scusa a Rosanna Virgili, scrittrice e biblista, se mi permetto di parafrasare alcuni ulteriori passaggi del suo stupendo pezzo pubblicato su “Avvenire”: uno squarcio di verità evangelica nel piattume della falsità politica.

Potrà mai scaturire la pace dal Cesare Augusto dei giorni nostri, Donal Trump, a cui servono solo i numeri per vantare la grandezza dell’Impero mentre le persone vere, col loro corpo e la loro storia, sono solo d’inciampo?

Potrà sortire la pace da una strage di innocenti voluta dall’Erode di oggi, Benjamin Netanyahu, che pensa soltanto ai propri interessi personali e a quelli del suo popolo a costo di uccidere tutti i neonati della Palestina? Una vera volontà di genocidio! 

Quanta ipocrisia nel celebrare una insignificante tregua, che prelude ad una finta pace basata sull’ingiustizia delle armi e della forza! Per amor di Dio, il Papa non si unisca, seppure involontariamente ed in assoluta buona fede, a questo vomitevole coro.

La speranza è più forte dei fatti, li contesta e li attraversa. Non è la fede che si piega alla storia, è la storia che si piega alla speranza. (padre Ermes Ronchi)

Nell’esercitare la virtù della speranza occorre però discernere, altrimenti la speranza diventa colpevole illusione.

Consentitemi di alleggerire il discorso riportando un piccolo episodio, capitatomi tempo fa davanti al video, vale a dire l’ascolto di una delle solite vuote interviste propinate ai fanatici del pallone. Parla il nuovo allenatore di una squadra, non ricordo e non ha importanza quale, che ottiene subito una vittoria ribaltando i risultati fin lì raggiunti. L’intervistatore chiede il segreto di questo repentino e positivo cambiamento e l’allenatore risponde: “Sa, negli spogliatoi ci siamo guardati in faccia e ci siamo detti che dovevamo vincere”. Non ci voleva altro per scatenare la furia ironica di mio padre che, scoppiando a ridere, soggiunse: “A s’ capìssa, l’alenadór äd prìmma, inveci, ai zugadór al ghe dzäva äd perdor”.

Tutto chiaro sui miracoli di Trump? Mi sembra proprio di sì. I politici padri eterni, che credono solo in se stessi, sono serviti; i politici sfigati, che credono in certi valori, si sentiranno risollevati. Quanto ai giornalisti revisionisti…

Massimo D’Alema si è ironicamente pronunciato su Federico Rampini e il suo pensiero sulla deriva trumpiana statunitense con una battuta di quelle che mettono knock out: “L’età lo rende molto indulgente verso la destra, io sono ancorato agli ideali della mia gioventù…”.