La macchia indelebile del sangue dei bambini palestinesi.

La premier Giorgia Meloni ha detto di essere stata denunciata per “concorso in genocidio” alla Corte penale internazionale dell’Aja insieme al ministro degli Esteri Antonio Tajani, a quello della Difesa Guido Crosetto, e all’ad di Leonardo Roberto Cingolani. La denuncia è arrivata per il ruolo che l’Italia avrebbe svolto nella fornitura di armi a Israele e con cui si sarebbe reso complice dei crimini contro il popolo palestinese. Il premier israeliano Netanyahu e il suo ministro alla Difesa Gallant, invece, non hanno mai ricevuto l’accusa specifica di genocidio.

Giorgia Meloni ha parlato di questa accusa in una puntata di Porta a Porta, su Rai 1, con Bruno Vespa.

“Io, il ministro Crosetto, il ministro Tajani, e credo l’amministratore delegato di Leonardo Roberto Cingolani, siamo stati denunciati alla Corte penale internazionale per concorso in genocidio “, ha detto la presidente del Consiglio.

Giorgia Meloni ha poi commentato: “Ora io credo che non esista un altro caso al mondo e nella storia di una denuncia del genere”.

La denuncia di cui parla Giorgia Meloni è datata 01 ottobre e, come riporta l’agenzia di stampa AFP, è stata firmata da circa 50 persone, tra cui professori di giurisprudenza, avvocati e diverse personalità pubbliche.

Le personalità che hanno firmato la denuncia, hanno accusato la Meloni e altri politici di complicità nella fornitura di armi a Israele. In particolare, secondo i firmatari, il governo italiano si sarebbe “reso complice del genocidio in corso e dei crimini di guerra e contro l’umanità contro il popolo palestinese”.

Se sul governo italiano c’è un’accusa di complicità al genocidio, su quello israeliano paradossalmente no. Infatti è vero che sul primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e sul ministro della Difesa Gallant pende un mandato di cattura internazionale, in base a decisione del novembre 2024 della Corte penale internazionale che ha parlato chiaramente di “crimini di guerra a Gaza”. Ed è altrettanto vero che un’inchiesta indipendente delle Nazioni Unite ha riconosciuto, il 16 settembre 2025, che quello che avviene a Gaza contro il popolo palestinese è un genocidio. Ma è altrettanto vero, come ricorda Al Jazeera, che né Netanyahu né Gallant sono mai stati accusati in modo specifico di genocidio.

 Al Jazeera riporta i dati dello Stockholm International Peace Research Institute, secondo cui l’Italia sarebbe uno dei tre Paesi, oltre a Stati Uniti e Germania, ad aver esportato “armi convenzionali di grandi dimensioni”, dal 2020 al 2024. Nello specifico, secondo lo SIPRI, le armi in questione sarebbero elicotteri leggeri e cannoni navali oltre a componenti per i caccia F-35.

Il ministro della Difesa Crosetto ha ribadito che l’Italia invia armi a Israele solo in base a contratti firmati prima del 7 ottobre 2023 e che comunque sono state chieste garanzie a Tel Aviv sul fatto che queste armi non vengano utilizzate contro i civili a Gaza. (virgilio.it – Giulia Bassi)

Non mi imbarco nella complessa questione giuridica: sarà la Corte penale internazionale a dipanare questa squallida matassa. Mi pongo invece provocatoriamente un interrogativo etico: come fanno i governanti italiani a dormire alla notte dopo aver consentito la fornitura ad Israele di armi, che, direttamente o indirettamente, vengono impiegate nel massacro dei palestinesi.

Ripenso a Giorgio La Pira che ammetteva di non riuscire a dormire nel suo letto sapendo che c’erano a Firenze persone che dormivano sotto i ponti.

Un po’ più di coscienza e un po’ meno cinismo non guasterebbero. Non serve vittimizzarsi per pulirsi la coscienza e nemmeno nascondersi dietro l’impunità di fatto garantita ai governanti di Israele proprio anche grazie all’omertoso atteggiamento italiano.

Faccio riferimento ancora all’amico Alfredo Alessandrini che ha scritto sulla “Gazzetta di Parma”: «L’Europa e il nostro governo devono intervenire non con la prudenza attuale, che è inutile e non serve a nulla, ma con determinazione e fatti concreti, a partire dal blocco delle forniture di armi e da un isolamento economico e commerciale di Israele. Davanti ai bambini che chiedono piangendo un cucchiaio di cibo, la reazione deve essere forte e coraggiosa. Pensiamo ai nostri figli, ai nostri bambini, ai nostri nipoti e a quanto le nostre famiglie fanno per loro anche nei momenti di difficoltà e cerchiamo di far pervenire ai nostri rappresentanti politici, ai nostri governanti e ai leader europei il senso del nostro sdegno e la richiesta pressante di un cambiamento di atteggiamento verso il Governo colpevole di Netanyahu».

C’è quindi oltre alla responsabilità morale quella politica: sono due facce della stessa medaglia.  Non serve andare da Bruno Vespa a raccontare che Cristo è morto dal freddo dei piedi. Il sangue dei bambini palestinesi chiede aiuto e giustizia a tutti coloro che possono fare qualcosa e stanno facendo poco o niente.

Non so se esistano i presupposti per la denuncia formulata da circa 50 persone, tra cui professori di giurisprudenza, avvocati e diverse personalità pubbliche. Preferisco lanciare un avvertimento: il sangue dei giusti ricadrà su chi lo ha sparso e/o ha consentito che fosse sparso. Non mi preoccupa essere tacciato di seminagione di odio e di criminalizzazione degli avversari.

Il discorso non vale solo per Giorgia Meloni, la quale, come minimo, credo non abbia fatto tutto quanto era nelle sue possibilità per opporsi al massacro dei palestinesi, ma per tutti coloro che si macchiano, direttamente o indirettamente, dolosamente o colpevolmente, per opportunismo o per indifferenza, di atti commissivi od omissivi in relazione a veri e propri crimini verso l’umanità.